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NC. Agenzie indipendenti, creatività 'Out of the Box'

Ritorna l'inchiesta sull'imprenditoria della comunicazione Made in Italy. Le realtà nostrane sono oggi sempre più richieste anche dai grandi brand, nazionali e internazionali, che le scelgono soprattutto per progetti 'fuori dagli schemi'. La ricetta di questo successo? Un mix di estro, elasticità, partnership e approccio consulenziale.

Non solo clienti nazionali: è questo il primo mito da sfatare quando si parla di agenzie italiane indipendenti. Perché se è vero che in passato erano principalmente le Pmi a rivolgersi a queste strutture, oggi è sempre più frequente che i grandi brand internazionali ricorrano a sigle locali con maggiore interesse per sviluppare progetti innovativi e unconventional. Basta guardare il portafoglio clienti di molte delle strutture interpellate in questa inchiesta per rendersene conto: grandi aziende italiane operanti anche all’estero, o spesso multinazionali estere che scelgono un partner italiano indipendente per soluzioni di comunicazione che spaziano in diversi ambiti, dal digital agli eventi, a tutte le diverse sfumature del below the line.

“Questo processo evolutivo è in atto ormai da diversi anni - sostiene Carlo Boldrini, ceo PilAssociati -.Andiamo verso strumenti di comunicazione sempre più globali e sempre più misurabili. Ne consegue che il partner di comunicazione più giusto per un’azienda diventa quello in grado di avere un linguaggio privo di ‘localismi’ e che porti ‘risultati’ a prescindere dalla sigla”.

“Ideal è un’agenzia indipendente e internazionale allo stesso tempo, e in questa sua doppia veste viene chiamata a competere con i più prestigiosi player multinazionali - aggiunge Stefano Capraro, ceo Ideal Comunicazione -. Questo è sintomo di una tendenza oramai inarrestabile, che vede una  sempre minore differenza di output creativo tra grossi gruppi di comunicazione e agenzie indipendenti. Ai bandi di gara siedono allo stesso tavolo entrambe le realtà perché oggigiorno a fare la differenza è l’idea e l’approccio strategico, non il numero di sedi o dipendenti. Certo, un fitto network e consolidate relazioni internazionali possono rivelarsi molto proficue, ma non esiste più quel gap culturale che, fino a 10 anni fa, pareva insormontabile”.

Che appartengano alle grandi holding o che siano indipendenti, dunque, le agenzie vengono scelte per la propria capacità di sviluppare iniziative efficaci e misurabili, che raggiungano i risultati. Detto questo, c’è da capire perché oggi la scelta cada sulle strutture indipendenti, molto più che nel passato.“Credo sia soprattutto per la flessibilità e la capacità di reazione alle richieste dei clienti - spiega Elena Schiaffino, partner and head of sales Engitel -. La catena corta che di solito contraddistingue le realtà indipendenti permette ai clienti, anche internazionali, di conoscere e intervenire tempestivamente anche in corso d’opera e di chiedere quell’innovazione, anche disruptive, che le realtà indipendenti possono permettersi di offrire”.

“Concordo e trovo le motivazioni di questo trend nella maggiore elasticità e rapidità di azione - aggiunge Manlio Romanelli, presidente e amministratore delegato M-Cube -, che consente agli operatori indipendenti la tempestiva applicazione dinamica delle tecnologie più attuali e innovative, e anche la capacità di sintonizzarsi più velocemente sulla sensibilità del consumatore”.

Un discorso simile vale anche per le agenzie media. Come testimonia Valentino Cagnetta, ceo Media Italia:“Con le strutture indipendenti, il cliente ha la possibilità di lavorare con il top management, che è coinvolto direttamente nel business, beneficiando così della flessibilità e della capacità di reazione di tutta la struttura, che, contrariamente alle grandi agenzie dei network, ha una scala gerarchica incredibilmente corta. Non c’è un soggetto astratto, una holding che sta a decine di migliaia di chilometri di distanza e che non espone il viso di nessuno, ma degli imprenditori che ci mettono letteralmente la faccia, e che devono conquistarsi la fiducia dei clienti sul territorio”.

Mattel

 Un altro fondamentale aspetto è quello della conoscenza del territorio locale, che per i brand internazionali o i big nostrani che vogliono comunicare in Italia è di primaria importanza.“I player locali possono vantare una conoscenza del mercato italiano e delle sue sfumature, anche culturali, che spesso le grandi agenzie internazionali non hanno - spiega Lorenzo Castelnuovo, ceo e partner Early Morning -. Essere piccoli e ‘indipendenti’ aiuta ad avere una maggiore sensibilità su quelle che sono le tendenze locali. (Tra i clienti dell'agenzia c'è Mattel).

E poi c’è l’Italian Touch, quel gusto che ancora, per fortuna, ci viene riconosciuto”. La flessibilità e la rapidità di reazione, insieme all’approccio consulenziale, sono dunque fra gli elementi principali che spingono i grandi brand verso le agenzie indipendenti. A questisi aggiunge la forte spinta all’innovazione: come sostiene Diego Lifonti (The Story Group),“di fronte a una maggiore standardizzazione delle proposte della strutture appartenenti a grandi holding, alcune agenzie indipendenti italiane hanno invece compreso che una spiccata creatività e l’innovazione possono essere i fattori competitivi vincenti, forse gli unici che, in questa fase, possono consentire di crescere”. Come è noto, il tessuto economico italiano è fatto anche da tante Pmi, che nelle agenzie italiane trovano spesso i partner ideali per cavalcare le numerose possibilità di comunicazione oggi a disposizione.

Molto spesso, però, l’azienda, una volta affermatasi in Italia, vuole portare il proprio prodotto all’estero e sceglie, per farlo, una struttura di una grande holding.“Un po’ è per colpa del provincialismo italiano - dichiara tranchant Aldo Biasi, presidente Aldo Biasi Comunicazione -: da noi dire che si lavora con un’agenzia internazionale è per un brand motivo di orgoglio. Ma è anche vero che, persbarcare all’estero, un’azienda vuole avere al proprio fianco un’agenzia che opera su vari mercati, con strutture e organizzazioni adeguate”.

 

Non solo Pmi

Un altro mito da sfatare è che le agenzie italiane indipendenti siano di piccole o al massimo medie dimensioni:se fino a qualche anno fa questa era la realtà (con qualche rarissima eccezione), oggi invece in molti casi gli organici delle indipendenti sono più ampi di quelle delle grandi holding.

“Questo perché, per offrire soluzioni complete, dobbiamo gestire molti diversi aspetti, e per questo abbiamo bisogno di personale interno - spiega Giovanni Cova, presidente Qmi Stardust -. Per noi è importante rassicurare il cliente sul fatto che la sua operazione sarà totalmente gestita in casa e non affidata esternamente”.

Questo però comporta per un’agenzia che non ha le spalle coperte da grandi budget una sfida maggiore. Come racconta Emanuele Nenna, co-founder e ceo The Big Now,“la prima conseguenza della crescita è che ci sono più stipendi da pagare. Il che, certamente, genera un po’ di preoccupazione in più, ma è anche il nostro principale  motivo di orgoglio. La sfida quando si cresce è mantenere l’attenzione e la qualità che avevi quando c’erano meno clienti, meno progetti, meno teste e meno braccia al lavoro. Non è facile, ma se si tiene fisso lo sguardo sull’obiettivo, e si lavora per quello, ce la si può fare. Un’agenzia indipendente fa la differenza se, a prescindere dalla sua dimensione, mantiene un approccio vicino al cliente, cosa che le multinazionali spesso non riescono a fare”.

Presente e futuro, la strategia vincente

La Fabbrica

 Alla luce di tutto ciò, dunque, come si deve strutturare oggi un’agenzia italiana per affrontare il nuovo scenario? Le strategie messe in atto dalle realtà interpellate sono tante. C’è innanzitutto chi punta sulla specializzazione in un determinato ambito: è il caso de La Fabbrica, agenzia di brand corporate il cui core business sono i progetti di edutainment come forma di comunicazione per le aziende.“Nel nostro caso la specificità è vincente - spiega soddisfatto l’amministratore delegato Daniele Tranchini -. Noi investiamo tempo, impegno e denaro nel cercare di essere sempre i leader in quest’ambito.Allo stesso tempo, è importante anche avere delle conoscenze per sviluppare progetti ‘rotondi’. Ad esempio, si deve essere in grado di portare il digitale all’interno di un progetto educativo. Per questo abbiamo al nostro interno un reparto dedicato, che cura la creatività e la strategia, mentre per l’implementazione tecnica ci affidiamo a professionisti esterni”. (La Fabbrica ha individuato nel mondo dell’edutainment un’opportunità per sviluppare progetti di comunicazione che mettono la scuola, i giovani e le famiglie al centro (qui un’immagine di un progetto per BioNike)

Un altro caso simile è quello di Qmi Stardust, agenzia italiana protagonista del settore dell’entertainment marketing and communication, che offre ai clienti diverse soluzioni per comunicare nel mondo del cinema e dell’intrattenimento in generale.

L’intrattenimento permette di declinare i messaggi in molti modi diversi - spiega Giovanni Cova, presidente Qmi Stardust -. Nel nostro particolare ambito, però, dobbiamo essere in grado di offrire al mercato competenze trasversali, che vanno dalla creatività al digital alla strategia marketing. Quindi è una scelta obbligata quella di avere all’interno tutte le competenze”.

E poi c’è M-Cube, che ha scelto come campo di operatività l’in-store digital engagement.

Altre agenzie hanno invece deciso di porsi come strutture a servizio completo che offrono diverse soluzioni di comunicazione in qualsiasi ambito,sia tramite realtà interne che appoggiandosi a professionisti esterni.“Oggi si sta creando una separazione tra le agenzie che gestiscono strategie di comunicazione e agenzie verticali che seguono singole attività del processo di comunicazione - spiega Paolo Roncaglia, azionista e business development manager Gruppo Roncaglia -. Noi siamo un’agenzia che ha scelto la prima strada. E, per poter controllare le tante variabili e sfaccettature di una strategia di comunicazione multicanale, occorre avere all’interno professionalità che sappiano governare i diversi strumenti e processi”.

“Occorre competenza specifica, ma anche integrazione tra competenze diverse e complementari tra loro - aggiunge Diego Lifonti, presidente The Story Group -. In The Story Group - Nati per raccontarti abbiamo scelto di concentrarci sui linguaggi, dato che il mercato chiede e chiederà sempre più servizi di creazione e gestione di contenuti. Quindi l’engagement sui contenuti, la brand signature e la videostrategy, presidiate rispettivamente da Lifonti & Company, Cabiria BrandUniverse e Social Content Factory”.

L’importante è che su tutti gli ambiti specialistici vi sia un direttore d’orchestra, con un unico pensiero di insieme e trasversale della comunicazione per il cliente. La pensa così Aldo Biasi (Aldo Biasi Comunicazione), secondo cui“avere una specializzazione è vincente, ma allo stesso tempo rischia di far perdere una visione globale della strategia da adottare. La conseguenza negativa è che uno stesso brand abbia linguaggi diversi per ogni canale. L’ideale sarebbe invece riportare dentro all’agenzia le specializzazioni, mantenendo un nucleo centrale per la strategia e tanti ‘satelliti’ intorno”.

Dato tutto ciò, quale futuro dunque si prospetta per le agenzie italiane indipendenti? Ci sarà ancora spazio per questo tipo di strutture? La risposta è univoca: ci sarà un domani per quelle aziende che saranno in grado di eccellere in innovatività, utilizzo delle tecnologie e creatività. Per dirla con Aldo Biasi (Abc):“Ci sarà spazio solo per chi alzerà l’asticella della qualità. Le agenzie indipendenti dovranno diventare i gioiellieri della comunicazione’. Altrimenti sono destinate a morire”.

 

Ilaria Myr