Editoriale

Space available Here. Uscire dall’orticello

Nella sua rubrica Pasquale Diaferia si concentra sul Saatchi & Saatchi New Directors Showcase andato in scena il 15 luglio al cinema The Space Odeon a Milano, in occasione dei 25 anni dell'iniziativa, dopo l'anteprima a Cannes.
 
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C’era gente, ieri sera, alla proiezione del Saatchi & Saatchi New Directors  Showcase.   Per il venticinquesimo dell’iniziativa che annualmente mette in vetrina i talenti registici più nuovi dell’anno c’erano forse i creativi più sensibili del nostro paese. Per un’idea che è sopravvissuta al suo creatore, Paul Arden, e che continua a fare il giro del mondo, bisogna dire la verità: non c’era la fila all’ingresso.
 
Intendiamoci, chapeau ai ragazzi della Saatchi che da due anni portano la reel anche in italia, in modo che non resti solo patrimonio di chi la vede al Festival di Cannes. Il problema vero è che un paese in crisi di idee, ed in cui i talenti trovano sfogo soprattutto all’estero, forse sarebbe necessario vedere lunghe code di creativi imploranti di trovare ispirazione o modello da quelli bravi.  Invece so che molti stavano facendo aperitivo con gli amici, altri erano in agenzia a sfangare piacevoli gare senza remunerazione.
 
Ripeto, ancora grazie per l’invito. Mi sono riguardato i film di quest’anno con grande attenzione. Ma stavolta, oltre a guardare lo schermo, ho girato lo sguardo ed ho osservato la platea. Spesso lo faccio anche allo stadio, per capire chi guarda lo spettacolo e cosa racconta dal punto di vista sociologico.
 
E ieri sera c’erano tanti colleghi giovani, curiosi ed entusiasti. Tanti, ma non tantissimi. C’erano alcuni miei pari età, che non volevano rinunciare ad una vetrina importante e di ispirazione. Alcuni, non tutti. C’era lo staff delle case di produzione che meritoriamente avevano sponsorizzato la serata, oltre a qualche competitor che saggiamente era venuto a vedere quello che magari aveva perso al festival. Ma non c’erano tutti i produttori del paese, che non riescono neanche a raccogliersi in un cartello per evitare gare sanguinose ed un minimo di dignitoso cartello. C’era qualche regista, perfino qualcuno giovane. Ma non c’erano tutti i registi.
 
Peccato. Perché non vedere italiani al festival, nella sua edizione più significativa degli ultimi dieci anni, poteva essere giustificato dalla mancanza di denaro. Vedere tutte queste assenze a Milano, neanche vagamente giustificate dall’invidia o dal desiderio morettiano di non esserci (“mi si nota di più se vengo o non vengo’”), mi dimostra che siamo in crisi ideologica, prima che economica. Una comunità di creativi che non si ritrova a parlare di innovazione, semplicemente, non è creativa. E meno male che quest’anno si è voluta evitare la tortura fantozziana del convegno finale, in cui magari chiedere al presidente di qualche associazione quali siano i trend. I trend degli altri, ovviamente.
 
Ripeto, questo non mi impedisce  di ringraziare ancora Agostino ed i suoi collaboratori, che mi hanno invitato a qualcosa di valore, riconosciuto nel mondo. Solo per una quarantina di minuti, anche i creativi italiani presenti si sono sentiti parte di una grande comunità mondiale. Già stamattina, siamo tornati tutti a lavorare, ognuno per il proprio orticello.
    
(pasquale  diaferia    Twitter @pipiccola)