Mercato

Fra resilienza e innovazione, Total Audience e competizione con gli OTT: le nuove sfide della Tv nel segno della ‘multipolarità’

La Tv in Italia sta attraversando una fase di trasformazione profonda e complessa, caratterizzata da una crescente integrazione tra modelli tradizionali e nuovi paradigmi digitali. Broadcaster, produttori e stakeholder del mercato si confrontano con nuove sfide legate alla moltiplicazione delle piattaforme, alla frammentazione delle audience e alla convergenza digitale. Questo scenario è stato oggetto di due tavole rotonde organizzate da CeRTA all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano in occasione della presentazione dell’Annuario 2024.

Secondo Massimo Scaglioni, Direttore del CeRTA – Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore che ha introdotto la mattinata di lavori alla conferenza di presentazione del volume da lui redatto 'L' Annuario della televisione 2024' (leggi news), se il 2022 era stato l’anno della ‘Total Tv’ e il 2023 quello della ‘Tv Resiliente’, nel 2024 la TV italiana non ha solo confermato questo trend, ma a questa resilienza si è accompagnata una nuova fase di ‘Multipolarità’, in cui al consolidato triumvirato composto da Rai, Mediaset e Sky, si affiancano sempre più attori come Warner Bros. Discovery e La7, oltre alle piattaforme di streaming.

Il primo risultato di tale trend è un consuamo di televisione cresciuto del +1,1%. Al tempo stesso, ha notato Scaglioni, il dato che distingue il nostro Paese rispetto ad altri mercati internazionali è la capacità del broadcasting tradizionale di mantenere le proprie posizioni, pur in un contesto di crescente concorrenza da parte delle piattaforme digitali, grazie alla solidità dei palinsesti e alla capacità di adattarsi ai mutamenti del mercato.
Un ruolo cruciale in questa trasformazione è giocato dalle TV connesse, che hanno superato i 20 milioni di unità nelle famiglie italiane, abilitando nuove pratiche di fruizione e riportando il pubblico più giovane verso il grande schermo.

Dati e tendenze di consumo
Molti, come di consueto, gli stimoli offerti dall’intervento di Fabrizio Angelini, AD di Sensemakers, che in tema di ascolti e fruizione di contenuti televisivi ha sottolineato un’ulteriore specificità italiana: il tempo medio di visione Tv in crescita è un dato unico nel panorama internazionale, riflettendo una forte fedeltà degli italiani al consumo lineare,dovuta a fattori strutturali come la qualità dell’offerta, la forza ‘rituale’ del palinsesto e lavarietà di generi offerti, in contrasto con una leggera diminuzione della percezione di qualità delle piattaforme SVoD.

Dopo anni di crescita, infatti, l’utilizzo di OTT e streamer non registra più incrementi significativi, nemmeno sui second screen, ha proseguito Angelini, mentre i broadcaster guadagnano terreno proprio sul digitale intercettando il tempo speso online, grazie a contenuti innovativi e alla capacità di creare engagement.

Riprendendo il tema delle Tv connesse introdotto da Scaglioni, Angelini nota che con una penetrazione del 63% le Smart TV contribuiscono a spostare l’attenzione dei giovani dal mobile al ‘main screen’, rafforzando l’utilizzo della TV come piattaforma primaria. Dopo una fase iniziale di curiosità per i nuovi dispositivi, inoltre, il consumo mediale tende a ritornare ai modelli noti, con una lieve crescita per i broadcaster.

Anche il fenomeno del consumo incrementale tramite modalità catch-up sta ridefinendo le dinamiche dell’audience: il 52% delle visualizzazioni online e il 91% del tempo speso derivano da contenuti fruiti on-demand. Il caso della serie Mare Fuori, che ha registrato un incremento del 300% rispetto alla fruizione lineare, è emblematico del potenziale di questo modello.
Non solo: puntualizzando che la maggior parte delle visualizzazioni digitali (92%) si basa su contenuti già trasmessi in TV lineare, Angelini sottolinea la necessità di investire in contenuti digital-first di alta qualità.
Secondo l’AD di Sensemakers, in conclusione, nel nuovo contesto competitivo le opportunità per i broadcaster nascono da una maggiore integrazione fra Tv tradizionale e digitale, e la distribuzione su piattaforme terze (per esempio i social) è ormai essenziale per creare brand editoriali forti e attirare nuovi segmenti di pubblico.

 

La pubblicità come motore del mercato
Alessandra Rossi, Global Ad Intel Product Strategy Leader di Nielsen, ha evidenziato il ruolo centrale della pubblicità, la vera “benzina” del settore televisivo. In Italia, il mercato pubblicitario ha recuperato le perdite causate dalla pandemia, mostrando una crescita solida in Italia, tra le più alte in Europa, e nel 2024 in particolare, gli Europei di calcio e le Olimpiadi hanno stimolato una forte accelerazione nel secondo e terzo trimestre.

Nonostante la crescita dello streaming, ha proseguito Rossi, la pubblicità su piattaforme SVoD rimane marginale rispetto alla televisione tradizionale e la quota relativa alla raccolta delle piattaforme non lineari è ancora limitata.
Analizzando le categorie merceologiche trainanti, Rossi ha confermato come il Largo Consumo continui a essere il principale settore investitore e il motore della crescita pubblicitaria televisiva. Anche l’Entertainment mostra una crescita stabile e rimane un forte sostenitore del mezzo. L’Automotive, pur essendo uno dei top spender in Italia, ha rallentato gli investimenti rispetto al passato: in Germania, per esempio, che come l’Italia è un Paese
‘produttore’, si preferisce ancora investire sulla stampa, che mantiene un peso maggiore rispetto all’Italia.

Confermando la maggior fedeltà degli italiani alla TV lineare, a differenza di altri mercati, grazie alla varietà e alla qualità dei contenuti disponibili, Rossi ha concluso evidenziando opportunità e sfide per i broadcaster italiani: da un lato la diversificazione degli spender e la crescita di settori emergenti e nuovi investitori – come la distribuzione online e offline – che apre opportunità per il futuro; dall’altro occorre prestare attenzione ai trend globali, perché pur mantenendo un forte mercato domestico, gli editori del nostro Paese devono monitorare l’evoluzione dei consumi all’estero per adattarsi a possibili cambiamenti.

 

L’Impatto sulla produzione di contenuti
L’intervento di Emilio Pucci, Direttore di eMedia, si è focalizzato sull’evoluzione del mercato audiovisivo in Italia e sulla necessità di risorse adeguate per garantire la competitività e la sostenibilità del settore. Dal 2017 al 2023, ha osservato, la spesa per opere originali ha registrato una crescita significativa, con la TV che guida il settore (1.050 milioni di euro nel 2023), seguita dal cinema (701 milioni) e dal Video On Demand (290 milioni). Tuttavia, l’integrazione tra offerte lineari e non lineari sta sfumando i confini tradizionali, spingendo gli editori a esplorare nuovi modelli: le piattaforme non lineari si avvicinano ai prodotti editoriali (eventi, news) e I broadcaster investono nel digitale. Ma l’equilibrio tra i due modelli è fragile, e i prossimi cinque anni saranno cruciali per determinarne l’evoluzione.

Pucci ha sottolineato come senza risorse adeguate da investire in cataloghi ricchi e dirette esclusive, i broadcaster rischiano di non poter garantire un’offerta completa – che includa cioè informazione, fiction e intrattenimento –, capace di competere con le grandi piattaforme globali.

Il crescente spostamento delle risorse pubblicitarie verso il traffico degli utenti e le loro abitudini di consumo, anziché verso la qualità del contenuto, sta portando a una riduzione della redditività dei contenuti editoriali.

A sottolineare la necessità di un sostegno maggiore per mantenere competitività e qualità nel mercato audiovisivo nazionale anche da parte della politica, Pucci ha indicato come in tutta Europa i fondi pubblici destinati all’audiovisivo siano significativamente superiori rispetto all’Italia.


Ruolo delle istituzioni e concorrenza degli OTT
L’evoluzione tecnologica, economica e normativa che caratterizza il mercato televisivo italiano è stata al centro del discorso di Rosario Donato, Direttore Generale di Confindustria Radio Televisioni, che proseguendo il tema introdotto da Emilio Pucci ha richiamato l’attenzione sulla necessità e l’importanza di politiche istituzionali per garantire la sostenibilità del settore.
Riprendendo il contributo di CRT all’Annuario 2024, Donato ha osservato come quello italiano, con 316 canali televisivi di cui 268 prodotti da editori nazionali, si confermi un mercato vivace ma al tempo stesso esposto alle pressioni competitive delle piattaforme globali.

Uno scenario in cui la competizione è aumentata sia per l’ingresso di nuovi attori sia per l’evoluzione delle tecnologie – in Italia si contano 122 milioni di schermi, di cui 30 milioni connessi –, tanto che oggi la televisione è fruibile su vari dispositivi e non è più indissolubilmente legata al televisore.

Le sfide, in questo senso, sono di ordine tecnologico e insieme normativo, ha ricordato Donato, come nel caso dei complessi interventi legati alle frequenze televisive nel passaggio dal sistema analogico a quello digitale. Per questo il tema della ‘prominence’ è diventato cruciale, rendendo indispensabile garantire la visibilità dei canali tradizionali sulle nuove Smart TV.

In un quadro concorrenziale, ha ribadito, le nuove piattaforme OTT competono senza doversi adeguare alle stesse regole del broadcasting tradizionale, creando un divario difficilmente colmabile: e da questo punto di vista la lentezza del legislatore nell’adattare le normative alle innovazioni tecnologiche rischia di compromettere la sostenibilità del settore.

 

panel#2

 

Personalizzare i contenuti per migliorare l’offerta pubblicitaria
Il secondo panel del convegno ha visto come protagonisti e testimoni della fase di profonda trasformazione del mercato televisivo i principali editori televisivi italiani, a partire da Roberta Lucca, Direttrice Marketing RAI, che ha condiviso pienamente la definizione di ‘streamcaster’ adottata nel volume pubblicato dal CeRTA: la convergenza digitale è una realtà, ha affermato, come dimostra la penetrazione delle Smart Tv che ha superato quella dei televisori analogici.

Le pratiche di produzione si stanno adattando a un modello ‘digital first’ per sfruttare meglio le piattaforme digitali, e questo presuppone un deciso cambio di mindset: “In un contesto di multipolarità, oggi dobbiamo ideare contenuti pensati fin dall’inizio per piattaforme specifiche con una mentalità user-centric, fondamentale per intercettare e cavalcare i trend emergenti, adattandoli in termini di forma, linguaggio e distribuzione”.
Interpretare e anticipare i bisogni degli utenti, ha proseguito, mettendoli al centro delle strategie di produzione e sfruttando i dati per personalizzare i contenuti e migliorare l’offerta pubblicitaria, è l’unico approccio che consentirà di competere efficacemente con le piattaforme streaming, rendendo i contenuti più mirati e accessibili. Le possibilità di targetizzazione precisa sono fondamentali per valorizzare la pubblicità digitale, che sebbene pesi ancora poco rispetto ai ricavi complessivi può dare un contributo incrementale significativo.

I vincoli imposti dal servizio pubblico, ha aggiunto Lucca, rendono il percorso più complesso rispetto ai player privati: RAI ha infatti l’obbligo di sperimentare per innovare con l’obiettivo di creare programmi che rispondano alle nuove esigenze del pubblico – considerando il mix tra contenuti per ampie audience e produzioni di nicchia –, ma deve farlo entro i limiti di un sistema misto, bilanciando innovazione e risorse, senza la stessa libertà operativa dei privati. Di fatto la forte competizione con le piattaforme globali, che spesso offrono contenuti di minore qualità come user-generated content, si traduce in un mercato pubblicitario che per il 50% è appannaggio di realtà estere senza generare benefici per il PIL italiano. Il duplice appello di Lucca è quindi sia per il legislatore, auspicando un intervento normativo che garantisca una competizione equa e favorisca gli operatori nazionali, sia per gli investitori pubblicitari, che dovrebbero essere maggiormente consapevolidel valore dei contenuti di qualità.

‘Total Audience’: il nuovo standard
Con la trasformazione del paradigma tradizionale della Tv lineare, le modalità di fruizione sono cambiate radicalmente: oggi, ha ricordato Federico Di Chio, Direttore Marketing Strategico di Mediaset, i contenuti possono essere scelti individualmente e fruiti su dispositivi mobili in qualsiasi momento, ma questo modello coesiste con quello tradizionale del broadcasting, che rimane solido nonostante il ruolo crescente degli algoritmi: l’intelligenza editoriale, ha affermato Di Chio, resterà fondamentale e l’arte del palinsesto dovrà evolversi per integrare logiche editoriali nel contesto digitale, mantenendo la centralità della creatività. È dunque necessario innovare anche dal punto di vista della produzione, con nuovi formati come pillole, anteprime ed esperienze interattive, perché il contenuto digitale non è solo un’estensione del prodotto televisivo, ma un’opportunità per ripensarlo integralmente.

Punto focale del suo intervento è stato il ruolo centrale della Total Audience di Auditel, la metrica che combina i dati di fruizione lineare e digitale (live, on-demand e streaming), e che a partire dal 30 dicembre diventerà la misurazione standard per il settore, cambiando radicalmente il modo in cui l’audience viene monitorata e valorizzata. La sua introduzione rappresenta un profondo cambiamento culturale per il settore, perché permette di misurare l’efficacia dei contenuti su un perimetro ampliato e di monetizzare in modo significativo il traffico aggiuntivo generato dalle piattaforme digitali. Oltre alla monetizzazione, poi, il dato giornaliero fornirà agli editori informazioni immediate e più complete delle performance dei loro contenuti, indirizzandone le ulteriori produzioni.
In questo scenario la questione fondamentale rimane la riluttanza delle piattaforme OTT a essere misurate secondo gli stessi standard, dando vita a una asimmetria regolatoria e di mercato che svantaggia i broadcaster tradizionali.

All’incrocio fra lineare, pay e streaming: in attesa di MAX Aldo Romersa, VP Programming di Warner Bros. Discovery, ha portato una prospettiva
internazionale descrivendo la strategia del gruppo nell’affrontare un mercato in cui lineare, pay e streaming si intrecciano. Con un portafoglio di 17 canali in Italia e l’imminente lancio di MAX nel 2026, WBD punta su un modello radicato nel territorio, con un forte investimento in contenuti locali come dimostra la sua strategia di investimento mirata che ha portato alla produzione di oltre mille ore di contenuti nel 2023, superando in quantità le piattaforme OTT.

In Italia, ha spiegato Romersa, il gruppo sfrutta la peculiarità di un mercato lineare ancora resiliente, caratterizzato da un forte consumo televisivo e una stabilità degli investimenti pubblicitari: fondamentale la sinergia tra contenuti lineari e digitali, con progetti che spaziano dal linear-first al digital-first al digital-only, e programmi che trovano il loro punto di forza nell’incremento della reach sui social media. Esempi come Che Tempo Che Fa e Bake Off
Italia
dimostrano come i contenuti possano generare affezione e permanenza, grazie alla combinazione di distribuzione tradizionale ed engagement digitale.
Il manager ha però anche testimoniato che l’esperienza di WBD dimostra come i programmi ‘ibridi’, nati per essere contemporaneamente lineari e digitali, non sempre funzionino. Romersa ha quindi analizzato le scelte compiute da WBD sul 9, un percorso coerente per sviluppare un canale generalista che è partito dal fatto che nel 2015 mancava un ‘centro’ nella sua offerta, ossia un canale che aggregasse il pubblico e fosse attraente anche per gli
inserzionisti pubblicitari. La strategia adottata per far crescere il canale è stata duplice: organica da un lato, investendo in contenuti originali per distinguersi e attrarre il pubblico, inorganica dall’altro, collaborando con talenti e artisti per portare alla rete i loro contenuti e il
loro pubblico.

Infine, ha ricordato Romersa, il lavoro sul brand è cruciale per mantenere affezione e fedeltà del pubblico, anche attraverso piattaforme proprietarie: in un mercato sempre più frammentato, il canale deve trovare una propria ‘ragione d’essere’ per attirare pubblico, una sua identità distintiva e quindi un posizionamento capace di soddisfare quei bisogni del pubblico che altri canali non soddisfano.

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