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Brand Safety: per GroupM focus su una migliore user experience con formati adv meno invasivi, coinvolgimento del consumatore e contesti di comunicazione sicuri. Montogomery: "Qualità e brand safety vanno di pari passo"

Durante l'incontro con John Montgomery, Executive Vice President per la Brand Safety di GroupM Global, organizzato questa mattina, 23 maggio, a Milano, la holding media di WPP ha fatto chiarezza sulle tematiche relative alla brand safety, forte di un impegno che coinvolge un team global specializzato in Asia, Europa e America, con una rete di 'ambassador' locali in tutti i Paesi in cui opera. La preoccupazione più urgente dei clienti riguarda la garanzia di inserimento del marchio in contesti appropriati e non sconvenienti e per i CMO delle aziende le priorità sono sicurezza e integrità del marchio. In Italia l’Ad Fraud è pari allo 0,7% e la Brand Safety raggiunge il 3,6%.

Anche in Italia, così come nella gran parte dei Paesi europei e mondiali, stiamo assistendo al
consolidamento del mercato pubblicitario digitale
. Un mercato che oggi GroupM, media holding del gruppo WPP, stima valere nel nostro Paese circa 2.2 miliardi di euro e rappresentare il 28% di market share grazie alla forte spinta data da mobile, social e dalla componente video.

Come ogni mercato in fase di consolidamento, anche quello digitale sta facendo emergere un interesse crescente verso alcuni argomenti chiave per il suo futuro successo e la sua solida evoluzione.

Accanto alla continua attenzione su temi centrali, come quelli legati ai dati e alla profilazione oppure alla misurazione e all’evoluzione dei modelli di attribuzione, stanno aumentando le opportunità e le sfide che orientano verso un mercato pubblicitario digitale sempre più sostenibile e “pulito”. A tal fine è importante saper gestire l’online advertising nel rispetto di principi e regole di condotta imprescindibili così da garantire ai singoli investitori la massima tutela del proprio brand.

Questo il tema al centro dell'incontro organizzato questa mattina, 23 maggio, a Milano, da GroupM, che ha visto protagonista John Montgomery, Executive Vice President per la Brand Safety di GroupM Global. 

“Riteniamo essenziale non solo monitorare questi nuovi aspetti del mercato digitale, ma anche fare continua educazione all’industry su temi sensibili come quelli legati alla Brand Safety, per definire al meglio i reali impatti sul mondo della comunicazione e l’evoluzione che gli strumenti e le procedure stanno avendo a riguardo.” – ha affermato Fides Tosoni, Chief Digital Transformation Officer di GroupM Italia - “Abbiamo voluto cogliere l’occasione della presenza in Italia di John Montgomery (nella foto), Executive Vice President per la Brand Safety di GroupM Global, per fare chiarezza e affrontare queste tematiche dalla giusta prospettiva.”

È altrettanto importante inquadrare il tema non solo dal punto di vista globale, ma anche nelle implicazioni dirette sul mercato italiano, dove il fenomeno della Brand Safety non sembra aver raggiunto livelli preoccupanti rispetto ad altri Paesi. Risultati che GroupM ha raggiunto soprattutto grazie all’adozione di pratiche e tecnologie volte a garantire una inventory di qualità, frutto di un’azione sinergica su differenti fronti - dall’utilizzo prevalente dei private deal in programmatic, alla forte enfasi su misurazione e certificazione della qualità dell’inventory, al ricorso di formati pubblicitari non invasivi e dal contenuto nativo.

“Se da una parte i dati su Ad-Fraud e Brand Safety in Italia ci preoccupano relativamente (secondo nostri benchmark 2017 misurati con tool di adverification IAS e Moat - l’Ad Fraud è pari allo 0,7% e la Brand Safety– ovvero annunci inseriti in contesti particolarmente sensibili come contenuti per adulti, violenti, sulle droghe, su download illegali - raggiunge il 3,6%), dall’altra è corretto continuare a occuparsene per non perdere di vista sfumature essenziali. Lavorare per migliorare la user-experience con formati pubblicitari meno invasivi, incrementare il coinvolgimento del consumatore catturando la sua attenzione e comunicare in contesti sicuri: sono queste le nuove issue che ci aspettano e che ci impongono una attenzione crescente per gli anni a venire", ha dichiarato Federica Setti, Chief Research Officer di GroupM Italia.

"Per quanto riguarda i formati siamo al lavoro attraverso la Coalition for Better Ads, fortemente sostenuta da GroupM, da sempre attenta e attiva, sia a livello locale che a livello globale, nell’applicazione delle più moderne tecnologie e nella definizione di principi guida in grado di assicurare la qualità del media gestito dei propri clienti - ha continuato Setti - . La Coalition for Better Ads, nata un anno e mezzo fa, ha come obiettio proprio il miglioramento dell’offerta pubblicitaria per lo sviluppo di un ecosistema ancora più sostenibile. Tra i traguardi già raggiunti, l'individuazione di 12 formati video da bandire". 

"Il secondo punto, ovvero l'engagement del consumatore, è strettamente legato al trattamento creativo della comunicazione digitale: ad esempio, è ormai risaputo che la mera trasposizione degli spot televisivi sul web non funziona. In rete i video devono essere brevi ed avere il loro picco emozionale nei primi secondi, dunque l'approccio deve essere diverso se si vuole ottenere l'attenzione dell'utente", ha aggiunto Setti.

Infine, come riuscire a garantire un contesto sicuro della comunicazione? "Noi lavoriamo insieme ai clienti per definire il loro livello di 'tolleranza' del rischio: ci sono aziende che non vogliono assolutamente rischiare che la loro comunicazione sia visibile in contesti inadatti, altre che sono invece più 'tolleranti'", ha chiosato Setti. 

Molti studi affermano tuttavia che la sicurezza e l’integrità del marchio risultano essere tra le principali preoccupazioni e priorità per i Chief Marketing Officer nel 2018. Non si può prescindere dal garantire ai clienti uno standard GroupM Brand Safety che li protegga da una serie di rischi associati alle comunicazioni del marketing digitale.

"La brand safety porta con sé molti rischi, di natura finanziaria, reputazionale e legale. D'altra parte, non è difficile capire come si sia arrivati a queste problematiche: per quanto ci si applichi per garantire continuamente che l'intero ecosistema digitale rimanga il più sicuro possibile, l'enorme scala e la velocità con cui gli annunci vengono serviti e consumati (basti pensare che su YouTube vengono caricate 500 ore di contenuti ogni minuto, ndr.) rendono inevitabile una certa misura di rischio, a questo si aggiunge la sempre maggiore diffusione del programmatic come modalità di pianificazione, che rende più difficile il monitoraggio, oltre al fatto che i media tendono a porre il tema sotto i riflettori per fare guerra a Google e Facebook, 'colpevoli' di catalizzare gran parte degli investimenti pubblicitari che prima venivano destinati ai mezzi tradizionali", ha spiegato John Montgomery, Executive Vice President per la Brand Safety, GroupM Global.

“La preoccupazione più urgente dei clienti a livello globale riguarda la garanzia di inserimento del marchio in contesti appropriati e non sconvenienti. Il problema di fondo è legato alla qualità dell’inventory digitale: è essenziale per GroupM portare avanti un lavoro di filiera per rendere tutte le piattaforme digitali sicure, affiancando i clienti e supportandoli sulla opportuna valutazione del rischio del sistema. Ora disponiamo di un team global specializzato in Brand Safety in Asia, in Europa e in America, con una rete di 'ambassador' locali presenti in ogni agenzia e in tutti i Paesi in cui operiamo”, ha sottolineato il manager. 

"Qualità e brand safety sono strettamente legate, è indispensabile tenere conto di questo aspetto anche perché le ricerche dimostrano che al crescere della qualità dell'advertising aumenta l'indice di vendita, poiché la pubblicità risulta più efficace - ha aggiunto Montgomery - . I clienti tendono ad utilizzare il CPM (costo per raggiungere mille utenti, ndr.) come unità di misura, ma si tratta di un parametro che non tiene conto della qualità e che dunque non è sufficiente per una valutazione efficace". 

Già, ma quali caratteristiche deve avere una pubblicità per poter essere definità 'di qualità'?

"Deve essere vista da un essere umano, incluso una fascia demografica di popolazione definita e in un ambiente 'safe'", ha detto Montgomery, sottolineando che per raggiungere questa qualità bisogna lavorare su più fronti: le agenzie devono educare i clienti a considerare la qualità tra le variabili da tenere in considerazione, fare ricorso in modo massiccio alla misurazione per creare dei benchmark, utilizzare la tecnologia per riuscire ad esempio a individuare i bot e ad evitare l'ad fraud, oltre che remunerare in misura maggiore gli editori che prediligono advertising di qualità; i publisher devono puntare in primis a migliorare la user experience degli utenti; mentre i clienti dal lato loro devono cambiare le modalità di misurazione e rendersi conto che quando si comunica in rete una dose di rischio è inevitabile", ha spiegato il manager. 

"La brand safety è un aspetto sta sta diventando prioritario per le marche e questo richiede agli operatori dell'industry della comunicazione di essere molto attivi sul tema. L'Italia, insieme a Germania, Francia e Spagna, è uno dei mercati centrali per GroupM, che in questi Paesi è già molto avanti in ambito di misurazione, il primo passo per stabilire dei bechmark di qualità a cui attenersi", ha chiosato Montgomery.

Serena Piazzi