Programmatic

Programmatic: crescono gli investimenti e la domanda di trasparenza

Secondo una ricerca condotta dalla World Federation Of Advertisers – l’associazione che raggruppa i principali investitori pubblicitari di tutto il mondo – il mercato del programmatic continua a essere dominato dai trading desk d’agenzia, ma gli utenti chiedono sempre più spesso relazioni e contrattualistica più trasparenti. Secondo Matt Green, Global Media & Digital Marketing Lead WFA, la seconda generazione dei modelli di programmatic che si sta sviluppando darà alle aziende maggiori possibilità di scelta e maggiori garanzie.

“Il programmatic è cresciuto molto rapidamente – afferma Matt Green (nella foto), Global Media & Digital Marketing Lead WFA (World Federation of Advertisers) –, e non c’è da stupirsi se il mercato e gli stessi meccanismi che i grandi brand adoperano per investire attraverso questo canale si stiano evolvendo. Come dimostrano la crescita delle piattaforme in-house, dei modelli ibridi e dei trading desk indipendenti, il modello di trading originario lasciava parecchio a desiderare. Oggi si sta costruendo la seconda generazione del programmatic, e anche se i trading desk delle agenzie continuano ad assorbire la share principale degli investimenti digital, sono nate e si stanno diffondendo alternative concrete e capaci di offrire ai marketer un maggior controllo sui dati e le tecnologie insieme a una forte spinta verso una maggior trasparenza. Tenendo presente che ci sono vantaggi e svantaggi in ciascuno dei possibili approcci, e che i brand dovrebbero prima identificare i principi strategici fondanti del loro business sulla base dei quali, poi, decidere e gestire la scelta dei partner”.

I principali modelli e il mercato

Secondo il sondaggio condotto dalla WFA (World Federation of Advertisers) fra 59 dei suoi membri (un campione rappresentativo di 18 settori merceologici diversi e i cui investimenti pubblicitari totali superano globalmente i 70 miliardi di dollari), gli Agency Trading Desk (ATD) si confermano il modello dominante nel mercato del programmatic buying, rappresentando la modalità principale di approccio a questo genere di acquisto di spazi per circa il 40% dei principali brand mondiali.

Tutte le aziende interpellate stanno aumentando il livello di spesa in questo settore: circa il 16% del totale degli investimenti digital passa oggi da piattaforme programmatiche (era il 10% nella precedente indagine del 2014). Per aree geografiche, con il 23% sul totale, gli USA sono come previsto leader, seguiti dall’Europa (dove il 17% degli investimenti digital avviene in programmatic), mentre la Cina appare ancora indietro (12%) ma con ampie prospettive di crescita soprattutto grazie alla diffusione dei private marketplace.

Sommando la percentuale di risposte di chi usa principalmente gli ATD e quella di chi li adopera solo in alcuni mercati si ottiene un totale vicino al 70%: poiché però i diversi modelli non si escludono vicendevolmente, il report sottolinea come anche l’utilizzo di Trading Desk Indipendenti (ITD) – utilizzati dal 46% degli operatori – sia cresciuto di ben il +12% rispetto alla precedente rilevazione, e che raggiungendo ormai circa il 20% degli intervistati ancor di più sia cresciuto inoltre il ricorso ai modelli ‘ibridi’, quelli cioè che prevedono il ricorso a piattaforme ‘in house’, gestite direttamente dalle aziende e che fino a due anni fa erano solo una esigua minoranza.

 

Esigenza di trasparenza

Uno dei temi portanti del boom del trading pubblicitario digitale è quello della continua ricerca di una maggior trasparenza: da questo punto di vista, con il programmatic di seconda generazione si sono visti dei miglioramenti, tanto che oggi il 29% degli utenti si dichiara soddisfatto del livello di trasparenza offerto dai Trading Desk di Agenzia (era il 21% nel 2014), mentre il 50% circa dichiara di esserlo nei confronti dei Trading Desk Indipendenti (rispetto al 36% della scorsa indagine).

Nell’ultimo biennio, inoltre, nonostante il 51% continui a utilizzare i desk ‘tradizionali’ delle grandi holding (Xaxis di WPP, Accuen di Omnicom o Cadreon di IPG), è in molti casi cambiato il livello a cui i clienti si interfacciano con le pittaforme di programmatic, ed è salito al 42% dei rispondenti il numero di chi lavora a diretto contatto con le agenzie anziché con le holding. Un cambiamento, spiega il report WFA, guidato dalla richesta/necessità dei clienti di mantenere relazioni lavorative ravvicinate e quotidiane fra i propri team dedicati al programmatic buying e i team delle agenzie, assicurandosi rapporti più armoniosi e una reportistica semplificata.

Emerge poi chiaramente come la gran parte degli utenti respinga l’idea che le agenzie media o le loro holding di riferimento possano assumere il ruolo di ‘broker’ (quello che i report sulla trasparenza dello scorso anno definiscono ruolo ‘principal’), acquistando cioè direttamente dai media gli spazi che rivenderanno successivamente ai clienti applicando un mark up (spesso non quantificato o quantificabile). Il 62% degli intervistati ha dichiarato di non essere d’accordo con la frase “abbiamo volontariamente optato per il principal trading siamo fiduciosi rispetto ai potenziali conflitti d’interesse”. Solo il 9% si è detto d’accordo.

Occorre però fare attenzione, avverte il report WFA, perché si tratta di un’area parecchio complessa: se il 53% degli utenti ha dichiarato di avere una relazione programmatica “chiara e trasparente”, il 33% ha ammesso che il modello implementato dal proprio trading desk chiaro e trasparente non lo è affatto, e un ulteriore 34% ha sottolineato come negli attuali contratti fra cliente e agenzia non ci sia alcuna clausola di salvaguardia rispetto alla possibilità di brokeraggio o di ‘principal trading’ da parte dell’agenzia o della holding. Da tutto ciò deriva che molte aziende – il 90%, stima WFA – stiano rivedendo e rinegoziando gli accordi per chiarire la loro posizione su questi argomenti a livello contrattuale, esigendo maggior controllo e trasparenza.

Gli altri key trend individuati dal report

Il display continua a raccogliere la quota maggiore di investimenti in programmatic

Al desktop è destinato circa il 38% degli investimenti in programmatic (ma il 45% degli intervistati dichiara che la sua spesa in quest’area è destinata a scendere nel corso di quest’anno); per contro, il mobile ha attualmente una share del 25% (comprendendo sia display che video), ma secondo il 98% del campione è destinato a crescere, e in particolare per il 61% a crescere ‘moltissimo’.

• Crescono i marketplace privati

L’evoluzione del mercato è in direzione di ambienti chiusi o privati che offrono maggiori garanzie di inventory di qualità. Un quarto degli intervistati dichiara di star disinvestendo dalle piattaforme e dagli exchange ‘aperti’, il 67% di voler riallocare i propri budget in direzione di marketplace privati, il 52% di aver incrementato la spesa sui private exchange che offrono l’opportunità di prezzi fissi.

Cresce la richiesta di spazi di qualità

L’inventory di qualità è sempre più richiesta, ma più della metà degli intervistati da WFA ha dichiarato che solo il 50% o meno degli spazi pianificati in programmatic fino a oggi puà essere definbile come ‘premium’. Il 9% degli utenti dice invece di utilizzare inventory premium per il 100% dei propri investimenti.

 

Tommaso Ridolfi