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Alessandro Baricco: “E’ storytelling tutto ciò che dà aerodinamicità ai fatti”

Dobbiamo smettere di pensare che la narrazione sia solo il ‘C’era una volta’. Se lo storytelling si limitasse solamente al ‘raccontare cose’, sarebbe piuttosto povero. Lo storytelling si annida anche dove ci sono i fatti. Fatti e narrazione compongono indissolubilmente la realtà. Comunica in maniera efficace chi, oggi, sa far affiorare un fatto in superficie, rendendolo ‘aerodinamico’. Perché bisogna sempre sapersi appoggiare al vento del cambiamento, come se si fosse in barca a vela.

Una masterclass aperta agli addetti ai lavori della comunicazione per portare la conversazione sullo storytelling di marca a un livello più avanzato grazie al contributo di uno dei più celebri scrittori italiani, Alessandro Baricco, fondatore della Scuola Holden di Torino.

Durante l’annuale Summit organizzato da OBE – Osservatorio Branded Entertainment diretto da Anna Gavazzi, FUSE, gold sponsor dell’evento, ha aperto le porte del format in una ‘due ore’ no stop in cui lo scrittore ha spiegato alla platea che cosa s’intende, oggi, con il termine storytelling - spesso usato a sproposito - e come ‘narrare’ un brand.

“Innanzitutto, partiamo da una micro mappa che oggi si rivela completamente inutile: Chi lavora nella comunicazione intende lo storytelling come qualcosa che si racconta. C’è, poi, chi sa ‘raccontare bene’ e chi invece non sa raccontare. Ecco, in realtà, il racconto non può prescindere dai fatti e viceversa. La sola narrazione è sempre un po’ equivoca e truffaldina.

Per cui, il primo sforzo che vi chiedo di fare, è quello di ‘sfilare via i fatti dalla realtà e, quel che resta, è storytelling’. Non è così complicato: possiamo semplificare dicendo che esiste una realtà e questa realtà è sempre composta da fatti e narrazione”.

Ovviamente, poi, il bilanciamento tra fatti e narrazione varia a seconda del nostro topic. “Facciamo un esempio banale ma chiaro: se andate a fare una gastroscopia, sul referto troverete una comunicazione asciutta e precisa, tutta sbilanciata verso i ‘fatti’. Tuttavia, anche in quel testo vi sono componenti narrative e di storytelling, perché è interpretato e scritto da esseri umani. Se ci è difficile comprenderlo, chiamiamo subito il nostro medico di fiducia perché ce lo traduca in un linguaggio più ‘comprensibile’. Ed ecco, di nuovo, dello storytelling che cerca di ribilanciare l’equilibrio tra fatti e narrazione”.

Lo storytelling è ovunque. Anche il nostro modo di vestire è una delle principali fonti di storytelling, il risultato è frutto di anni di accumulo nell’armadio. Ancora, l’economia ha una forte componente di storytelling perché si basa sui comportamenti della gente sulla spesa, una delle cose più irrazionali al mondo. E ‘tutto un equilibrio. “Quindi, quando le aziende pensano di fare storytelling semplicemente raccontando la loro storia, coprono all’incirca il 30% di ciò che io chiamo ‘narrazione’. C’è molto, molto di più da scoprire, da dire, da comunicare”.

“E’ una grande fortuna il fatto che lo storytelling sia la somma di fatti e narrazione. Se lo storytelling si limitasse solamente al ‘raccontare cose’, sarebbe piuttosto povero.
Invece, esistono tantissimi strumenti per raccontare. Lo storytelling si annida anche dove ci sono i fatti. Tutto racconta, anche gli oggetti, le sedie, un muro... Perfino il colore della pasta, pensate al pesto. Il colore del pesto racconta molto. I nomi raccontano moltissimo: Baci Perugina, pensate che volevano chiamarli Pugnetti”.

Oggi la rivoluzione digitale ha cambiato il nostro approccio al mondo e allo storytelling. “Prendiamo quello che ci serve: un valore che definirei ‘la quantità di movimento presente nel sistema’. Che movimento? Tutto. Idee che viaggiano, denaro che gira, gente che si sposta… tutto si muove e si muove moltissimo. Abbiamo scelto che il coefficiente di movimento del sistema aumentasse drasticamente, in contrapposizione al secolo precedente dove c’erano stati tanti conflitti a causa della mancanza di passaggio delle informazioni. Ora, al contrario, tutti i messaggi passano. Tutti possono esprimere pubblicamente la propria opinione di fronte a una platea potenzialmente infinita. Abbiamo immesso una grandissima quantità di movimento che ha reso il sistema esasperatamente instabile, e tutti noi siamo sempre ‘in ritardo’, perché quando abbiamo trovato la soluzione, è già tempo di cambiare”.

In questo sistema complesso, le ‘cellule’ che lavorano sono immensamente più numerose di quelle che lavoravano prima, tutti sono diventati player. Ed è qui che bisogna saper emergere. “Ogni giorno soltanto delle parti di realtà si fanno strada nel caos e riescono ad arrivare sulla superficie del mondo e a essere colti. Ogni giorno, ci svegliamo e corriamo per arrivare in superficie. E i primi a restare indietro sono quelli che non rinunciano alla loro vecchia tattica di gioco. Abbiamo tutti una capacità di scivolare in questo ‘game’ e di tornare in
superficie con velocità. Ecco, la narrazione oggi è tutto ciò che porta un fatto a salire in superficie”.

I fatti che appaiono sui giornali hanno un potere aerodinamico tale che permette loro di salire in superficie. Questa capacità di salire in superficie in un sistema veloce come quello odierno noi, oggi, la chiamiamo STORYTELLING. “Le notizie che ‘vincono’, non sono necessariamente le più importanti, ma quelle più aerodinamiche, ovvero quello che riescono ad arrivare alla superficie. Siamo pazzi? No, sono le regole del gioco di oggi. E’ storytelling, quindi, tutto ciò che dà aerodinamicità ai fatti. E’ evidente che lo storytelling nasce non solo nell’istante stesso in cui tu fai qualcosa, ma nasce prima che tu faccia qualcosa. Non c’è soluzione a ciò. In questo senso, oggi la mente che costruisce un futuro efficace è una mente capace di generare fatti e storytelling simultanei, quando per anni abbiamo separato i due elementi. E chi costruisce fatti e racconti insieme deve avere la capacità di percepire continuamente le altre narrazioni che stanno accadendo e ‘appoggiarsi’. Come in barca a vela ci si ‘appoggia’ dove tira il vento, continuamente. Bisogna essere in grado di costruire con consapevolezza fatti e narrazioni e, nel frattempo, sapersi appoggiare al vento. Il mondo in cui viviamo è fatto da pochi personaggi illuminati così. Queste sono le loro tre capacità. E’ quasi un marchio di fabbrica. E, sì, sanno salire in superficie molto più facilmente”.


Serena Roberti