Mercato

Corbetta (OBE) risponde alle critiche di Freccero a 'Nella mia cucina'. "E' un tipico esempio di branded entertainment televisivo, una forma di comunicazione sempre più utilizzata dai brand, in Italia e all'estero"

Il presidente dell'Osservatorio Branded Entertainment ricorda in una nota che "la possibilità di prevedere nel palinsesto delle imprese televisive contenuti editoriali finanziati anche dal mercato è disciplinata dal TU dei servizi Media Audiovisivi che prevede la liceità dell’inserimento di prodotti/marchi commerciali all’interno di programmi televisivi dietro pagamento

I giorni scorsi Carlo Freccero, direttore di Rai2, ha rilasciato al  FattoQuotidiano.it delle dichiarazioni critiche nei confronti de 'La mia cucina', branded content di Scavolini co-prodotto con Zerostories presentato da Carlo Cracco e Camihawke (leggi news su ADVexpress).

 “E’ un programma pagato dalla pubblicità, invece di fare audience porta soldi. Mi aspettavo di più? Sinceramente no, non è da considerare come un programma di palinsesto ma come una trasmissione ‘pubblicitaria’. E’ un branded content, dura mezz’ora e solo per venti giorni” ha commentato Freccero alla testata anche in merito agli ascolti ottenuti dal format, fermi tra il 2 e il 3% di share.

A queste affermazioni ha subito replicato Laura Corbetta (nella foto), Presidente dell’Osservatorio Branded Entertainment, che ha sottolineato in una nota stampa: "'Nella mia cucina' è un tipico esempio di branded entertainment televisivo, una forma di comunicazione sempre più utilizzata dai brand, in Italia e all’estero, in alternativa o in aggiunta a forme di comunicazione più tradizionale, dalle quali però si distingue perché il branded entertainment offre allo spettatore un contenuto di intrattenimento originale, un vero e proprio programma, dove la presenza del marchio è strettamente legata al contenuto narrativo".

"La possibilità di prevedere nel palinsesto delle imprese televisive contenuti editoriali finanziati anche dal mercato - ha aggiunto Corbetta - è disciplinata dal TU dei servizi Media Audiovisivi che prevede, appunto, la liceità dell’inserimento di prodotti/marchi commerciali (cd product placement/branded content) all’interno di programmi televisivi dietro pagamento. La normativa, oltre a prevedere una serie di limiti all’utilizzo di tale strumento, prevede l’esclusione dai limiti dell’affollamento pubblicitario proprio in virtù del fatto che siamo in presenza di programmi televisivi muniti di un contenuto editoriale autonomo e apprezzabile a prescindere dalla presenza/visibilità concessa al marchio".

"Il fatto che sia stato realizzato grazie al supporto di un marchio commerciale non dovrebbe, inoltre, influire sulle scelte editoriali del broadcaster, che mantiene inalterate le sue prerogative di responsabile del contenuto in onda. È importante ricordare che il branded entertainment è una leva strategica sempre più importante per il marketing e la comunicazione dell’aziende, che solo in Italia muove oltre 500M di euro l’anno con un trend in significativa e costante crescita" ha concluso il Presidente dell'Associazione.