Inchieste

Strategia e dati per indirizzare il flusso creativo

L’evoluzione tecnologica digitale e l’aumentata disponibilità di dati incrementano la complessità del processo comunicativo, favorendo una migliore conoscenza dei destinatari e una più elevata possibilità di personalizzare i messaggi. Ma senza una strategia integrata, che guidi le operazioni di ideazione, produzione e distribuzione dei contenuti, non si ottengono i risultati sperati. Continua il giro di microfono tra i creativi del settore. Pubblichiamo il terzo articolo dell’Inchiesta Creatività uscita su NC - il giornale della Nuova Comunicazione (num. 60, giugno-luglio 2016).

La creatività è la principale risorsa a disposizione di chi si occupa di comunicazione, ma ormai è chiaro a tutti che, senza strategia, anche le migliori idee finiscono deviate lungo un binario morto. I processi di ideazione, produzione e distribuzione dei contenuti non possono più essere concepiti come appartenenti a silos separati. Oggi, grazie allo sviluppo tecnologico digitale, è possibile accedere a quantità enormi di dati, che se adeguatamente processati e decodificati, attraverso analisi non solo quantitative, ma anche qualitative, permettono di migliorare i processi decisionali, aiutando a conoscere meglio i destinatari delle proprie comunicazioni, trovare le giuste soluzioni e personalizzare adeguatamente la propria offerta comunicativa.

“La data driven communication non solo è da considerarsi strategica, ma assolutamente cruciale per lo sviluppo e per il futuro della creatività nella comunicazione - afferma Bonetti (synUosa - Artefice Group) -. Oggi possiamo azzardare la definizione di ‘Cross Channel Insight’ per definire quelle linee strategiche provenienti dal ‘data lake’ di informazioni che le aziende hanno a disposizione, ossia conversazioni, opinioni e numeri. Nel prossimo futuro, bisognerà riuscire a intrecciare fra loro tutte le tipologie di dati e interpretarli nel loro insieme, con l’obiettivo di favorire esperienze tailor-made per il pubblico. Sentirsi parte di valori che rispecchiano la propria essenza, vivendo un’esperienza ‘tailorizzata’ sulle proprie specifiche esigenze, non è forse il sogno di ognuno di noi? Il collegamento fra scienza analitica e creatività, a questo punto, diventa indissolubile e funzionale: grazie alla conoscenza (dei dati, ndr) si è in grado di definire la storia più coinvolgente per il proprio pubblico”.

Ma i numeri, da soli, non bastano. Ne è convinta Siani (Dlv Bbdo), che afferma: “I dati serve averli, ma soprattutto saperli leggere, ed è per questo che nel prossimo futuro prevedo la nascita della professione del ‘creative data analyst’. Un nostro esempio di utilizzo creativo dei dati è rappresentato da ‘#SponsoredByGatorade’: un progetto dal forte portato innovativo, che ha fatto leva sulla creazione di un’app in grado di monitorare l’allenamento degli iscritti e premiarli in base alle performance atletiche”. Secondo Paolo Roncaglia, amministratore unico Endeavour Digital Marketing (Gruppo Roncaglia), “bisogna essere capaci di separare gli aspetti quantitativi, ossia i ‘big data’ da quelli qualitativi, gli ‘smart data’, spostando il ragionamento dall’approccio data driven a quello ‘creatively driven’.

In questo modo il dato si ‘umanizza’, diventando parlante”. Il collegamento tra big data e creatività, spiega Bucci (Phd Italia), “rappresenta il nuovo imperativo categorico delle imprese: oggi chiunque voglia partecipare al mondo del business deve occuparsi di dati. In un futuro non troppo lontano sarà infatti l’intelligenza artificiale a guidare le grandi decisioni aziendali: non parliamo dei robot della fantascienza, ma di algoritmi in grado di fare scelte per noi e nonostante noi”. Ma saranno sempre e comunque le nostre idee, continua Bucci, a generare le connessioni vincenti. “La creatività sarà, dunque, il fattore strategico al momento dell’interpretazione e definizione delle strategie di analisi e, in misura ancora maggiore, nella traduzione di sfumature in grandi idee di comunicazione”.

PROCESSI CREATIVI GUIDATI DAI NUMERI

Non conta quanto importanti siano stati i dati fino a questo momento, “da oggi - spiega Iabichino (Ogilvy & Mather Italy) - racchiudono un fascino tutto nuovo, che avvicina figure professionali che si sono sempre detestate. I creativi non possono più lavorare all’interno delle loro torri d’avorio, devono confrontarsi con data analyst, data scientist e data planner; analisti e professionisti dei numeri che abbiamo - chi più chi meno - sempre ignorato nella realizzazione delle nostre campagne. Oggi non possiamo più permetterci di snobbare l’aiuto enorme che può arrivare dai numeri, non solo nelle strategie di comunicazione, ma negli stessi processi creativi”.

A maggior ragione, aggiunge Mastromatteo (Ogilvy & Mather Italy) “se pensiamo che il nostro lavoro non sia più chiamato semplicemente a raccontare un prodotto, una marca o una scelta di consumo, bensì a renderci consapevoli di una nuova responsabilità, che quella di riuscire a creare messaggi pubblicitari in grado di modificare comportamenti e generare un reale impatto nella società. La crisi ci ha messo di fronte uno scenario di consumo più critico e consapevole, e se dobbiamo continuare a scrivere per vendere qualcosa a qualcuno, dobbiamo farlo con una scrittura pubblicitaria in grado di sintonizzarsi con gli stati d’animo delle persone. Un trend topic di Twitter può contenere molte più informazioni di quante ve ne siano nei brief dei nostri clienti, e i bravi analisti che cominciano a popolare le nostre agenzie possono diventare preziosi alleati dei reparti creativi”.

“Il binomio dati/creatività - precisa Mori (UM) - è imprescindibile per consegnare il messaggio giusto al target ricercato, nel momento di maggiore rilevanza. La nostra strategia si basa sullo studio dei ‘Moments’, ossia quei contesti valoriali, temporali e fisici all’interno del customer journey, nei quali la presenza della marca risulta più legittima e coerente, perché intercetta un interesse spontaneo, un bisogno esplicito espresso dal consumatore. I dati sono l’elemento che ci aiuta a mappare tutte le espressioni del comportamento del nostro consumatore, consentendoci di definire i contenuti e le creatività migliori per ogni contesto. Le case history più innovative in questo ambito ci parlano di ‘addressable adv’, messaggi che si autocompilano in base all’esperienza irripetibile del singolo utente, arrivando addirittura a creatività che mutano seguendo l’evolversi dei mood del consumatore nello scorrere di una singola giornata. Maggiore sono la rilevanza e la personalizzazione, maggiore è la probabilità di risuonare positivamente nella mente del target”. “I big data - interviene Pollo (Y&R Italia) sono senza dubbio i protagonisti emergenti del nostro settore. D’altra parte era inevitabile, visto che, ormai, ogni nostro comportamento viene rilevato, tracciato, archiviato, quantificato. La chiave è saper accostare la freddezza dei numeri alla leggerezza della creatività”.

L’IMPORTANZA DEL MESSAGGIO PERSONALIZZATO

“La possibilità, grazie all’alta profilazione, di rivolgersi a delle nicchie o a dei target specifici di utenti consente di spacchettare la comunicazione su diverse aree per renderla più efficace - spiega Marini (Lorenzo Marini Group) -. Un suggerimento è quello di costruire su misura il messaggio per migliorarne l’efficacia sul target a cui ci rivolgiamo. Per esempio, di recente abbiamo attuato questa strategia, nell’ambito di una campagna digital, per promuovere un corso di cucina professionale a distanza, attraverso un noto testimonial. In questo caso, la campagna è stata declinata in quattro mini-spot video, ciascuno dedicato a un potenziale target del corso, con un messaggio ad hoc: dal cooking lover al professionista che già lavora in cucine professionali, fino ad arrivare al food blogger amatoriale. In ciascun caso, a parità di prodotto offerto, è stato evidenziato il vantaggio più immediato per la categoria di appartenenza. Una volta attirata l’attenzione del target, lo step successivo è stato tracciare correttamente i risultati e le conversioni, dalla raccolta di email alla vendita online, fino ad arrivare alla visualizzazione video, ottimizzando il processo di conversione che sta nel mezzo”.

“La ricerca di dati sempre più approfonditi sul target ha trovato la più ampia soddisfazione nelle recenti evoluzioni tecnologiche - ha aggiunto Pedrazzini (Cayenne) -. Oggi grazie ai dati di navigazione, alla geolocalizzazione consentita dal mobile, all’utilizzo delle app, e anche sfruttando le informazioni autoprodotte sui social, siamo in grado di classificare un individuo in modo approfondito e personale. Nel prossimo futuro, andranno via via scomparendo i cluster a favore di dialoghi di marca personalizzati, fondati su algoritmi sempre più precisi. Attualmente è molto difficile identificare un collegamento tra big data e creatività. I big data permettono, attraverso l’analisi, di sottoporre precise ‘call to action’ al target in un momento rilevante. In futuro potremo ipotizzare nuovi criteri di micro-clusterizzazione a cui rispondere con micro-creatività, sempre più settate su micro-insight. La vera domanda è se, a fronte dei big data, sia ancora la creatività la risposta (giusta, ndr) per differenziare una marca”.

Secondo Ventimiglia (H-Art), tra ‘big data’ e ‘creatività’ esiste un collegamento sempre più stretto e quotidiano: “Lo scenario ideale del futuro sarà quello di una pubblicità personale, che si mostra nei momenti giusti, con uno scambio di valore basato su dati e attenzione”. A mettere in guardia in riferimento all’aumento della complessità che deriva dall’adozione dei numeri all’interno del processo creativo è Palmer (Serviceplan), che afferma: “Se conosco tutto o quasi di una persona, dai gusti e agli interessi, passando per la sua geolocalizzazione, è certo che aumenta di molto la rilevanza del messaggio”, però è anche vero che per riuscire a gestire ogni persona con una comunicazione specifica e rilevante ad hoc, occorre possedere le risorse necessarie.

Mario Garaffa

 

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Inchiesta Creatività:

Articolo 1: ‘Il coraggio di sperimentare

Articolo 2: ‘La battaglia dell’attenzione si vince con la rilevanza

Articolo 3: ‘Strategia e dati per indirizzare il flusso creativo

Articolo 4: ‘Festival di Cannes, il moltiplicatore della reputazione