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La Milano Fashion Week fa i conti con il Coronavirus: assenti 1000 operatori cinesi. Capasa (Camera Moda): “Potrebbe essere l’anno nero del lusso, con una perdita stimata in 230 mln di euro”

I consumatori cinesi rappresentano più di un terzo del mercato del lusso. Secondo i dati diffusi da Promos Italia, l’agenzia per l’internazionalizzazione della Camera di Commercio di Milano, la Cina è l’ottava destinazione dell’export del fashion italiano: a rischio c’è un settore da 71,7 miliardi di euro.

Lunedì 24 febbraio è l'ultima giornata della settimana della moda milanese, che per la prima volta ha fatto i conti con il temibile Coronavirus. A causa dell’epidemia che sta affliggendo il paese del Dragone mille operatori cinesi non hanno potuto essere presenti, l’80% del totale dei buyers, giornalisti e addetti ai lavori della moda. 

Per loro Camera della moda ha varato l'iniziativa 'China we are with you', che permette di seguire le sfilate anche da remoto: "alla settimana virtuale trasmessa in Cina stanno partecipando fino ad oggi 11 milioni e mezzo di persone, che sono quelle attive nella nostra live room"ha dichiarato il presidente di Camera Moda Carlo Capasa.

China, we are with you lo slogan scelto come messaggio di solidarietà nei confronti della Cina da questa edizione della manifestazione, che fa aprire le sfilate autunno-inverno per la prima volta a uno stilista cinese, Han Wen, che è riuscito ad arrivare nel capoluogo lombardo. 

I consumatori cinesi rappresentano più di un terzo del mercato del lusso. Facendo un paragone con l’epidemia della Sars, tra il 2002 e il 2003, Capasa ha dichiarato: “Nel 2002 le esportazioni italiane di moda verso la Cina erano diminuite del 20% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Riportando questo calo percentuale al primo trimestre 2020, la perdita in tre mesi sarebbe prossima a cento milioni, espandendo l’effetto a un semestre si arriverebbe a circa 230 milioni di euro“. Secondo i dati diffusi da Promos Italia, l’agenzia per l’internazionalizzazione della Camera di Commercio di Milano, la Cina è l’ottava destinazione dell’export del fashion italiano: a rischio c’è un settore da 71,7 miliardi di euro

Chi è rimasto a casa ha potuto vedere tutte le sfilate in diretta streaming tramite una piattaforma messa a punto dalla Camera della Moda, così si da permettere a giornalisti, influencer e compratori di conoscere, recensire e acquistare i capi delle prossime collezioni invernali, che arriveranno nei negozi nell’autunno del 2020. 

Le assenze hanno avuto conseguenze negative per tutto l'indotto di uno degli eventi che solitamente permette ad albergatori e ristoranti di fare il tutto esaurito. Il centro studi di Confcommercio stima una possibile perdita dello 0,3% del Pil per via del coronavirus. 

Anche le altre grandi piazze della moda hanno dovuto affrontare le conseguenze del coronavirus. In Inghilterra, Yuhan Wang, designer londinese nata in Cina, ha dovuto modificare all’ultimo la collezione, visto che l’azienda che si occupava della manifattura ha chiuso i battenti alla fine di gennaio. Il marchio Asai ha dovuto cancellare la sua presenza: i capi che aspettava da Shangai non sarebbero mai arrivati in tempo per via dei ritardi delle spedizioni. A New York, Lena Luo e Ekcee Chan del Luooifstudio hanno salutato il pubblico da uno schermo, visto che non potevano raggiungere gli Stati Uniti in aereo. Gli organizzatori hanno mandato un’e-mail agli stilisti chiedendo se qualcuno dei loro team fosse stato in Cina di recente, o se qualcuno fosse malato “Non vogliamo creare allarme, ma dobbiamo fare tutto il possibile per limitare i rischi”. L’ultimo appuntamento, quello parigino, inizierà il 24 febbraio e ha già perso sei stilisti: Masha Ma, Shiatzy Chen, Uma Wang, Jarel Zhang, Calvin Luo e Maison Mai non parteciperanno per via dell’epidemia.