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BEA Italia Festival 2021. In questi anni di pandemia gli eventi si sono inventati un palco phygital. Sarà questo il futuro? Nessuno lo sa, ma da qui è certo che non si torna indietro
Un evento ha bisogno di un palco, per definizione. Ma che succede quando questo palco viene tolto da sotto ai piedi, come ha fatto la pandemia? Si rinuncia all'evento o lo si ripensa, anche e soprattutto in chiave digitale? A questa e a molte altre domande ha cercato di rispondere la tavola rotonda “The new stage calls new onstage”, svoltasi durante il BEA Festival 2021 e moderata da Simona Muti, Creative Director & Business Development Manager di Balich Wonder Studio, la quale è partita proprio da esempi concreti per cercare di calare il discorso dalla teoria alla pratica.
Per esempio, se si parla di palco, si pensa subito alla musica, uno dei campi di maggiore sperimentazione da sempre. Ecco, gli MTV EMAs dell'anno scorso sono stati un esempio incredibile di resilienza e del sapersi reinventare, perché sono stati fatti completamente in virtual set, creando dei mondi pazzeschi. Quest'anno, tornati in presenza, alcuni artisti però hanno portato sul palco con sé un'ibridazione digitale. In virtù di questo, come saranno i prossimi eventi? «Non lo so, e forse non lo voglio nemmeno sapere – commenta Luca De Gennaro, VP Talent & Music di ViacomCBS – Pur lavorando in MTV da 25 anni, c'è sempre qualcosa che mi sorprende, le menti creative dietro sono sempre al lavoro, specie dopo l'edizione dell'anno scorso, in cui l'evento è stato totalmente ripensato: senza pubblico e senza sede. Non c'era una città europea che ospitava gli EMAs, ma era tutto virtuale. Questo ci insegna che la tecnologia guida la creatività, quindi questa ibridazione, questa virtualità si potrà riflettere anche negli show televisivi».
E quando la sfida è portare un pubblico prettamente digitale – come i gamers - su palchi reali, come si fa? «Questa ibridazione ci dà modo anche di sperimentare piattaforme nuove – commenta Michele Arlotta, Head of Sales di Fandango Club – Quindi, parlerei di esperienze multipiattaforma. Come creare commistione ed engagement? Le comunità sono attaccate ai contenuti e se i contenuti sono coinvolgenti, ingaggianti, le comunità si spostano in modo massivo: noi arriviamo da una Games Week che in piena pandemia, ibrida, è riuscita a fare 75 mila presenze. La creatività e il contenuto devono essere i punti cardine, che possono portare a esperienze più efficaci e più efficienti sia da un punto di vista del consumo che dei brand che partecipano».
Evento è sì un palco e un pubblico, ma anche chi ci deve salire sopra, l'artista. E allora quando bisogna studiare la promozione o il lancio di un singolo, un album, un tour, quanto viene coinvolto l'artista? E soprattutto quando un palco non ci può essere, o bisogna studiare dove far succedere qualcosa, quanto il luogo modifica le idee di partenza? «Cominciamo col dire che da sempre il luogo dove fare presentazioni o lanciare un progetto dipende moltissimo dalla connessione con l'album, con la musica o con i visual... Insomma, con l'identità dell'artista – spiega Luca Fantacone, Director International Frontline di Sony Music Italy – Anche se in questi ultimi due anni, è venuto a mancare magari il luogo fisico, il presupposto di base è sempre stato quello: mantenere una connessione intima e fortissima con l'esperienza. Si è cercato quindi di riproporlo con l'ascolto in remoto, meno impattante che dal vivo, ma in cui abbiamo cercato di coinvolgere direttamente l'artista, cosa che prima non succedeva, per offrire un'esperienza unica.
Per gli album playback, invece, abbiamo cercato di creare delle stanze virtuali: in Sony, per esempio, abbiamo avuto la fortuna di avere un auditorio nostro, che può essere customizzato sulla base di codici precisi, di colore, di visual, di contenuto, per creare un'esperienza in linea con l'identità dell'artista.
Infine, alcuni artisti si sono organizzati per creare delle esperienze: per esempio, i Black Eyed Peas hanno creato una loro unità di produzione, in un loro teatro, dove hanno riprodotto i passaggi televisivi da trasmettere poi in un dato programma».
Quindi, il palco del futuro come sarà? «Vorrei avere di nuovo la possibilità di vivere un festival – risponde De Gennaro - Perché un festival è un'occasione che crea atmosfere, emozioni condivise da chi ha i tuoi stessi interessi, da chi è come te. E sarebbe bello tornare a farlo in modo fisico, tradizionale».
A proposito di festival, quanto conta nella creazione la definizione del dove e quanto ancora il ticketing è determinante? «Il ticketing è importante per chi fa l'evento, e anche per chi lo costruisce, soprattutto in virtù sempre dell'esperienza e del contenuto che si vanno a proporre – si aggancia Arlotta – Ritorno sulla Games Week come esempio: il biglietto costava anche di più, eppure c'è stato un boom di presenze. Questo perché le persone hanno voglia di esperienze continue, grazie anche alla sperimentazione digitale, e miste nello stesso contesto: gli eventi infatti erano sì fisici, ma anche in streaming».
Qui si sta parlando di un pubblico già affezionato, ma in quanto agli artisti, dove si va a prendere il pubblico nuovo? Con quali strumenti, quando si studia il marketing mix per il lancio di un nuovo artista, per esempio? «Non bisogna lasciare nulla di intentato – risponde Fantacone – Anche se un artista, un progetto musicale ha già un suo pubblico di riferimento, esistente, bisogna andare a capire quali altri pubblici si possono raggiungere e come. Vi sono sempre delle nicchie, le cosiddette “opportunities audiences”, il pubblico potenziale che si può aggregare. Nel marketing mix è fondamentale riuscire a capire qual è il primo pubblico a cui approdare, verso cui saranno indirizzate la maggior parte delle attività di guerrilla marketing, indipendentemente dalla pandemia. Oggi, il pubblico che consuma la musica in modo digitale è molto recettivo e reattivo e rappresenta l'80% delle attività che si mettono in atto».
Francesca Favotto
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