Foreign Office

Il fatturato di News Corp è sceso nel 2016 del 2,1%. Crescono le revenue digitali e la società si prepara a lanciare un ad network proprietario

Il calo dei ricavi (-2,1% nel 2016) derivanti soprattutto dal settore della carta stampata, spinge News Corp ad accelerare la transizione della società verso il digitale: lettori e abbonati sono infatti in costante crescita grazie ai suoi contenuti premium (Wall Street Journal in testa) e ciò assicura agli inserzionisti audience qualificate e misurabili in ambienti ‘sicuri’ per i loro brand, anche all’interno del nuovo adnetwork in programmatic che l’editore si appresta a lanciare.

Nonostante il significativo incremento dei proventi derivanti dalle operazioni digitali, nel 2016 il giro d’affari di News Corp è sceso del -2,1% a 2,12 miliardi di dollari, 400 milioni in meno rispetto all’anno precedente: la perdita si è concentrata nell’ultimo trimestre dell’anno con un calo di 219 milioni di dollari (nello stesso periodo del 2015 la perdita ammontava a 106 milioni). Oltre alla svalutazione di asset legati al media network australiano Foxtel, la perdita è legata al declino delle attività nel settore della stampa tradizionale: come ha sottolineato il Ceo Robert Thomson nel corso di una conference call con gli analisti, il fatturato digitale è cresciuto infatti fino a valere il 27% del segmento ‘News and information services’ (rispetto al +22% dell’anno precedente) e il 16% di quello ‘Digital Real Estate Services’.

“Il pubblico chiede integrità – ha affermato Thomson – ed è per questo che le nostre testate di punta hanno tutte registrato una forte crescita di lettori e abbonati nel quarto trimestre”. Il fiore all’occhiello continua a essere il Wall Street Journal, che ha superato i 2,1 milioni di abbonati, più del 50% dei quali, ed è la prima volta, all’edizione digitale.

Usando come metro di riferimento i contenuti premium pubblicati da News Corp, Thomson ha indicato come i colossi del web - senza citarli per nome ma riferendosi a Facebook e Google – siano in qualche modo ‘complici’ della diffusione delle fake news, e come i player del programmatic abbiano evidenti responsabilità nel ‘sostenere’ organizzazioni militanti: “Troppo spesso, nel mercato attuale, mancano affinità e integrità – ha aggiunto –. Una sistemata a un algoritmo o un fact checking occasionale non risolvono i problemi alla radice. Anche le agenzie e le loro piattaforme programmatiche hanno delle responsabilità, perché spesso si limitano ad aggregare delle audience anche quando queste si raccolgono attorno a contenuti di dubbia provenienza o qualità”.

Gli inserzionisti hanno bisogno di spazi affidabili e di risultati concreti, non delle metriche oscure e poco trasparenti di molte piattaforme digitali – ha affermato Thomson riferendosi alla recente indagine del quotidiano The Times su alcuni brand che, attraverso pianificazioni in programmatic, hanno involontariamente finanziato siti estremisti o pornografici –. Noi riteniamo di essere posizionati molto meglio di quelli che sono considerati nostri pari per affrontare la violente tempesta che si sta abbantendo sul mondo opaco e tenebroso dei media e del digital publishing”.

Per sostenere la necessaria e rapida transizione verso il digitale e per fornire agli advertiser un’audience qualificata e misurabile in un ambiente sicuro e verificato, Thomson ha annunciato un ambizioso programma di espansione nell’area del programmatic attraverso il lancio di un adnetwork proprietario, attualmente in fase di test.

 

TR