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Kantar/Consumatori, Brand e Comunicazione: “I 12 grandi cambiamenti durante il lockdown, i loro effetti sulle persone e sulle marche e le indicazioni pratiche per partire già oggi in vista della ripresa”

In questo secondo appuntamento nato dalla collaborazione fra ADVexpress e la company, il Ceo Italy, Greece & Israel di Kantar Insight Division, illustra i primi 6 macro-trend identificati dalla società di ricerche. “Nessuno ha la sfera di cristallo e può prevedere come evolveranno le persone nel medio periodo – dichiara Capeci–, ma ciò che sappiamo è che durante la quarantena ci sono state alcune grandi variazioni che hanno lasciato delle tracce e che, con un approccio molto pragmatico e molto concreto, già possono dare indicazioni ai brand su cosa si può fare, adesso e nei prossimi mesi”.

Kantar ha identificato 12 macro-trend: nella videointervista Capeci analizza i primi 6, sottolineando come la loro importanza sia più che nei comportamenti registrati, nelle motivazioni alla base dei comportamenti stessi, perché è da queste che si potranno identificare gli atteggiamenti destinati a perdurare.

Tutto ciò che è successo e che le persone hanno vissuto negli ultimi tre mesi, spiega infatti il Ceo Italy, Greece & Israel di Kantar Insight Division, rimarrà nella loro memoria: compito delle aziende sarà dunque identificare e recuperare alla fine del lockdown i ricordi e gli aspetti positivi, lavorando per evitare e tenere a distanza i lati negativi.

#1. I consumatori sono diventati più digitali
“Il consumatore registra nella memoria una sensazione o un’emozione, mai un fatto – afferma Capeci –. Per una volta, le persone di ogni età, genere e categoria hanno vissuto il digitale al massimo della sua potenzialità: è stato un luogo dove sono avvenute le conversazioni, si sono potute ricucire delle connessioni, si è consumato del cibo, sono stati fatti acquisti, si è frequentata la scuola, sono state reperite informazioni su una malattia… Generzione Z e Millennial lo sanno da quando sono nati, ma gli altri l’hanno appresa adesso. Ciò non vuol dire che tutti coloro che, per esempio, hanno iniziato a fare home banking continueranno anche dopo, perché dipende dall’esperienza che hanno avuto”.


#2. I consumatori si prendono maggior cura di se stessi
Un cambiamento che presumibilmente si vorrà mantenere è la centratura su se stessi: “Il 55% degli italiani dice che ha mangiato in modo più salutare, anche se in media sono aumentati di 2 chili a causa di altri fattori, come la mancanza di moto. Questo è straordinariamente importante. Nella mappa del profilo della personalità di ciascuno di noi, infatti, c’è sempre un asse che indica
se si è rivolti verso l’interno o verso l’esterno: come società stavamo andando molto in questa seconda direzione, verso l’approvazione sociale, verso lo show off”.


#3. I consumatori si prendono cura anche degli altri
Anche questo è un trend interessante, benché apparentemente in contrapposizione con il precedente: oggi il 68% degli italiani sente che può fare la differenza con una propria azione. “Ciò deriva dal fatto che c’è un riconoscimento molto forte che tutte le cose sono connesse – dice Capeci –: ciò che è successo in Cina ha un impatto nel nostro lavoro, qui e oggi. È un po’ una
chiamata alle armi di un maggior senso civico, ma che chiede poi anche al brand di fare di più la propria parte in questo tipo di percorso”. La crisi sanitaria ci ha reso quindi più buoni e più generosi? “Fondamentalmente ci ha reso più impauriti – risponde Capeci –. Se oggi sentiamo l’urgenza di un certo tipo di comportamento è perché ne abbiamo capito le conseguenze. Siamo più opportunisti, per certi aspetti, ma il risultato è lo stesso: sappiamo che quello che facciamo noi, e quello che fanno i brand, ha un impatto molto concreto sui vari aspetti della nostra vita”.

 

#4. I consumatori subiscono l’impatto economico della crisi
Circa la metà degli italiani ha visto ridurre il proprio reddito, e tra il 10% e il 15% hanno perso più della metà o in toto il proprio reddito, soprattutto Millennial e partite IVA. Si tratta di un aspetto fondamentale per tutte le aziende che hanno lavoratoo sul prezzo, sulla premiumness, come una leva di posizionamento. “A seconda del brand – osserva Capeci – cio può significare tantissime cose: per esempio, per quelli che non hanno creato brand equity significherà dover ricorrere a tagli prezzo e alla leva promozionale in maniera estremamente aggressiva; mentre chi è entrato nella crisi con un brand già forte e importante dovrà capire il tipo di valore che il consumatore cercherà, un consumatore molto più concreto e selettivo, più attento al tipo di riscontro che le azioni di consumo possono dargli”.

 

#5. I consumatori cercano piccoli/grandi momenti ‘speciali’
La mancanza di relazioni sociali durante il lockdown ha fatto acquisire un valore enorme ai momenti di connessione che fino a ieri erano dati per scontati e di cui c’era persino sovrabbondanza. “Ora questi momenti di connessione diventano il vero lusso: c’è da aspettarsi che quando si riapriranno bar, ristoranti e la vita sociale in generale, il consumatore vorrà vivere quei momenti con una forte componente celebrativa e di valore”. C’è stata una sospensione della modernità, aggiunge Capeci, che ha rimesso in discussione molte cose e che fa pensare, dopo il lockdown e almeno per il primo anno, a un consumatore molto più coscienzioso e abile a discernere cosa vale e cosa no: “La mancanza, come sempre, acuisce il desiderio, e si cercherà sempre di tornare ha ciò che di importante è stato perso”.

Cosa esattamente dovranno fare le marche in questo scenario? “Due cose fondamentali – risponde Capeci –: la prima è cercare di capire i gap che si sono creati in questo periodo e reagire di conseguenza, che il gap sia negativo (per i brand che non hanno comunicato e per quelli che hanno comunicato male si trattaerà di recuperare e riacquistare presenza e top of mind), o positivo (per chi ha comunicato e bene).
Una volta compresi i gap da colmare – il manager cita ad esempio l’ambito dell’innovazione che soprattutto nel largo consumo è un elemento fondamentale per costruire e mantenere brand loyalty ma che negli ultimi mesi si è completamente fermata –, l’altra cosa da fare al momento della ripartenza sarà “Andare a vedere dietro questi comportamenti, questi ‘shock’ più che veri e
propri trend, qual è la motivazione scatenante e identificare il ruolo che ciascuna marca può avere nel recuperare le ‘memorie’ positive dei consumatori o abbandonare quelle negative”.


#6. I consumatori vogliono riappropriarsi del proprio tempo
“Prima del lockdown eravamo purtroppo arrivati a un momento in cui il tempo era una variabile esogena che subivamo e rispetto alla quale organizzavamo poi tutto il resto – chiarisce Capeci –.
Oggi il tempo viene vissuto in modo diverso e le persone hanno capito che questa variabile la possono gestire: il 52% delle persone che abbiamo intervistato dichiara di aver letto di più, il 47% di aver dormito di più. La prospettiva per le marche è che l’ossessione per la ‘snackizzazione’ dei contenuti e la velocità con cui se ne fruisce non è detto possano essere ancora un valore per tutti i target”.

In conclusione, Capeci anticipa i punti salienti che saranno trattati nel prossimo appuntamento: “Parleremo del fatto che i consumatori sono diventati grandi programmatori: lo shopping fatto con la lista della spesa e un occhio alle proprie finanze ha determinato un impatto molto forte sui percorsi di acquisto. Vedremo come oggi si è molto più selettivi nella ricerca delle fonti autorevoli per i contenuti e le informazioni; come sia cambiato drasticamente il rapporto con la casa –non più le 4 mura dove riposarsi ma un rifugio che contiene tutti gli aspetti della nostra vita –; parleremo della mobilità e della fragilità con cui i consumatori oggi affrontano il proprio futuro. Infine, il tema della smaterializzazione del denaro, più complicato di quanto sembri e che meriterà un approfondimento a parte”.