Mercato

GLOBAL INSIGHT by Luca Lindner. Italia: quale futuro per il tredicesimo mercato più grande del mondo?

Secondo intervento dedicato alle sfide che le grandi agenzie stanno affrontando nello scenario mondiale. Il focus, questa volta, è sul ruolo che il nostro paese può giocare nello scacchiere internazionale. Con poche luci e tante ombre.

Parlando con clienti e con leader di agenzia a Milano, Londra e New York, e guardando i dati disponibili emerge una percezione abbastanza deprimente della posizione italiana nel mondo. Posizione che può pesare nella scelta dei grandi gruppi globali  di supportare o meno la sede italiana e la sua leadership.

In termini di dimensione del mercato nella classifica dei “Top 20” l’Italia si trova al tredicesimo posto e ha perso posizioni rispetto a economie emergenti come India, Corea e addirittura Indonesia. Certo, ci si può consolare di esser comunque più grandi di Russia, Spagna e Messico. Ma, come vedremo fra poco, la dimensione e il peso del mercato sono fattori molto rilevanti quando i nostri clienti e le agenzie globali devono dare la giusta priorità agli investimenti.

A questo primo fattore si aggiunge immediatamente il trend di crescita e, ancora una volta, c’è poco da ridere. I numeri e le posizioni decrescono ogni anno.

Terzo fattore è il giudizio della comunità internazionale, condivisibile o meno, sulla qualità del prodotto creativo.
Usando i leoni vinti a Cannes come criterio quantitativo l’Italia non entra neanche nella “Top10” creativa dove Olanda, Nuova Zelanda e Colombia vincono meno dei mostri anglosassoni ma comunque vincono. Ammetto che non ho trovato dati sugli Effies ma non posso vedere ragioni per cui la nostra performance possa essere così migliore di Francia, Germania, Brasile, Colombia ecc..

Quarto ed ultimo fattore di cui tener conto è la qualità e quantità di aziende italiane che investono sui mercati globali. Certo, abbiamo Ferrero, Barilla, la moda, la gastronomia, il design e il lusso. Non è poca cosa, ci sono sacche di eccellenza strategica e creativa ma occorre fare massa o, come Crozza faceva dire a Montezemolo, “dobbiamo fare squadra”.

Perché il successo su questi quattro fattori è così rilevante?
La risposta mi venne data dal CEO di una grossa azienda multinazionale ad un seminario dell’Aspen Institute.
Questo signore, olandese, mi disse che il suo board prendeva decisioni strategiche in giro per il mondo usando un loro modello di classificazione ABC che funziona più o meno nel seguente modo:

A) mercato di dimensione importante, in crescita di fatturato, con profitti allineati con HQ, facile da gestire, creativo, con leardership forte e con il potenziale di contribuire al successo globale.

C’erano sempre soldi per un Mercato A. Soldi per lanciare nuovi prodotti e servizi, per fare acquisizioni e recruiting coraggioso, bonus pool competitivi, ruoli globali o perlomeno regionali…

B) mercato storicamente importante ma in calo di fatturato e/o di quota di mercato. Bassi profitti ed eterne battaglie sulla peformance finanziaria tra la sede locale e il management globale.  Management solido ma privo di adrenalina. Poco tecnologici. L’azienda non investe un euro e non prende nessuna decisione. Sono fermi,immobili,attendendo che qualcosa succeda.

C) mercato in calo, quota in calo, fatturato in calo, profitti spariti e l’azienda perde soldi. Il Management che dà la colpa di tutto all’head quarter… Il business viene dismesso, venduto ai manager o a un concorrente o, più semplicemente, si cessano le attività.

Dove sta e dove vuole stare l’Italia in questa partita?

Possiamo passare da B ad A?

Facciamo Squadra?

 

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Luca Lindner


luca.lindner4@gmail.com

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