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Voices from Storytelling by The Story Group – Nati per Raccontarti. Lo Storytelling e le nuove tecnologie, tra esperienza e racconto

Nella rubrica su ADVexpress a cura del gruppo composto da Lifonti&Company, Cabiria BrandUniverse e Social Content Factory, un excursus storico dedicato allo storytelling, con un focus sulle più grandi innovazioni, dal video ai social network, alla realtà virtuale e aumentata agli eventi multisensoriali.

Prosegue con una nuova puntata, su ADVexpress, la rubrica 'Voices from Storytelling' a cura di The Story Group – Nati per Raccontarti.

Una finestra che vi aggiornerà su trend, numeri, novità e notizie riguardanti lo storytelling, una forma di comunicazione sempre più centrale nelle strategie di brand.

Un osservatorio aggiornato grazie alle competenze e specializzazioni di Lifonti&Company, Cabiria BrandUniverse e Social Content Factory che insieme formano The Story Group – Nati per Raccontarti. Un team di comunicatori in costante evoluzione, nato per raccontare le migliori storie d’impresa e di brand con tutti i linguaggi della comunicazione contemporanea: parola, visual e video.

Dal Pleistocene all’era dell’Informatica il genere umano si è evoluto raccontando storie, sempre in cerca del modo più efficace per lasciare una traccia ai successori. Molte ragioni hanno guidato la scelta di lasciare un segno sul mondo attraverso queste narrazioni: curiosità, celebrazione, intrattenimento, cronaca, fede, volontà propiziatoria.

Ma ciò che accomuna tutte queste attività narrative è probabilmente un altro aspetto: la funzione delle storie è da sempre quella di offrire a tutti un modo per allontanarsi dalla normalità della vita quotidiana.

Come diceva Umberto Eco, "chi legge avrà vissuto milioni di vite, chi non legge solo la propria”: storie e racconti ci coinvolgono, ci distraggono, ci divertono o ci fanno riflettere.

In Italia lo sappiamo bene: non a caso la nostra lingua porta in sé modi di dire come “questa storia mi ha rapito” e “sono immerso nella lettura”.

E’ il modo in cui le storie vengono raccontate che è cambiato nel tempo: si è passati dai graffiti di Lascaux ai miti scolpiti sui grandi templi dell’antichità, dagli aedi greci ai cantastorie, dall’affresco alla pittura, dalle prime edizioni a stampa all’editoria, al giornalismo, alla televisione, ai contenuti online.

Oggi il nome che diamo a questa attività, soprattutto in ambito aziendale, è storytelling: la capacità di saper raccontare storie di brand e di impresa attraverso strumenti sempre nuovi e adatti ai gusti del pubblico, capaci di coinvolgere i membri delle crowd culture di riferimento delle aziende con contenuti di qualità il cui scopo è, in definitiva, la creazione di un legame. Le storie sono un modo per riscoprire la condivisione di valori, identità e opinioni che, in un mondo sempre più disintermediato, diventano i soli punti di riferimento che ci restano.

La trasformazione delle modalità di racconto e narrazione, però, è ancora in corso, spinta dalle continue evoluzioni tecnologiche che giorno dopo giorno condizionano, strutturano e talvolta rivoluzionano il nostro modo di accedere a queste storie e di farci intrattenere.

Se si vuole raccontare bene, mantenere un costante aggiornamento è fondamentale. Nel corso di questo articolo, osserveremo alcune delle innovazioni più promettenti nell’ambito dello storytelling, per tracciare una mappa del tipo di racconti che “ascolteremo” da qui a qualche anno.

La prima evoluzione, che alcuni diranno scontata, è che non abbiamo mai vissuto in un’epoca più “visiva” dell’attuale. L’introduzione e il successo di app quali Instagram, Snapchat e Facebook hanno completamente cambiato – o sono al lavoro per cambiare – il modo in cui comunichiamo uno con l’altro. Che si tratti di video, di stories o di gif, oggi abbiamo accesso a quasi tutto ciò che vogliamo vedere, quando lo vogliamo. Gli smartphone sono venduti a prezzi più bassi e diventano ogni giorno di più il principale strumento attraverso cui accediamo a questi contenuti, producendoli a nostra volta. I video, in particolare, si stanno rivelando gli strumenti portanti di questa nuova generazione di storytelling, capaci di generare un’attrazione e un coinvolgimento molto più efficaci rispetto a strumenti più tradizionali. Non a caso, lo sentiamo spesso, molti brand stanno diventando sempre più simili a media company: editori, produttori e broadcaster di un flusso quasi ininterrotto di format e contenuti.

Con la diffusione dei video, anche il modo di raccontare storie è cambiato: non è solo il punto d’arrivo delle storie ad essere importante (“si sa, una bella storia è definita da un bel finale”), ma è il modo in cui il pubblico viene portato a vedere la fine del nostro lavoro – soprattutto in un’epoca di fruizione rapida e “distratta” attraverso device mobili – a costituire la posta in gioco dello storytelling. La journey, il viaggio, l’esperienza a cui invitiamo lo spettatore è diventato importante tanto quanto il contenuto della nostra storia.

Anche il modo in cui le storie dei nostri clienti sono raccontate evolve giorno dopo giorno. Mantenendoci sul piano del visual, pensiamo semplicemente all’uso dei colori. Fino ad oggi, la nostra capacità di riprodurre i colori del mondo su uno schermo è stata ridotta, perfino con i monitor più evoluti. Ma con l’arrivo della nuova generazione di schermi, a tecnologia OLED, queste limitazioni sono destinate a scomparire. Finalmente, le immagini e i video saranno proiettati con maggiore precisione e aderenza all’idea originale di chi ha prodotto questi contenuti. Una nuova sfida per creativi, designer e videomaker: una storia proiettata su questi schemi sarà tanto più coinvolgente quanto più sarà realistica, anche da un punto di vista grafico e cromatico.

Un’evoluzione tecnologica che, affiancata alla sempre maggiore diffusione dei social network, ci racconta  della diffusione di un nuovo dizionario visivo che è già evidente nelle modalità di comunicazione utilizzate dai più giovani come i millennials. Anche i brand, consci di questa necessità stanno imparando a tradurre i propri messaggi in questa nuova grammatica visiva. Una trasformazione che avrà significative influenze sull’intera brand experience, che sarà, per fare un solo esempio, sempre più indipendente dal luogo fisico: presto o tardi parleranno – e noi con loro – solo attraverso il linguaggio universale delle immagini.

Immagini e video rappresentano anche le sintassi di un’altra rivoluzione che ci attenderà nei prossimi anni: quella della realtà virtuale e aumentata.

Della VR, se ne parla da diversi anni, quasi sempre al futuro. Eppure, alcuni di questi video sono già visibili attraverso device come Oculus Rift, Playstation VRs, HTC Vives, Sambung Gear VR, Google Dream View e il molto pubblicizzato Google Cardboard.

Qual è la portata di questa trasformazione? La realtà virtuale e la sua sorella, la realtà aumentata, stanno aprendo le porte ad una nuova modalità di storytelling sempre più vicina al concetto di esperienza immersiva, dove i destinatari saranno parte integrante della storia narrata. Se ci pensiamo bene, si tratta della definitiva rottura del muro di separazione tra il produttore delle immagini e lo spettatore: una trasformazione che è già possibile percepire dai contenuti pubblicati, per esempio, dal New York Times attraverso i video racconti dei suoi giornalisti. Consigliamo di vedere, a questo proposito, il video reportage sulla battaglia di Falluja, disponibile anche su Youtube.

Una tipologia di contenuti, resa possibile dalle nuove tecnologie, che apre anche a nuovi format di evento.

Pensando a contesti nei quali i partecipanti sono sottoposti a flussi di immagini, parole e suoni, è già possibile immaginare che la brand experience del futuro sarà fatta di eventi multi-sensoriali, in cui stimoli fisici (impulsi tattili, pressione dell’aria, temperatura della stanza, profumi) si assoceranno alle più classiche sintassi visive e uditive, per creare esperienze memorabili ed evocative. Senza contare i possibili sviluppi del location mapping, che fornirà agli organizzatori di eventi nuovi dati sui comportamenti e gli interessi del pubblico, in tempo reale.

Tempo reale. Ecco un altro termine che diventerà pane quotidiano dello storytelling di domani. I social media stanno cambiando il modo in cui raccontiamo e condividiamo le nostre storie anche perché rendono possibile a chiunque di diffonderle con facilità. Abbiamo citato Snapchat, Instagram e Facebook Live. Ad essi potremmo aggiungere Periscope. Piattaforme che permettono anche ai destinatari di condividere, commentare o mostrare le proprie reazioni attraverso (eccoli di nuovo) gli emoji, i caratteri della nuova grammatica della comunicazione visiva.

Da non sottovalutare, infine, è il ruolo che i device mobili stanno acquisendo come Second Screen, complementare – e talvolta prioritario – rispetto al first screen da cui siamo soliti ricevere contenuti video: la televisione. Quando twittiamo dal nostro divano di fronte all’ultima puntata della nostra serie preferita, alle partite di calcio, ai talkshow, stiamo già costruendo insieme un nuovo tipo di esperienza, in cui il second screen viene nutrito di contenuti che ampliano la tradizionale fruizione televisiva.

Gli spettatori saranno sempre più affamati di contenuti istantanei correlati a quello che stanno vedendo in quel momento: una nuova modalità di coinvolgimento che permetterà da una parte di raccogliere dati sul pubblico e dall’altra utilizzare i second screeen come piattaforme di engagement e interattività, per capire in tempo reale cosa funziona e cosa no.

Un’evoluzione che darà al termine storytelling una nuova declinazione in tempi molto brevi, stimolando e sfidando gli utenti ed i brand ad imparare ad utilizzare queste tecniche nel modo giusto.

Tenendo presente che gli strumenti e le tecnologie per creare le storie che racconteremo nei prossimi anni continueranno ad evolversi, diventando sempre più potenti e personalizzabili.

Perché siamo noi stessi utenti a dimostrare quotidianamente quale impatto e quale forza le belle storie hanno su ciascuno di noi.