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NC. Publicis: internazionalità, branded content e social

Sono questi tre i binari principali su cui si basa, oggi, il lavoro dell'agenzia guidata da Bruno Bertelli, che vanta al suo interno molte persone provenienti da diversi Paesi, così come molti clienti non italiani nel suo portafoglio, insieme a case history di branded content diventate dei benchmark internazionali. Pubblichiamo su ADVexpress l'intervista a Bruno Bertelli, ceo & executive creative director Publicis Italia e global chief creative officer Publicis Worldwide, tratta dal numero di giugno - luglio di NC - Nuova Comunicazione.

Il nostro carattere distintivo? L’internazionalità: molti nostri professionisti vengono dall’estero, così come molti nostri clienti. In un mondo ormai senza confini, questo è sicuramente un valore aggiunto”. Parola di Bruno Bertelli, ceo & executive creative director Publicis Italia e global chief creative officer Publicis Worldwide, che in questa intervista tratta dal numero di giugno - luglio di NC - Nuova Comunicazione, racconta in quale direzione si sta muovendo l’agenzia da lui guidata. Reduce, peraltro, da un trionfo a Cannes 2016 con ben 7 leoni vinti, cinque dei quali con la campagna The Dilemma per Heineken, (leggi news), un bronzo vinto con 'Dacia Family Project' nella sezione Promo&Activation, un bronzo nel Media con il  progetto 'Business Booster' per Renault Italia.


Su quali aree, nuove tecnologie e innovazioni state puntando maggiormente come agenzia?

Ci stiamo specializzando nella parte social, che consente di interagire con il target e allo stesso tempo di fare comunicazione di brand. A seguire i progetti sociale in generale quelli digital è un team interno composto da circa 20 persone. Il vantaggio di utilizzare le piattaforme social è che si tratta di un lavoro quotidiano e continuativo. Un altro ambito che stiamo seguendo molto è quello del branded content, che rappresenta senza dubbio un’importante evoluzione della comunicazione.

Secondo quali metodi prendono vita i vostri progetti creativi?

Lavoriamo seguendo la logica del singolo ‘progetto’: ciò significa che per ogni lavoro viene costituito un team guidato da un project leader, che riunisce intorno a sé le figure più adatte per quel determinato progetto. Ciò vale anche nel caso di diversi incarichi per uno stesso cliente: è importante che ogni lavoro abbia a disposizione le giuste professionalità per soddisfare le esigenze del committente.


Quali sono le caratteristiche che vi definiscono e distinguono maggiormente dalle altre agenzie? Sicuramente l’internazionalità: Publicis è l’unica agenzia in Italia a poter dire di essere veramente internazionale. Al nostro interno abbiamo molti professionisti che vengono dall’estero, che occupano posizioni strategiche (tra questi, Polina Zabrodskaya, associative creative director, giurato al Festival di Cannes 2016 nella categoria film, di origine russa, ndr). Ma internazionali sono anche molti nostri clienti: per alcuni, come Heineken e un importante brand di orologi svizzeri, Publicis Italia è l’hub creativo internazionale, mentre per altri, come per esempio Coca-Cola e Renault - sviluppiamo molto spesso progetti europei o worldwide. 
 

Quali sono le coordinate creative di un approccio in grado di coinvolgere davvero le persone in una prospettiva ‘pull’ e non ‘push’?

Devono essere storie che viene voglia di sviscerare: un esempio è ‘The dilemma’, che abbiamo realizzato di recente per Heineken, una case history divertente e curiosa. Tante volte si capisce che dietro a un branded content c’è il brand, mentre la sfida è proprio quella di fare percepire che non c’è alcuna forzatura nell’unione fra il marchio e i contenuti. Dal canto nostro, cerchiamo di sviluppare per ogni cliente ogni anno due progetti importanti di branded content, che vengono poi sostenuti day by day dai social.


Ci descrive due vostre recenti case history?

La prima è ‘Dacia Family Project’, la nuova iniziativa targata Dacia e Udinese calcio, per far tornare le famiglie allo stadio. In occasione dell’incontro tra Udinese e Napoli, tenutosi lo scorso 3 aprile, le due squadre sono entrate in campo affiancate da venti donne in ‘dolce attesa’, che indossavano una maglia speciale con una più piccola a strisce bianconere sulla pancia, per raccontare a tutti che si può costruire ‘famiglia’ senza rinunciare alle proprie passioni, come il calcio e la propria squadra del cuore. Non solo, per la prima volta un intero settore dello stadio è stato dedicato esclusivamente a coppie di tifosi dell’Udinese in attesa di un bimbo. L’altra case history è ‘Tutorial for Good’ di Leroy Merlin, la prima grande iniziativa dedicata alla responsabilità sociale di Leroy Merlin, che, in un’ottica di condivisione, progettazione e confronto, vuole proporsi come luogo virtuale di incontro fra i differenti stakeholder interessati. I ‘Tutorial for Good’ sono stati girati in occasione della ristrutturazione della sala comune di Casa della Carità, realizzata dai suoi ospiti insieme al supporto dei dipendenti Leroy Merlin. L’iniziativa fa parte del progetto ‘Bricolage del cuore’, che vede ogni anno centinaia di dipendenti dedicare una giornata lavorativa ad attività di volontariato a favore di organizzazioni non profit, scuole, centri di aggregazione sociale nelle aree di prossimità dei 47 punti vendita Leroy Merlin.