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Epik chiude il 2023 a 4 milioni di euro di fatturato e punta a 5 milioni per il 2024. Massimo Costa: “Una nuova acquisizione e nuova sede a Roma. Ci apriamo all’advertising e alle gare, ma solo su progetti che ci permetteranno di raccontare storie”

Ai microfoni di ADVexpress il CEO e fondatore della sigla, Massimo Costa, fa il punto sulla nuova rotta della struttura e anticipa diverse novità: dopo l’acquisizione di Johannes dello scorso settembre e l’ingresso nella compagine societaria di Marco Cremona e Sergio Rodriguez, è maturata la decisione di andare oltre il branded content aprendosi all’advertising ‘classico’ e alle gare. Inoltre, una nuova acquisition su Roma consentirà a Epik di operare direttamente anche nella Capitale, puntando a far crescere organicamente il fatturato.

Poco più di due anni dalla fondazione, il percorso di Epik, di cui Massimo Costa è fondatore e CEO, si è rivelato estremamente interessante perché è andato di pari passo con l'evoluzione del mercato: nato inizialmente come progetto per dare una nuova voce, anche imprenditoriale, a professionisti affermati nel settore, con la vocazione di creare dei racconti coinvolgenti ed emotivamente molto forti intorno ai brand, con il passare del tempo ha cambiato corso per allargarsi al mondo digitale, al gaming e agli eventi, fino all'acquisizione di Johannes dello scorso settembre. Sono arrivate nuove persone di alto profilo, come Marco Cremona in Johannes e Sergio Rodriguez in Epik, ne sono andate via altre come Nicola Lampugnani.
Abbiamo incontrato Costa per fare insieme a lui un bilancio di questi due intensi anni di attività e per chiedergli una sua personale lettura di ciò che sta accadendo nel mondo della comunicazione e del marketing.

“Ci sono sicuramente alcuni fattori determinanti – esordisce il manager –: l'incremento dei tassi di interesse della BCE, la Germania in recessione da quasi due anni, l'inflazione, l’ingresso sì o no nel MES, la crisi energetica e dulcis in fundo, dove di dolce non c'è niente, le guerre… Sono problematiche importanti che influiscono anche sul nostro mondo, e che quasi mi fanno vergognare nel raccontare il mondo della reclame”.

Epik è nata e cresciuta per raccontare storie di marca, ribadisce Costa: “Il mio obiettivo principale era quello di dare una chance a giovani donne e uomini di poter provare a essere imprenditori, visto che le multinazionali stavano di fatto, come poi è successo, abbandonando il paese. La cosa ha funzionato in parte, ma sono stati necessari alcuni aggiustamenti in corsa e un po’ di fine tuning”.

Ecco dunque l’annuncia di due novità importanti: la prima è che pur continuando a operare nell’ambito del branded content, “Inizieremo a fare anche advertising classico di qualità, con progetti in cui il racconto resterà protagonista e avrà una funzione importante.
Poi continueremo nel digitale, non in senso generico ma sempre più nel Social, quindi TikTok, Instagram, piuttosto che Meta, con il racconto. Poi ci sarà l'aspetto di reputation che già facevamo prima, e quello legato all’e-commerce”.
L'acquisizione di Johannes, spiega Costa, è nata dall’esigenza di poter dialogare con quel target giovane che non usufruisce dei mezzi di comunicazione in maniera costante e continua: “La tecnologia di Johannes ci permette quindi, attraverso il gaming piuttosto che gli eventi digitali o le installazioni – come ad esempio quella fatta recentemente per MaxMara a Harrods di Londra –, di avviare un dialogo diretto con persone che altrimenti non sarebbero raggiungibili né sul computer, né sul televisore”.

 

Un bilancio positivo
Il bilancio di questo primo biennio è sicuramente positivo: “Siamo molto contenti: nonostante un paio di intoppi per un paio di clienti, diciamo così, restii a pagare delle fatture per motivi probabilmente dovuti alla crisi, chiuderemo quest'anno con circa 4 milioni di fatturato anche se il margine sarà praticamente nullo vista l'acquisizione di Johannes e i cambiamenti
importanti di cui abbiamo appena parlato; l'anno scorso eravamo a 2,2 milioni, con un profitto interessante di 100 mila euro; per il 2024 puntiamo a raggiungere i 5 milioni circa di fatturato con un 5% di profitto”.

Una crescita in parte strutturale e fisiologica e in parte dovuta all’attività di M&A, a proposito della quale Costa anticipa un’altra importante notizia: “Stiamo finalizzando l'acquisizione di una società della Capitale che da un lato porterà in dote il
suo business e dall’altra ci darà la possibilità di operare e interagire su Roma”.

Per il 2024 Epik non ha in cantiere ulteriori acquisizioni ma il completamento della sua offerta realmente a 360 gradi che, come detto, passerà dall'advertising classico e dalla partecipazione a diverse gare: ma solo a quelle – specifica Costa – in cui come per l'advertising avremo modo di essere coinvolti in progetti che le permetteranno di continuare a raccontare storie.

Anche alla luce di queste tre notizie – l’apertura a Roma, l’entrata nel mondo dell’advertising, la partecipazione alle gare – Costa tiene a sottolineare che Epik continuerà a mantenere un profilo differente da quello delle altre agenzie: “Con Johannes puntiamo tantissimo sui giovani, sulla parte tecnologica di realtà virtuale e aumentata, sui digital event e sull’Intelligenza Artificiale, che farà la parte del leone nei prossimi anni”.

Lo stesso vale per il marketing esperienziale, che come indicano molteplice ricerche è l'area che fa registrare e per la quale è prevista la crescita maggiore. “Se Epik è nata come esperimento imprenditoriale per giovani ragazze e ragazzi che venivano da esperienze di comunicazioni diverse – conferma Costa –, Epik Johannes rappresenta un'accelerazione
verso quello che crediamo essere il futuro obbligato della comunicazione, avvicinandoci a quella tecnologia esperienziale che è ormai fondamentale per comunicare”.

A proposito del rapporto con la committenza – in questi anni Epik ha lavorato per Lavazza, Mutti, Campari, Bauli, Max & Co e Max Mara –, Costa osserva come anche questi stiano in parte cambiando: “Siamo ancora lontani da quella che era la nostra idea originale, un po' più in chiave anglosassone, se posso permettermi. Ma inizialmente i rapporti con i clienti erano più sporadici, frutto di iniziative one shot, mentre adesso diventano più regolari. Cresce l'aspetto strategico ma sempre più in un’ottica da digital strategist, che non è quello dell'agenzia di pubblicità classica dove c'è il planner, la strategia, l’account, e un numero importante di player nel marketing e nell'agenzia. Il digital strategist è sicuramente molto più veloce, molto più immediato e richiede anche delle expertise diverse. Se siamo un’agenzia, quindi, lo siamo ma in una forma molto più moderna”.

Anche per questo Costa non prevede altri grandi movimenti di poltrone: “Oggi siamo 30 persone e con Roma arriveremo sulle 40. L'obiettivo è di non superare quella cifra perché credo che al di sopra di quella cifra, con i costi e i prezzi che i clienti sono disposti a pagare, un'agenzia di comunicazione in Italia farebbe troppa fatica a essere profittevole”.

Per concludere, chiediamo a Costa un giudizio qualitativo più generale sullo stato della comunicazione italiana, che proprio in questo periodo pre-natalizio appare ancora molto distante dalla capacità creativa dell’Inghilterra e non all’altezza dei loro capolavori di arte pubblicitaria…

“Distanti lo siamo da sempre – la sua risposta –. Oltretutto, per motivi personali oltre che professionali frequento i paesi anglosassoni da parecchio tempo e credo che il loro modus operandi sia il frutto di un modo di pensare completamente diverso: per loro la pubblicità è un business fatto per vendere, mentre noi italiani pensiamo che la creatività sia arte.
Per loro la pubblicità è processo, mentre noi siamo degli anarchici”.

Tommaso Ridolfi