Mercato

I comunicatori dicono no al salvataggio dell'Inpgi

In una nota congiunta le maggiori associazioni del settore (Ascai, Cida, Com&tec, Confassociazioni, Ferpi, IAA e UNA) respingono l’ipotesi di sanare le casse dell’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani allargando la platea contributiva ai comunicatori. “Appello alle Istituzioni per fare chiarezza e per essere ascoltati”.

I professionisti della comunicazione e del marketing non hanno nessuna intenzione di salvare l'Inpgi dal collasso. E respingono al mittente l'ipotesi di mettere in sicurezza i conti dell'Istituto di previdenza dei giornalisti italiani allargando la platea contributiva ai comunicatori. In una nota congiunta diramata da UNA (Aziende della Comunicazione Unite) i vertici delle maggiori associazioni di settore (Ascai, Cida, Com&Tec, Confassociazioni, Ferpi, IAA e UNA) spiegano che si tratta di un piano “contrario a quanto previsto dalla Legge in vigore – la n. 58 del 2019, che ipotizza il salvataggio dell’Istituto in termini del tutto diversi e solo a valle di una serie di azioni di riforma - e in beffa a qualsiasi diritto degli stessi comunicatori, che non sono stati nemmeno ascoltati dalle Istituzioni, benché la partita in gioco riguardi anche la loro occupazione e il loro futuro pensionistico”.

L'operazione suscita molte perplessità soprattutto in termini di sostenibilità. Lo ha ribadito anche il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, intervenuto all’assemblea Cida (Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità) che si è svolta il 4 dicembre a Roma. Tridico, sollecitato dal presidente Mario Mantovani, ha detto:“Lascia molti dubbi e perplessità questa idea. Le critiche mosse rispondono alle mie stesse preoccupazioni. L'operazione di portare fuori dall'Inps questa categoria porrebbe due difficoltà: una iniziale che consiste nella definizione della categoria dei comunicatori, l'altra è quella finale della sostenibilità. A mio parere è molto rischioso e sarebbe certamente più sostenibile lasciarli all'interno dell'Inps, che è il welfare degli italiani. I comunicatori sono anch'essi contribuenti dello Stato sociale italiano e hanno tutto il diritto di avere una pensione sicura domani. Reputo quindi che sia più sostenibile lasciarli all'interno dell'Istituto che rappresento”.

Cida, Confassociazioni, Ferpi, UNA, Ascai, Com&Tec e IAA sono impegnate da tempo a fare chiarezza sull’operazione 'salva-INPGI' per evitare quella che definiscono “la deportazione contributiva” di migliaia di comunicatori, sostenendo  comunque che non riuscirebbe a risanare le casse dell’Istituto.

I conti dell'ente previdenziale dei giornalisti sono infatti in picchiata. L'assestamento 2019 prevede meno 169 milioni di euro di squilibrio previdenziale, nel 2018 era a quota meno 149 milioni. La liquidità a fine settembre 2019 è pari a meno di 400 milioni di euro “in titoli vari a valori di mercato, oltre agli immobili sempre più difficili da collocare senza una considerevole riduzione del valore”. Il fabbisogno di liquidità aggiuntiva è di “non meno di 180 milioni all'anno, cifra destinata ad aumentare per chiusure, licenziamenti, ammortizzatori sociali e nuovi prepensionamenti, che, sembra, siano in arrivo grazie all’intervento del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Andrea Martella”. “Quindi, osservano i comunicatori, anche analizzando solo i numeri, l’Inpgi avrebbe poco più di due anni di 'respiro' e, soprattutto, non potrebbe essere salvata nemmeno se riuscissero a 'scippare' i contributi dei comunicatori dall’Inps”.

E poiché “i numeri non si interpretano, ma si leggono per quel che sono, nonostante gli accantonamenti non si riuscirebbe a coprire nemmeno il fabbisogno corrente. E a rischio sarebbero le pensioni non solo dei giornalisti ma anche quelle dei Comunicatori”, continua la nota.

Date queste premesse, ed evidenziata la non sostenibilità dell’operazione “forzata e ingiusta”, i comunicatori si rivolgono direttamente alle Istituzioni: “Ci sono altri temi che le Istituzioni competenti, il ministro del Lavoro Catalfo e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Martella, dovrebbero tener ben presente: quanti e quali sono davvero i Professionisti identificabili come Comunicatori nel nostro Paese e la ricaduta che un’imposizione legislativa così miope avrebbe sull’occupazione dei Comunicatori e sui contratti collettivi nazionali di lavoro. La necessità di un confronto con le associazioni che rappresentano il mondo della Comunicazione non è più rinviabile”, conclude la nota.

 

Ecco di seguito i firmatari:

ASCAI, Associazione per lo sviluppo della Comunicazione Aziendale: Maurizio Incletolli

CIDA, Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità: Mario Mantovani

COM&TEC, Associazione italiana per la comunicazione tecnica: Tiziana Sicilia

CONFASSOCIAZIONI, Confederazione Associazioni Professionali: Angelo Deiana

FERPI, Federazione Relazioni Pubbliche Italiana: Rita Palumbo

IAA Italy, International Advertising Association Chapter Italy: Alberto Dal Sasso

UNA, Aziende della Comunicazione Unite: Andrea Cornelli (in foto)