Mercato

ADVERTISING SPARKS. “Non solo E-commerce: dal B2C al D2C”

E' dedicata al ruolo raggiunto dai canali di vendita online la quarta puntata della rubrica curata su ADVexpress da Elisabetta Corazza (nella foto). La professionista, esperta di marketing e digitale, riflette su come aziende e PMI siano chiamate a investire in una piattaforma di ecommerce "non solo perché è il consumatore che lo chiede, ma perché offre l'opportunità di aumentare le proprie vendite e di creare un legame diretto con il cliente/consumatore su tutti i touchpoint a disposizione dell’azienda, passando da un modello B2C a un modello D2C".

In queste ultime settimane, mi sono trovata a riflettere sul ruolo raggiunto dai canali di vendita online grazie a un paio di episodi ai quali ho assistito, in contesti che hanno apparentemente ben poco a che fare con il marketing e l’advertising.

La prima occasione di riflessione mi è stata data quando ho partecipato a “Fa la cosa giusta”, mostra-mercato del consumo critico e degli stili di vita sostenibili tenutasi a Milano negli spazi di Fieramilanocity l’ultimo weekend di aprile: una fiera i cui espositori, al netto di alcune realtà più note e importanti, sono per la grande maggioranza artigiani, piccolissimi imprenditori e produttori locali. L’ultima edizione si era svolta nel 2019 e, oltre alla grande partecipazione di pubblico, era impossibile non notare come, quasi tutti gli stand, proponessero la possibilità di acquistare i loro prodotti/servizi anche online.

Il secondo episodio riguarda il Lombardia Beer Fest, svoltosi nello stesso periodo sempre a Milano, evento che proponeva agli appassionati di birra la possibilità di scoprire la produzione artigianale di alcuni micro-birrifici italiani. In questo caso lo spunto è arrivato osservando che quasi tutti gli avventori, evidentemente soddisfatti dall’assaggio, chiedevano se fosse possibile acquistare le birre online.

Riflettendo su questi due episodi ho iniziato a chiedermi se avere un canale di vendita online non fosse orma diventata una vera e propria commodity e, come al solito, la risposta è stata più complessa della domanda.

Da un lato infatti, l’accelerazione del canale E-commerce B2C in Italia (passato, in termini di valore, dai 31,4 miliardi di euro del 2019 ai 45,9 miliardi del 2022) dovuta alla pandemia, ha inciso profondamente sul comportamento d’acquisto dei consumatori che, ormai, danno per scontata la possibilità di acquistare anche online più o meno qualunque prodotto o servizio, dall’altro le aziende, ed in particolare le PMI o anche gli artigiani, hanno la possibilità di realizzare piattaforme per la vendita digitale in tempi relativamente brevi e a costi sostenibili. Questo fa quindi pensare che, per una volta, domanda e offerta siano cresciute contemporaneamente con il beneficio di tutti.

In realtà, se per un cliente o consumatore l’aspettativa dell’omnicanalità è evidente, per un’azienda, di qualunque dimensione, affrontare lo sviluppo di un canale di vendita online non è per nulla banale, in primis per il gap di competenze che non è stato colmato alla stessa velocità della crescita del canale stesso.

Vendere online impatta su settori di una realtà aziendale che, normalmente, hanno molto poco a che fare con gli aspetti “digitali”: produzione, logistica, amministrazione, ufficio legale, servizio clienti sono i primi aspetti che vanno considerati e affrontati, a seguire ovviamente, ci si deve occupare dello sviluppo della piattaforma (che necessita di competenze tecniche anche interne), della parte commerciale (pricing, offerte, promozioni…) e, last but not least, degli investimenti media per portare le conversioni attese.

Non dimentichiamoci che vendere online significa anche ottenere moltissimi dati di prima parte (così preziosi!) che però vanno analizzati per poter essere utili alle attività di CRM e di media per spingere la conversion.

Risulta evidente che l’investimento in termini di risorse e persone è decisamente alto e, in alcuni casi (pensiamo alle aziende di largo consumo che producono e vendono food ad esempio), è assolutamente lecito domandarsi se ne valga la pena.

In questo caso la risposta è una sola ed è sì, e non solo perché è il consumatore che lo chiede ma perché la grande opportunità che hanno le aziende non è solo quella di aumentare le proprie vendite sviluppando un canale e-commerce ma soprattutto quella di poter creare un legame diretto con il proprio cliente/consumatore, passando da un modello B2C a un modello D2C.

Il direct-to-consumer è un approccio di business verticale che prevede la vendita diretta senza uso di intermediari, da qui il fatto di venire ovviamente associato (e a volte confuso) con l’e- commerce.

In realtà la vendita online dei propri prodotti o servizi è solo un aspetto di questo modello che prevede per la sua applicazione (e il suo successo) 2 leve fondamentali: un approccio data driven per conoscere i propri consumatori e realizzare campagne di advertising (anche su mezzi offline) targetizzate e l’ossessione per la customer experience che parte dal prodotto, passando dal pack fino ad arrivare al servizio clienti (che deve essere eccellente anche in caso di reso, ovvero quando il nostro cliente non è contento…).

E’ evidente che aprire una piattaforma e-commerce è parte di una strategia molto più ampia che va oltre il fatturato incrementale e che apre a una nuova relazione col proprio cliente/consumatore. Relazione che non si limita al sito ma che può (e deve) spaziare su tutti i touchpoint a disposizione dell’azienda fino ad arrivare all’ultimo trend nato in Cina: il Live Streaming Commerce, un nuovo modello di business che integra live streaming, e-commerce e influencer marketing e che, secondo le previsioni di McKinsey, arriverà a valere nel 2026, in Europa, 75 miliardi di euro (nella sola Cina il valore stimato per il 2022 è di 480 miliardi di euro).

Difficile, osservando questo nuovo fenomeno, non ricordare le televendite di materassi e pentole o pensare ai venditori di panni magici alle sagre di paese, dove la capacità imbonitrice del venditore (la sua influenza) e la possibilità di acquistare immediatamente il prodotto (live commerce) erano le chiavi del successo (conversion) di un modello D2C ante litteram.