Scenari

Comunicazione sociale: agire come brand, usare la creatività per uscire dal coro e acquisire le giuste competenze per renderla efficace

Queste le principali evidenze emerse dalla tavola rotonda seguita alla presentazione dei risultati dell'indagine 'Spot e Post del Terzo Settore. Modelli e prospettive della comunicazione sociale', promossa da Mediafriends e realizzata dall’Università IULM. A confronto Guido Di Fraia (Università IULM), Cesare Casiraghi (CasiraghiGreco&), Mauro Crippa (Mediaset) e Mauro Lupi (DigitalBreak.it), che hanno messo in luce le principali difficoltà che le organizzazioni devono affrontare e le opportunità da cogliere.

In un panorama sempre più affollato di organizzazioni che operano nel Terzo Settore e chiedono fondi per sostenere progetti sociali non è facile distinguersi e riuscire a convincere le persone a effettuare una donazione. 

La comunicazione assume un ruolo fondamentale ed è importante fare in modo di renderla il più efficace possibile, sfruttando tutte le potenzialità dei diversi media. Di questo si è parlato oggi, 16 maggio, all'Università IULM, in occasione della presentazione dei risultati dell'indagine 'Spot e Post del Terzo Settore. Modelli e prospettive della comunicazione sociale', promossa da Mediafriends e realizzata dall’Università IULM (leggi news) che ha analizzato 800 spot veicolati negli ultimi 30 anni da Mediafriends e le pagine Facebook e i canali Youtube di 800 organizzazioni del Terzo Settore.

Guido Di Fraia, direttore Master in Social Media Marketing, Cesare Casiraghi, owner CasiraghiGreco&, Mauro Crippa, direttore generale informazione Mediaset e Mauro Lupi, strategy director DigitalBreak.it si sono confrontati in merito alle difficoltà che le organizzazioni si trovano a dover affrontare e alle opportunità da cogliere.

"Credo che alla base di tutto ci sia la creatività - ha affermato Casiraghi -, soprattutto in rete e sui social media, dove uscire dal coro è fondamentale per farsi notare. D'altra parte il mezzo richiede invenzione e la creatività richiede coraggio". 

"Il fatto è che, nonostante ormai non si possa più parlare di new media, non è ancora chiaro per le organizzazioni come sfruttare adeguatamente questi mezzi - ha affermato Lupi - . Mancano non solo le competenze più specifiche, ma anche quelle che possiamo definire 'soft skill', ovvero una vera e propria cultura digitale. L'autoreferenzialità è il primo scoglio da superare, perché le aziende tendono sempre a parlare di sé e dei propri traguardi, mentre in generale servirebbe una dose maggiore di umiltà professionale. Se utilizzata in modo corretto, la rete può essere davvero efficace per creare un legame continuativo, mentre la tv è più utile a creare un primo aggancio".

"Putroppo il numero elevato di organizzazioni che operano nel Terzo Settore rischia di banalizzare i messaggi, anche se ben costuriti, e di portare alla saturazione - ha sottolineato Crippa - . Inoltre c'è un problema di calo di autorevolezza e di reputazione drammatico, causato per lo più dalla commistione con la politica. A questo proposito credo che i media, e la tv in particolare nella sua funzione informativa, possano fare molto per far recuperare credibilità a queste organizzazioni, contribuendo a raccontarle e a costruire un'immagine positiva delle loro campagne o iniziative.  Penso che raccontare storie di operosa solidarietà possa essere molto più efficace che cercare di sopperire alla mancanza di una proposta creativa soddisfacente con immagini crude e violente".

Secondo Casiraghi la reputazione è anche alla base della scelta di molte aziende, anche importanti, di non essere presenti sui social. "Decidere di aprire una pagina FB presuppone la capacità di aggiornarla con contenuti rilevanti e di gestire eventuali commenti o feedback che possono mettere a repentaglio la reputazione - ha detto Casiraghi - . La comunicazione in rete richiede un lavoro costante, da realizzare con professionisti che abbiano le giuste competenze". 

"Purtroppo l'apparente economicità del mezzo Internet spinge a comportamenti approssimativi -  ha messo in evidenza Lupi - . Niente di più sbagliato. Anche perché una ricetta efficace per tutti non esiste. Il modo migliore è testare differenti soluzioni per trovare quella che performa in modo migliore, ad esempio in termini di call to action".  

Se non esiste un rigido decalogo a cui attenersi, esistono però delle regole base che sarebbe meglio rispettare per fare in modo di comunicare in modo efficace in rete, come ha spiegato il Prof. Di Fraia. "Innanzitutto le organizzazioni del Terzo Settore devono imparare ad agire come se fossero dei brand -  ha esordito Di Fraia - . La comunicazione deve essere caratterizzata da toni positivi e deve coinvolgere attraverso l'emotività, raccontando al contempo con la massima trasparenza anche fatti e risultati. Al centro devono esserci le persone, che riescono ad attivare processi di identificazione più realistici e attuali". 

"I social possono diventare abilitatori della dimensione relazionale che è giù insita nelle organizzazioni del Terzo Settore - ha aggiunto Di Fraia - . ma la loro gestione richiede un impegno quotidiano per svolgere un'attività di content curation e content creation accurata. La creazione di uno storytelling continuativo è fondamentale. Infine, non bisogna dimenticare che ogni mezzo ha le sue regole e che serve acquisire le skill corrette per padroneggiarlo: essere giovani non è sufficiente, per ottenere risultati positivi servono impegno e aggiornamento costante".

Serena Piazzi