Csr

Innovazione, web e rapporto azienda-consumatore: le nuove forntiere della Csr

Di questo si è parlato al terzo Csr Italian Summit, organizzato da Business International e Amref e di cui Nc- Il giornale della nuova comunicazione, edito da ADC Group, era main sponsor. Numerosi gli interventi che si sono seguiti durante la giornata del 13 giugno alla Fondazione Stelline a Milano.

Se ne parla ormai da anni, e oggi si può davvero dire che sia entrata davvero nelle strategie delle aziende italiane: la Csr (Corporate Social Responsibility) ha conquistato in pochi anni molto terreno, fatto di riconoscimento e consapevolezza da parte di chi opera nelle imprese, sia pubbliche che private. Ma quale deve essere il rapporto fra mondo profit e quello non profit? E quale la relazione fra il consumatore e l'azienda socialmente responsabile? Di questo e di molto altro si è parlato al terzo Csr Italian Summit, organizzato da Business International e Amref e di cui Nc- Il giornale della nuova comunicazione, edito da ADC Group, era main sponsor. Numerosi gli interventi che si sono seguiti durante la giornata del 13 giugno alla Fondazione Stelline a Milano.







Innovazione prima di tutto
“La responsabilità sociale oggi ha preso tutti - ha esordito Guendalina Sassoli de' Bianchi, direttore raccolta fondi Amref -. Da un lato, il profit si rende conto che la propria scala di valori va rivista, includendo priorità più sociali; dall'altro, però, il non profit è obbligato a rivedere le proprie logiche di investimento, adottando un approccio più olistico rispetto al passato, che pensi alla sostenibilità e all'innovazione”.

E proprio l'innovazione è la chiave di volta di questa nuova fase della Csr, che si sta trasformando in Corporate Social Innovation, sotto la pressione della grande evoluzione sociale a cui stiamo assistendo. “Il concetto di innovazione sociale è oggi ancora vago - ha spiegato Davide Dal Maso, partner di Avanzi, società specializzata in csr -, ma si può definire come quel complesso di strategie e teorie organizzative, che mira alla soluzione di problemi sociali attraverso il coinvolgimento e il rafforzamento della società civile. Si parte dunque dai bisogni sociali da risolvere (educazione, assistenza, previdenza sanità), innovando i modelli, i processi e anche i soggetti da coinvolgere, attraverso un ruolo preminente degli attori della società civile più o meno organizzata”.

Se dunque la Csr guarda alla sostenibilità dell'impresa e alle aspettative degli stakeholder, l'Innovation Sustainibility guarda invece alla sostenibilità della società. In questo quadro, alle aziende viene chiesto quindi un contributo che non parte però da loro (come avviene oggi con le strategie di csr promosse dalle aziende), ma che ne valorizza il ruolo. L'azienda può quindi fare la sua parte per il bene comune, mettendo a disposizione le proprie competenze, risorse e conoscenze. “Ci sono ambiti di elezione in cui inserire quote di imprenditorialità può generare benefici sociali importanti - continua Dal Maso-: si pensi, ad esempio, al ruolo della Fondazione Cariplo nel mondo della cultura”.

Con la SI, le aziende possono anche esercitare un ruolo politico - fino a oggi gestito male -, non delegando lo sviluppo del Paese alla politica, ma giocando un ruolo di primo piano, con una visione collettiva del bene della società. Tramite partnership con organizzazioni non profit, il mondo imprenditoriale può dunque giocare un ruolo da protagonista nel cambiamento della società.

Csr e azienda: l'impatto sulle performance
Fondamentale è che a monte ci sia una vera consapevolezza dell'importanza di questi temi, per evitare che siano solo una moda: perché è su questo terno che l'azienda si gioca la reputazione e la credibilità agli occhi del consumatore. “Quello che manca spesso è una dichiarazione degli obiettivi aziendali - spiega Pier Mario Barzaghi, partner e head of corporate responsibility Kpmg Network -.E' quindi importante definire chiaramente le strategie aziendali, concentrarsi sugli obiettivi, definendo a monte le esigenze degli stakeholder che si vuole andare a soddisfare”.
 
In Italia la situazione è molto migliorata negli ultimi 15 anni, complice anche la presenza di una fascia di giovani che ha una grande consapevolezza e senso critico nei confronti di queste tematiche. “ci si rende sempre più conto che il benessere di un paese non è solo evidenziato dal Pil, ma che sono tantissimi altri i fattori influenti - continua il manager -. si parla già oggi di Bes, Benessere equo e sostenibile, un nuovo parametro con cui guardare il mondo”.

Internet e i consumatori: i nuovi influencer
Un ruolo di primo piano nella circolazione e diffusione delle tematiche e sensibilità etiche e sostenibili è senza dubbio quello del web, su cui circolano e vengono di continuo condivise petizioni, fotografie, testi, a favore o (più spesso) contro le realtà che non si dimostrano attente a queste tematiche. Basti pensare a quello che è successo alla Benetton dopo il crollo in aprile di una fabbrica tessile in Bangladesh, che ha provocato la morte di oltre 1000 persone. “La fotografia della maglietta con l'etichetta della Benetton che spuntava dalle macerie ha fatto il giro del mondo in pochissimo tempo - ha spiegato Ilaria Catastini, presidente Roma Hill+Knowlton Strategy e consigliere Anima -. Il lavoro di starete di comunicazione fatto per anni è stato di fatto distrutto da una mancanza di policy vera e seria di supply chain, che è stata additata in tutto il mondo sulla rete”. Quello che è davvero rivoluzionario non è solo che grazie al web si possa partecipare e condividere in modo critico, ma anche e soprattutto che ciò produce cambiamenti nelle policy dell'azienda. Dopo avere inizialmente negato ogni responsabilità, l'azienda di Treviso ha dichiarato la verità e preso le sue responsabilità, impegnandosi a un maggiore controllo in Bangladesh. Lo stesso è avvenuto anche con H&M, che dopo una petizione firmata da 900.000 persone, ha firmato un protocollo con cui si impegna a maggiori controlli sulla produzione in Bangladesh. “Questi sono esempi di comportamenti reattivi da parte di aziende - continua Catastini -; quelli però più efficaci sono i comportamenti proattivi, che nascono dall'iniziativa dell'azienda, e che possono portare a un vero vantaggio competitivo”.

Case history: la comunicazione di E.on Italia
une sempio eloquente di comunicaizone sociale riuscita è quello di E.on Italia, multinazionale tedesca del settore delle enrgie rinnovabili, che ha sviluppato il progetto 'Più click, più acqua', in collaboraizone con Amref. “Partendo dal concetto che l'acuqa è una base solida per costruire il futuro, abbiamo dceiso di impegnarcia costruire dei pozzi in Sfrica se raggiungevamo un tot di click sul sito acqua.eon.it - ha spiegato Nello D'Orazi, communciations manager E.on Italia -. Oltre ai due che ci eravamo impegnati a sviluppare, abbiamo deciso che se il sito veniva cliccato 5.000 volte ne avremmo fatto un terzo, e se 10.000 un quarto. Abbiamo usato web, stampa, articoli, newsletter. Ma quello che ha funzionato nel modo migliore è ciuramnete la viralità. Alcuni uffici dell'azienda hanno creato su Facebook una causa sociale, che è stata condivisa e divulgata, arrivando a quota 2000 aderenti e a10.000 visite sul sito in due mesi”.

Ilaria Myr