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Nasce il Kantar Inclusion Index. L’Italia nella Top5 dei paesi più inclusivi

L'Inclusion Index, che misura 24 settori in 14 Paesi, si propone come strumento di misurazione e benchmarking per aiutare le aziende che hanno già attivato seri piani di trasformazione interna e intendono misurare i risultati delle loro iniziative per offrire un contesto lavorativo più inclusivo, sereno e performante. In Italia il 24% degli intervistati pensa che la propria azienda non stia facendo abbastanza per appianare le diversità di genere e promuovere ambiti lavorativi che la sostengano. A livello di Diversity & Inclusion, Canada e USA risultano essere i Paesi migliori nei quali lavorare.

L’Italia è uno dei Paesi più avanzati a livello mondiale secondo
Kantar Inclusion Index, che misura a livello globale il grado di Inclusion &Diversity delle aziende.

Il nuovo tool lanciato da Kantar basato esclusivamente sui feedback dei lavoratori, ha raccolto, finora, l’opinione di 18.000 individui in 24 settori di 14 Paesi, così da creare un nuovo standard internazionale di misurazione del livello di inclusività nel mondo del lavoro.

In un contesto sociale in rapido cambiamento, anche l’ambiente lavorativo si sente chiamato
ad evolvere. Un luogo di lavoro più eterogeneo ed accogliente, offre alle persone la
possibilità di sentirsi parte integrante dei team, con evidente impatto positivo sulla
performance individuale e collettiva.

Dal punto di vista geografico, il Canada svetta sulla classifica. I driver della leadership
canadese sono i seguenti:

- una buona rappresentanza femminile a livello direzionale (con oltre il 40% di donne)
- la consapevolezza che la propria azienda cerchi attivamente di essere più inclusiva e
diversificata, supportando tutti i lavoratori indipendentemente dalla loro identità
(il
65% dei rispondenti Canadesi ne è convinto).

Gli Stati Uniti seguono il Canada da vicino. Anche qui è presente un’equa rappresentanza di genere ai livelli direzionali (con una rappresentanza del 30% ai livelli alti della leadership in termini di etnia).

Il 63% degli intervistati ritiene inoltre che la propria azienda cerchi attivamente di essere più inclusiva e diversificata e il 67% di loro ritiene che supporti tutti i lavoratori indipendentemente dalla loro identità. In entrambi i casi rimangono aspetti da
migliorare, tra i quali il fatto che il 20% dei canadesi e il 17% degli americani dichiarino di essere stati vittime di bullismo nell'ultimo anno.

Prendendo in considerazione i dieci settori più rappresentati nello studio a livello
internazionale
, l'industria sanitario-farmaceutica risulta in prima posizione come settore piùprogressista. Oltre ad evidenziare equa rappresentanza di genere ed etnia, si distingue per essere un ambito estremamente sensibile alla formazione (il 56% dichiara di avere opportunità di apprendimento e miglioramento nel tempo), al worklife balance (il 56% dichiara di poter fruire di flessibilità nel lavoro) e alla meritocrazia (il 66% ha ricevuto riconoscimenti positivi a fronte di buoni risultati ottenuti)

Ecco altri risultati chiave dell'indice:
L'80% degli individui in tutto il mondo ha osservato o subito discriminazioni, ma solo 1 su
3 si è sentito abbastanza tutelato da poter comunicare l'accaduto al dipartimento HR.
Quasi la metà dei dipendenti a livello globale (il 46%) crede che la possibilità di fare
carriera sia determinata da 'chi conosci' piuttosto che da 'cosa conosci'.
Bullismo e molestie:
Quasi 1 dipendente su 5 (il 19%), nel mondo, è stato vittima di bullismo, ostacolato o
oggetto di molestie sul posto di lavoro durante lo scorso anno. La percentuale sale al
23% per le persone appartenenti a una minoranza etnica e al 24% per gli individui di
genere non-binario. In Italia, il 13% dichiara di aver subito atti di bullismo,
discriminazione e molestie nella propria azienda.
Brasile, Messico e Singapore sono stati identificati come i Paesi con il più alto livello di
bullismo sul posto di lavoro. L'Italia, i Paesi Bassi e la Spagna sono invece i Paesi con il
più basso livello di bullismo.

Quasi 1 persona su 3 (il 32%) che lavora nel settore dei media (comprese le trasmissioni
radiotelevisive) riferisce di aver subito personalmente atti di bullismo sul posto di lavoro.

Dinamiche di genere:
Più di un quarto (il 27%) delle donne nel mondo ha avuto la sensazione di non essere la
benvenuta nel proprio luogo di lavoro.
In Italia, il 24% pensa che la propria azienda non stia facendo abbastanza per appianare le diversità di genere e promuovere ambiti lavorativi che la sostengano.
Una donna su cinque (il 20%) crede di essere pagata meno dei colleghi uomini che
ricoprono ruoli equivalenti nel mondo. In Italia, il 9% dichiara di aver avuto esperienze di
discriminazione di genere, il 15% ha avvertito il proprio “genere” come un limite alla
carriera.
Le persone che si identificano come LGBTQ+ rappresentano solo il 2% dei ruoli di
consigliere amministrativo rispetto al 9% stimato della forza lavoro globale.
Nell'ultimo anno, un quarto (il 24%) dei lavoratori LGBTQ+ è stato vittima di bullismo sul
lavoro, nel mondo.
Più di un terzo della forza lavoro LGBTQ+ (il 36%) ritiene di aver incontrato ostacoli nella
progressione della carriera a causa del proprio orientamento sessuale.
Più della metà delle persone LGBTQ+ soffre di stress e ansia costanti ed elevati e diproblemi di salute mentale sul lavoro.

Minoranze etniche sul luogo di lavoro:
L'11% dei lavoratori che si identificano come minoranza etnica, nel mondo, ritiene di
essere trattato in modo molto diverso sul lavoro a causa della propria etnia. Il 13% di loro
si sente escluso e il 28% si sente costantemente in ansia sul lavoro precisamente a
causa della propria etnia.
Quasi 1 lavoratore su 5 (il 19%) ritiene che i colleghi appartenenti a una minoranza etnica abbiano incontrato ostacoli nell'avanzamento di carriera nella loro azienda attualea causa della loro etnia, a livello globale.

Salute e benessere sul luogo di lavoro:
Circa un terzo dei dipendenti a livello globale (il 35% delle donne e il 37% degli uomini)
si sente costantemente ansioso sul lavoro. La percentuale arriva al 40% per le persone
che si dichiarano di genere neutro.
Il 60% degli intervistati ha la responsabilità di assistere i propri cari. Il 38% di loro ritiene
che le responsabilità di assistenza sia causa di esclusione sul luogo di lavoro.

Parlando dei risultati della ricerca, Federico Capeci (nella foto), CEO Italy, Greece & Israel, ha commentato: "Siamo orgogliosi di essere in un Paese che si posiziona fra i più avanzati per livelli di inclusività nel mondo. Con il nuovo indice, Kantar può avere un ruolo ancora più
rilevante nel percorso di trasformazione culturale che le aziende stanno affrontando per
rendere gli ambienti di lavoro più inclusivi e sereni. Le aziende che prendono seriamente in
considerazione il tema dell’Inclusione e della Diversity, hanno ora gli strumenti per misurare
la realtà effettiva e l’esperienza vissuta nella propria azienda. La diversità è un dato di fatto,
che può essere misurato, mentre l'inclusione è la realtà agita, vissuta …e finora l'inclusione
è stata molto più difficile da misurare".

E aggiunge: "I risultati dello studio dimostrano che resta ancora molto da fare, soprattutto
per quanto riguarda il tema del bullismo, che persiste a livelli elevati in Italia ed in tutto il
mondo. Crediamo che il Kantar Inclusion Index possa diventare rapidamente lo standard di
settore per la misurazione dei progetti attivati in termini di Inclusion, Diversity & Equity".

I servizi di analisi comparativa e consulenza per la gestione del cambiamento del Kantar
Inclusion Index consentono ora a qualsiasi azienda di misurare, analizzare e agire in modo
coerente per trasformare la propria cultura aziendale, nonché di ottenere un'analisi
comparativa delle proprie prestazioni rispetto agli standard di settore o nazionali.