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Roncaglia (Gruppo Roncaglia): “Alle agenzie italiane servono imprenditorialità e indipendenza, una visione internazionale e un’unica cabina di regia per gestire tutte le leve della comunicazione”

Mettere in contatto le persone e creare emozioni: questa, secondo Paolo Roncaglia, è la vera essenza del lavoro dei comunicatori. Al tempo del Coronavirus, le aziende e le agenzie – soprattutto se indipendenti, e quindi più agili e flessibili – hanno il compito di trasmettere i valori più profondi e importanti legati alle persone e al pianeta prima che al profitto. Partendo dall’italianità, il cui simbolo è la struggente performance del ragazzo che suonava sui tetti di Piazza Navona deserta. All’uscita dalla crisi ci saranno consumatori più digitali, aziende più responsabili, agenzie più integrate. E un nuovo linguaggio ricco di valori e contenuti diversi.

Essere indipendente ha sempre significato molto per il Gruppo Roncaglia: “Ancor di più in momenti particolari come questi in cui tutto è rimesso in gioco, anche noi stessi in prima persona – esordisce il Presidente Paolo Roncaglia –, sia in veste di imprenditori che come consumatori. Ci troviamo tutti a dover mettere in discussione i nostri valori, per questo credo che, pur nella tragicità
dell’emergenza, dal punto di vista imprenditoriale questo sia un buon momento per chi fa il nostro lavoro, perché mai come oggi il mondo ha bisogno delle nostre competenze, della comunicazione e del marketing in generale.

In tutto questo l’indipendenza consente una flessibilità e un’agilità che penso possano fare la differenza, soprattutto se unite a una visione più ampia del semplice territorio italiano, che d’altronde è quello che ci ha sempre caratterizzato”.

Come tutti, Roncaglia spiega di aver vissuto e di vivere l’emergenza in maniera molto emotiva e personale, che descrive attraverso il riferimento ad alcune immagini e meme che stanno caratterizzando questo lungo periodo. “Il primo è il video di un treno strapieno di indiani in cui la voce che si sente nelle stazioni italiane annunciava l’arrivo di un treno da Milano. Molti di noi, e io per primo, lo abbiamo condiviso con un misto di ilarità e dispiacere allo stesso tempo, salvo poi vedere quello che nell’ultima settimana è successo davvero a New Dehli e a Mumbai dove un milione di persone si è accalcata nelle stazioni per tornare a casa. Se vogliamo vederlo in positivo è un meme che ci fa capire che le vere tragedie alla fine sono altre, e che siamo fortunati a vivere nel paese in cui viviamo”.

Un’altra situazione evocata da Roncaglia è della scorsa settimana: “Mentre la mattina ero in fila con altre 10 persone davanti a un panificio, è passata una macchina della polizia con il megafono che ripeteva ‘Per favore tornate a casa, non è consentito uscire di casa in questi momenti’: una situazione paradossale che mi ha fatto ricordare dell’URSS nel 1990 e le file di allora proprio per prendere il pane. E c’è un altro meme girato un paio di settimane fa in cui Stalin, con le mani a forma di cuore, chiede se ci stiamo godendo i nostri 30 giorni di prova gratuita di comunismo… Mi ha fatto pensare, e credo che tutti condividiamo quest’idea, che il sistema economico in cui viviamo sia degno di molto di più”.

Il terzo è un meme dei Simpson, in cui Bart prega il dio del rock di farci riavere i concerti e in cambio promette che non li riprenderemo mai più col telefonino. “Questo – riflette Roncaglia – mi insegna che tutti noi viviamo di emozioni, che gli eventi e i concerti sono parte integrante della nostra vita. Poi ho visto da amici a Los Angeles che ci sono famose ballerine italiane, etoile professioniste, che fanno lezioni di danza classica a pagamento su internet e sul telefonino: e ho pensato che forse, allora, una proiezione degli eventi che vada oltre quello che abbiamo sempre vissuto è, se non facile, quanto meno molto probabile”.

Un altro spunto di riflessione personale è arrivato in famiglia, “Quando mia figlia di 6 anni, proprio attraverso il telefono che sto usando per questa intervista, facendo la prima video-classe con i suoi compagni si è messa a piangere insieme a tutti gli altri bambini nel rivedersi dopo più di un mese… In quell’istante ho capito e ricordato che cosa è davvero il nostro lavoro: mettere in contatto le persone, creare emozioni e condividere cultura sulla quale costruire. E in fin dei conti, per dirlo nel modo più ‘alto’ possibile, di questo sono orgoglioso e sono contento di poterlo fare”.

Altro episodio significativo, prosegue Roncaglia, è stata la performance straordinaria del ragazzo che suonava da un tetto sopra Piazza Navona deserta: “Credo lo abbiano visto moltissimi, e per me è stato un simbolo dell’italianità vera, del vero Made in Italy. Certo i dettagli, il design … Ma il senso struggente e al tempo stesso esteticamente assoluto di quel brano è esattamente ciò che siamo, che dobbiamo ricordarci di essere, nel bene e nel male, e che dobbiamo esportare”.

L'ultima immagine cui Roncaglia fa riferimento è stato in realtà uno dei primissimi meme girati sui social nei primi giorni di lockdown, in cui si leggeva ‘Sono rimasto a casa con mia moglie e i miei figli! Sembrano brave persone’. “Credo che questo sia forse il principale take away di questa crisi – commenta –: i contenuti, i valori, le famiglie, le comunità, la vicinanza emotiva, geografica e valoriale sono ciò che stiamo riscoprendo nel chiuso delle nostre case, vicino alle persone che ci vogliono bene. Cose che in qualche misura non avevamo forse dimenticato ma semplicemente dato per scontate”.

Nello specifico della industry, la lezione di questa crisi si rifa in ogni caso aquesto discorso valoriale. Ci si è resi conto, spiega infatti Roncaglia, della realtà e importanza della ‘Triple Bottom Line’, “Che oltre al profitto attribuisce un valore importante alle persone che fanno parte delle aziende e al pianeta che ci tiene in vita. È la Corporate Social Responsibility nel suo senso più ampio. Questa consapevolezza – aggiunge – porterà a un cambio del linguaggio con cui comunicheremo, non solo delle metodologie e dei media, ma proprio in termini di contenuti e di valori. Penso che il cambio di abitudini che stiamo vivendo rimarrà con noi anche alla fine dell’emergenza, riflettendosi nei consume e di conseguenza nei servizi offerti dalle aziende. La crescita importante del digitale, e più in generale della domotica, porterà in qualche modo a un conflitto tra chi fornisce prodotti e chi fornisce servizi, e i clienti scopriranno – se non l’avranno già fatto – che i loro concorrenti non sono solo orizzontali ma anche verticali”.

In tutto questo le agenzie di comunicazione e di marketing avranno la grande opportunità di fare la differenza: nel momento dell’acquisto di un prodotto online, magari usando la voce e non più il mouse, il rischio è che sia la piattaforma da cui si compra a decidere, soprattutto se ‘unbranded’.

“Per le aziende sarà quindi fondamentale trasferire al consumatore i valori di cui abbiamo appena parlato, prestando sempre maggiore attenzione a strumenti di comunicazione digitali maturi – gamification, big data, intelligenza artificiale – che avranno un impatto enorme su di noi e sul nostro lavoro”.

La digitalizzazione ‘forzata’ del consumatore avrà un’ulteriore implicazione sul fronte dell’integrazione delle discipline: “Per noi che facciamo parte del mondo della comunicazione – afferma Roncaglia – sarà infatti imperativo riunire e integrare tutti i vari strumenti di cui disponiamo, o l’attenzione ai valori e l’attenzione ai contenuti non potranno essere raccordate.

Questa è la direzione in cui sta andando e sulla quale sta lavorando il Gruppo Roncaglia, con l’idea di riuscire a portare sotto uno stesso tetto e uno stesso coordinamento l’ormai molto ampio range di servizi che offriamo, così da avere un ‘cockpit’, una cabina di pilotaggio unica per tutta la comunicazione”.

Altrettanto unica, conclude Roncaglia, dovrà essere la volontà di uscire dalla crisi: “Solo con un nuovo patto che veda insieme le aziende, i loro fornitori e gli utenti finali – avverte infatti – la nostra società potrà venirne fuori”.