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Le strategie divergenti di WPP e Publicis: un’analisi del Financial Times sulle mosse e i risultati dei rispettivi CEO, Mark Read e Arthur Sadoun

Mark Read (foto a sinistra) e Arthur Sadoun (foto a destra), rispettivamente alla guida di WPP e Publicis, stanno scommettendo in modo completamente diverso su come rilanciare le attività delle due holding, che il Financial Times definisce “gli imperi pubblicitari malati d'Europa”.

La sfida per entrambi i manager è la stessa, scrive il quotidiano britannico: tornare a crescere guidando una rete tentacolare di agenzie creative, società di pubbliche relazioni e centrali media in un’era in cui è diminuita l'influenza della televisione e le piattaforme tecnologiche come Google e Facebook sono emerse per dominare il business in rapida crescita della pubblicità digitale. Le economie di scala, che avevano portato l'acquisto dei media a diventare la parte di gran lunga più redditizia delle loro attività, stanno infatti perdendo via via importanza perché la tecnologia e lo sfruttamento dei dati hanno reso gli annunci più mirati.  Per di più, le aziende del Largo Consumo, da sempre tra i loro migliori clienti, hanno ridotto le loro spese di marketing.

Sadoun guida la multinazionale francese dal 2017, quando ha preso il posto di Maurice
Levy, tutt’ora una figura ritenuta ‘ingombrante’ sebbene il suo ruolo di chairman of the supervisory board non sia più strettamente ‘operativo’. Read è subentrato nel 2018 a un personaggio ancor più ‘problematico’ come Sir Martin Sorrell, che di WPP è stato il fondatore e leader indiscusso per quasi 40 anni.

levy e sorrell
 Il giudizio formulato dall’FT parte, non potrebbe essere altrimenti, dai risultati finanziari e operativi delle due holding, constatando come per entrambi il valore del titolo azionario sia nettamente diminuito nel corso degli ultimi anni: le azioni WPP, primo gruppo pubblicitario al mondo (130.000 addetti e 15,6 miliardi di sterline di entrate lo scorso anno), sono quasi dimezzate dal picco del 2017 quando alla guida c’era ancora Sir Martin; analogamente, il valore azionario di Publicis, al terzo posto fra le grandi holding della comunicazione (con circa 80.000 dipendenti e 9,1 miliardi di euro di entrate), si colloca a metà del suo massimo raggiunto nel 2015, quando la rivalità fra Lévy e Sorrell (a sinistra e a destra nella foto) era al top.

Da un punto di vista operativo, un primo verdetto – scrive il Financial Times – sembra arrivare dai risultati del terzo trimestre di quest’anno, quando la differenza nell’andamento delle due società è stato massimamente divergente: mentre Publicis ha continuato a scendere, WPP ha mostrato invece i primi segni di una almeno provvisoria ripresa, tornando a crescere per la prima volta in un anno, sebbene con margini abbastanza sottili, segnando un +0,7% che è addirittura superiore alla media delle Big Four.


LE ACQUISIZIONI DI SADOUN
Se questi sono gli esiti, quali sono state invece le strategie messe in atto dai due manager che hanno portato ad essi?
Sadoun sta cercando di sopravvivere alla rivoluzione mantenendo intatti i margini di Publicis, i più alti del settore: per questo sta investendo nell’area dei dati e della tecnologia proprietaria, mirando ad aiutare aiutare i brand a ‘riprendere il controllo’ delle loro relazioni con i consumatori, un servizio che a suo parere i clienti apprezzeranno e quindi retribuiranno maggiormente.

Il CEO di Publicis si dice infatti convinto che sia necessaria una trasformazione radicale,
paragonando il momento attuale a quello che le compagnie musicali hanno affrontato un decennio fa, dovendo scegliere fra scontare i CD per mantenere le entrate consolidate, oppure passare allo streaming digitale per stimolare la crescita.

La sua grande scommessa è proseguire sulla strada delle acquisizioni: dopo quela della società di consulenza digitale Sapient nel 2014, la più recente, dello scorso aprile, riguarda l'agenzia di marketing digitale Epsilon, rilevata per 4,4 miliardi di dollari.

Gli investimenti in dati, tecnologia e analytics – e l’acquisizione di Epsilon in primis, ha sottolineato Sadoun – sta funzionando benissimo, come testimonia l’ottima serie di successi sul lato new business con l’ingresso, fra gli altri, di Disney, Axa, Mondēlez e Beiersdorf nel suo portafoglio clienti.
Ma nonostante ciò, il risultato operativo di Publicis – la più indietro fra le grandi holding – è in controtendenza, tanto che a ottobre il colosso francese ha abbassato ulteriormente la sua
proiezione sui ricavi dell'intero anno per la seconda volta in tre mesi.

 

IL CONSOLIDAMENTO DI READ
Sullo sfondo delle richieste di smembramento del gruppo manifestate da molti azionisti di WPP al momento dell’uscita di scena di Sir Martin, da quando è arrivato Read ha optato per una diversa impostazione: gestire le aspettative, riordinare la struttura aziendale, saldare i debiti e sistemare il suo bilancio, cercando in primo luogo di stabilizzare l’andamento del gruppo anche a costo di un margine operativo più basso.

Contemporaneamente ha avviato una serie di fusioni ‘interne’ con l’obiettivo di avvicinare le ali tradizionali e digitali dell'impero WPP. La sua mossa principale fino a oggi è stata la cessione di una quota di Kantar (operativa proprio nel mondo dei dati e delle ricerche), da cui ha ricavato 3,1 miliardi di dollari.

In un suo discorso a Barcellona in occasione di una conferenza organizzata da Morgan Stanley il mese scorso, Read ha dichiarato, riportsa il FT, che “Possedere dati proprietari non è il nirvana. Ai nostri clienti importa l’uso dei dati nel loro marketing, non se li possediamo o no”. E riferendosi al recente sbarco delle società di consulenza nel mercato dell’adv, digitale in primis, ha aggiunto di trovare ironico il fatto che secondo molte persone la industry in cui opera WPP è una cosa terribile, ma favolosa quando se ne parla a proposito dell’ingresso di Accenture!”.