Marketing

Il canale digitale vince per ‘efficienza’, quello fisico per ‘efficacia’: puntare sull’omnicanalità per ottimizzare il business

Una strategia di marketing vincente fa leva su ‘personalizzazione’ (superare il sovraccarico di informazioni, modificando il messaggio in funzione di chi lo deve ricevere), ‘coerenza’ (eliminare le contraddizioni), ‘micro-momenti’ (lassi di tempo brevi e unici, che i brand devono essere in grado di cogliere, per intercettare i reali bisogni delle persone e dare forma alle loro preferenze) e ‘omnicanalità’ (presidio dei canali online e offline, concependoli come interconnessi). Del tema si è discusso oggi nell’ambito del convengo ‘Il cliente OmniChannel’.

Il marketing deve puntare su strategie omnicanali perché è la nostra stessa vita a essere all'insegna dell'omnicanalità. Pensate a tutte le volte che avete scelto un certo prodotto o servizio online, per poi comprarlo in negozio; o viceversa a quelle occasioni in cui avete fatto prima un salto in un punto vendita per reperire informazioni, per poi finalizzare l’acquisto online. Oggigiorno, grazie anche e soprattutto alla diffusione di massa degli smartphone, è raro che un processo di acquisto si completi senza aver prima visto il coinvolgimento di diversi canali e touchpoint.

Il marketing deve semplicemente prendere atto delle trasformazioni che hanno caratterizzato la recente vita quotidiana delle persone e attivare, di conseguenza, le strategie migliori per ‘cavalcare la realtà’. Di questi temi si è discusso nell’ambito del convengo ‘Il cliente OmniChannel’, svoltosi oggi, 8 giugno, a Milano, e organizzato da Soiel International.

In ambito retail, come spiegato da Edmondo Lucchi (foto in alto), responsabile new media GfK CE, occorre saper valorizzare in modo sinergico sia la componente online sia quella offline, perché si tratta di due canali complementari e non alternativi. A livello di orientamenti generali, il canale digitale vince per ‘efficienza’ economica, temporale e logistica. Quello fisico, invece, vince ‘efficacia’, cioè in termini di capacità di supportare validamente l’acquisto di sia nel pre-vendita sia nel post-vendita.  

In tema di logiche d’acquisto, Lucchi ha evidenziato una distinzione importante tra il paradigma del ‘procurement’ (intesa come necessità di puro approvvigionamento del prodotto) e il paradigma dello ‘shopping’ (acquisto più libero e svincolato): nel primo caso emerge una maggiore efficienza del canale digitale, perché l’obiettivo è minimizzare in costi e prevale la logica ‘pull’; nel secondo caso, invece, ci sono maggiori opportunità per il canale fisico, perché l’obiettivo è massimizzare i ritorni e prevale la logica ‘push’.  

Dal punto di vista ‘informativo’, ha precisato Lucchi (facendo riferimento a una ricerca realizzata da GfK sui settori elettronica, elettrodomestici ed entertainment), il consumatore ricerca la maggior parte delle informazioni di cui necessita sui canali di acquisto (fisici e digitali), mentre risultano essere secondarie sia le fonti interpersonali private (amici, parenti, conoscenti), sia il contatto diretto con il prodotto al di fuori del negozio.

Nel complesso, il punto di vendita fisico si configura come un ecosistema abbastanza autosufficiente, mentre il fronte online (ossia il sito o app dove finalizzare l’acquisto) risulta essere più aperto a influenze esterne, come motori di ricerca, recensioni, commenti online e comparatori di prezzo.   

L’omnicanalità risulta essere una dimensione necessaria: se non si presidiano in modo adeguato i diversi touchpoint si mette a rischio il proprio business. “Ma questo - ha concluso Lucchi - non significa che gli investimenti dedicati al ‘negozio’ e al ‘brand’ siano da mettere in secondo piano. L’omnicanalità funziona soprattutto come ‘possibilità in background’, ossia come leva competitiva che consente al sistema di business di essere efficace ed efficiente. Si tratta di una forma di disciplina del settore retail”.

Ma quali sono le strategie di marketing da seguire per ottimizzare davvero il business? Secondo Gian Musolino (apri la gallery, foto 2), sales manager Italia Selligent, occorre puntare su:    

1. Personalizzazione, intesa come quella tecnica che permette di superare il sovraccarico di informazioni, modificando il messaggio di comunicazione in funzione di chi lo deve ricevere.

2. Coerenza, che consiste nell’eliminare dalla propria comunicazione tutti quegli elementi che potrebbero produrre delle contraddizioni o addirittura delle negazioni dei messaggi fondamentali espressi attraverso i diversi canali.

3. Micro-momenti, ossia quei lassi di tempo brevi e unici di particolare disponibilità da parte dell’utente, che i brand devono essere in grado di cogliere, per intercettare i reali bisogni delle persone e provare a dare forma alle loro decisioni e preferenze. Il tutto sfruttando, anche e soprattutto, il device smartphone che, grazie a una situazione di continua connessione (‘always on’), offre molteplici ‘finestre’ di dialogo tra marca e consumatore.  

4. Omnicanalità, presidio di una pluralità di canali, online e offline, concependoli come interconnessi e coordinati. Il tutto all’interno di processi di comunicazione coerenti e rispettosi della fiducia che i consumatori hanno accordato.

A evidenziare l’importanza della personalizzazione è stato anche Massimo Fubini (apri la gallery, foto 3), founder ContactLab, il quale ha messo in luce il meccanismo del ‘data collecting’, ossia quella capacità di far leva sui big data per aumentare il livello di conoscenza dei consumatori e offrire loro un servizio quanto più possibile ‘su misura’ e ‘targettizzato’. Questi i principali elementi che, con il consenso dell'utente, possono favorire una personalizzazione ‘intelligente’ sulla base del suo comportamento: navigazione, cross site cookie, attività di e-commerce, social media, e-mail e acquisti instore.

Mario Garaffa