Scenari

Ancora in crescita la sharing economy in Italia: nel 2016 piattaforme dedicate a +10%, +45% la raccolta nel crowdfunding

Si calcola innanzitutto che, nel 2016, le piattaforme italiane di sharing economy (comprese quelle internazionali con sede in Italia) siano arrivate a 138 e 68 quelle di crowdfunding, per un totale di 206. I settori che, rispetto allo scorso anno, vedono un maggior incremento dell’economia collaborativa italiana sono in particolare i trasporti, che rappresentano il 18% delle piattaforme analizzate, i servizi alle persone (16,6%), servizi alle imprese (8,7%), la cultura (9,4%), mentre rimane sostanzialmente invariato turismo (12%).

Prosegue anche nel 2016 la crescita della sharing economy in Italia, pur con una maggiore gradualità rispetto agli esordi, ma con un numero sempre più ampio di mercati in grado di coglierne e attivarne il forte potenziale di innovazione. E’ questa la fotografia che emerge dal terzo rapporto annuale de La Mappatura piattaforme collaborative e dal quarto Report sulle piattaforme di crowdfunding, a cura di Marta Mainieri (Collaboriamo) e Ivana Pais (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), presentati in occasione di Sharitaly 2016 | Impatto Sharing, il più grande e consolidato evento dedicato all’economia collaborativa in Italia, in programma a BASE Milano il 15 e 16 novembre, nato nel 2013 su iniziativa di Collaboriamo (organizzazione che offre consulenza e servizi sulla sharing economy) e TRAILab (laboratorio di ricerca sulle azioni trasformative dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano).

Le due ricerche, fra loro complementari, hanno l’obiettivo di fornire un quadro ampio e completo dell’economia collaborativa in Italia. Si calcola innanzitutto che, nel 2016, le piattaforme italiane di sharing economy (comprese quelle internazionali con sede in Italia) siano arrivate a 138 e 68 quelle di crowdfunding, per un totale di 206. Numeri che, rispetto alle 187 complessive del 2015, delineano un incremento pari all’10%.

Dalla casa ai trasporti, dal turismo al welfare, fino alla finanza, alla mobilità, alla cultura, al lavoro, alla scienza: emerge in maniera chiara come la sharing economy stia facendo il suo ingresso in un numero sempre più ampio di settori. Nella ricerca le piattaforme di sharing economy censite sono suddivise in 12 settori. Quelli che, rispetto allo scorso anno, vedono un maggior incremento dell’economia collaborativa italiana sono in particolare i trasporti, che rappresentano il 18% delle piattaforme analizzate, i servizi alle persone (16,6%), servizi alle imprese (8,7%), la cultura (9,4%), mentre rimane sostanzialmente invariato turismo (12%).

"Quello che stiamo osservando è che i processi collaborativi si stanno diffondendo con velocità e maturità differenti nei diversi mercati”, afferma Marta Mainieri di Collaboriamo. “A partire dai settori più consolidati come il turismo e i trasporti, si sta verificando un progressivo allargamento della sharing economy verso nuove aree potenziali di business, che includono servizi alle imprese e alle persone, ma anche finanzia, cultura, abitare collaborativo ecc..

“L’economia collaborativa non è un settore o un modello di business, è un approccio che mette in discussione i rapporti consolidati tra economia e società”, prosegue Ivana Pais dell’Università Cattolica di Milano. “In questo momento le piattaforme italiane sono ancora immature ma mostrano una forte attenzione alla dimensione relazionale. E le nostre ricerche hanno permesso di indagare le specificità dei casi di successo, dove l’utilizzo delle piattaforme rafforza il capitale sociale degli utenti”.

Nonostante l’incremento dell’offerta, la domanda ha ancora molti margini di crescita. Il 51% delle piattaforme di sharing ha un numero di utenti inferiore a 5mila. In compenso l’11% ne registra però oltre 100mila, un numero che inizia a permettere alle piattaforme di innescare circoli virtuosi. Lo stesso vale per le piattaforme di crowdfunding: il 49% ha un numero di donatori inferiore a 500 mentre il 9% supera i 50mila. “D’altra parte, le piattaforme di sharing italiane sono ancora molto giovani, la maggior parte ha poco più di due anni di vita”, commenta Mainieri. 

Nel 2015 il 20% delle piattaforme sharing raggiungeva più di 30mila utenti, ora sono il 31%. Nel 2015 solo il 35% delle piattaforme di crowdfunding raggiungeva più di 1.000 finanziatori/donatori, adesso l’82%.

Mediamente, gli utenti utilizzano le piattaforme sharing per l’83% via internet e per il 17% via app; le piattaforme crowd per l’91% via internet e per il 9% via app.

SP