Programmatic

IAB Europe: il mercato europeo del programmatic adv ha raggiunto lo scorso anno i 16,7 miliardi di euro (+33% vs il 2017). Social mezzo dominante, ma display e video crescono oltre la media

L’analisi dell’andamento degli investimenti in programmatic, accompagnato dalla quinta edizione del report sull’Atteggiamento verso il Programmatic Advertising, entrambi pubblicati da IAB Europe, forniscono un quadro esaustivo del panorama europeo, quantificando il mercato e soprattutto indicandone le linee di sviluppo strategico, i trend di adozione e i principali ostacoli alla sua ulteriore crescita.

Secondo i dati pubblicati da IAB Europe, il programmatic è diventato fin dal 2016 il principale metodo di trading della pubblicità online: su un totale mercato del digital advertising che ha superato nel 2018 i 23 miliardi di euro, ben 16,7 miliardi sono stati quelli transati in modalità programmatica, pari a una crescita del +33% rispetto al 2017.
Lo scorso anno, oltre il 70% del display e più del 50% del video sono stati acquistati/venduti attraverso piattaforme di programmatic adv. Il Social è il mezzo che domina lo scenario: escludendolo dal totale, tuttavia, la crescita del mercato rimane ragguardevole e tocca il +26,6% (raggiungendo un valore di 5,5 miliardi di euro).

“L’industria del programmatic – ha dichiarato Townesend Fehan (nella foto), CEO di IAB Europe, annunciando i nuovi report – sta attraversando una fase di rapida trasformazione per continuare a fornire un ambiente sicuro agli inserzionisti, un’esperienza postiva ai conumatori e il rispetto di tutte le nuove regolamentazioni in materia in tutto il mondo. Nel contesto di questa evoluzione, è incoraggiante osservare come la maggioranza assoluta degli stakeholder (ndr: aziende, agenzie, publisher e società di ad-tech) si aspetti un
incremento degli investimenti in programmatic fino al +80% nei prossimi 12 mesi. In particolare, le are di crescita principale riguardano il Digital OOH, l’Audio e le Tv Connesse”.

Queste le principali evidenze emerse dallo studio Attitudes to Programmatic Advertising:
 Continua la spinta per avere un ambiente sicuro e di qualità per l’advertising
 L’adozione dei file ads.txt è sufficientemente consolidata fra i publisher, ma ancora bassa sul lato dei buyer
 Talenti e capacità sono ancora un freno per nuovi investimenti
 La trasparenza della supply chain rimane un problema
 Il numero di investitori che ha portato ‘in house’ le operazioni legate al programmatic ha superato quello degli advertiser che si affidano in outsourcing alle agenzie
 Il programmatic continua a rappresentare un catalizzatore per la pianificazione di campagne su larga scala
 Alla luce del GDPR, gli stakeholder tendono a ricorrere sempre più a dati di prima parte,
marketplace privati e targeting contestuale

Ads.txt è la lista di Authorized Digital Sellers che garantisce agli acquirenti di adv online di comprare da società effettivamente autorizzate dai publisher: il report di IAB Europe ribadisce come sia sorprendente che solo il 6% degli advertiser e il 26% delle agenzie comprino la maggior parte degli spazi senza curarsi di tale ‘certificazione’ (disponibile anche come apps-ads.txt in ambito mobile). Fra gli editori, infatti, ben il 56% vende più dell’81% della propria inventory utilizzando ads.txt, e ciò mette in evidenza la necessità di aumentarne l’awareness e l’utilizzo presso chi acquista e pianifica.

“Appare chiaro – commenta Fehan – che i talenti, la scarsa adozione di Ads.txt e l’assenza di trasparenza della filiera rappresentano un freno a questa crescita, e IAB Europe intende intervenire e discutere con i suoi membri proprio queste tematiche”.

Lo studio indica poi come il mercato si stia chiaramente orientando verso modelli di programmatic trading sempre più ibridi, cambiando gli equilibri fra operatività in house o in outsourcing. Anche in questo caso sono gli advertiser ad andare più lentamente: il 65% dei publisher si è infatto già dotato di una piattaforma interna (era il 50% nel 2018), così come il 66% delle agenzie media dispone di un trading desk proprietario (il 62% lo scorso anno). Le aziende sono ferme: il 32% utilizza partner esterni (nel 2019 come nel 2018), anche se il numero di chi effettua il trading in house ha superato quello di chi non lo fa. Da notare come per la prima volta il 7% delle aziende citi fra i propri partner le società di consulenza (una tipologia del tutto assente nel 2018).

In termini di misurazione, infine, secondo i buyer le vendite continuano a rappresentare il KPI fondamentale per valutare il ritorno dei propri investimenti in programmatic display. Ciò può essere attribuito in gran parte a un cambiamento più generale di tutto il mercato pubblicitario, con le agenzie che stanno spostando sempre di più il proprio focus dalle impression alle action, confezionando le campagne su misura in relazione ai principali obiettivi di business dei brand.

 

Tommaso Ridolfi