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Bea World Festival 2021. Generazione Z questa sconosciuta? Focus su un cluster tanto ambito quanto poco compreso

Non ha fiducia nelle generazioni precedenti, che non riconosce come modelli, si informa ed educa soltanto in Rete, e ha le idee molto chiare fin dall’adolescenza su cosa vuole per sé: questi sono solo alcuni dei ‘segni particolari’ di questo cluster, che le aziende devono imparare a capire per poterlo raggiungere con la comunicazione e integrare al proprio interno come forza lavoro.

Se ne parla tanto, ma forse non la si comprende davvero. La Generazione Z, che comprende i giovani fra gli 11 e i 25 anni, è un mondo a sé, molto diversa da quelle precedenti: un po’ differente dai Millennials (26-41), in quanto è nata tutta già nell’era social, radicalmente diversa dalla Generazione X (42-55), di cui fanno parte i genitori, e ovviamente in modo ancora maggiore da quella dei Baby Boomers (56-76). Di questo ha parlato Benoit Vancauwenberghe, Strategy Director 20something al Bea World 2021, che, partendo da ricerche recenti e dalle ultime analisi sociologiche, ha dato ai partecipanti una chiara fotografia delle caratteristiche di questa generazione tanto ambita, ma poco conosciuta e capita dalle aziende e sulla quale la 20something Agency è specializzata.

“La generazione X, di cui faccio parte anche io, è cresciuta nell’obbedienza di ciò che chiedevano la società e le famiglie: studiare e trovare un buon lavoro erano gli obiettivi – ha spiegato Vancauwenberghe -. La generazione Y, i cosiddetti Millennials, è la prima connessa a internet e ai social media, ed è quella che tutte le aziende vogliono da anni sedurre. La generazione Z invece è totalmente diversa, e se pensate che quella Y abbia una concezione molto lontana dalla nostra della comunicazione dei brand, rimarrete stupiti di quanto lo è la fascia fra gli 11 e i 25 anni”.

Sulla generazione Z dominano ancora molti stereotipi: è dipendente dalla tecnologia, è poco attenta, sa comunicare soltanto attraverso i device, ecc… Ma forse il problema sta nel raggruppare età così diverse in un unico cluster generazionale.

Per spiegare perché questa generazione è così diversificata al suo interno e così diversa da quelle che la precedono, il relatore ha portato l’esempio di come alcuni eventi, come l’11 settembre 2001 o la crisi finanziaria del 2008, abbiano un significato molto forte per la generazione X e Y. “Ogni generazione sempre è influenzata dagli eventi, che segnano un prima e un dopo per chi li vive” ha spiegato e con un video molto efficace sugli eventi principali dal 2000 ad oggi ha fatto capire quali siano quelli determinanti per questa generazione: i mondiali del 2006, l’avvento di Facebook, di Youtube e di Instagram, le manifestazioni di Black Lives Matter, per citarne solo alcuni. “L’11 settembre per loro è Storia, non la storia che hanno vissuto – ha spiegato -. Si capisce dunque quanto grande è il gap con questo cluster”.

In comune, le generazioni hanno la trasformazione digitale, che però per la Gen. Z è una realtà con cui è nata. Non solo: gli strumenti digitali impattano sull’educazione di questi giovani, che vanno a cercare su internet le informazioni di cui hanno bisogno, creandosi la loro educazione. “Si tratta di una generazione orizzontale, che non ha più modelli in quelle precedenti, nelle quali non nutre più fiducia, ma crede solo in sé stessa, nella propria ‘bolla’ – ha aggiunto -. E questo può essere certamente pericoloso”.
Inoltre, non è educata alla specializzazione profonda in qualcosa, ma è una generazione che ha tante conoscenze diverse quantitativamente, ma qualitativamente poco specializzate: è, insomma, quella che Vancauwenberghe chiama una Slash generation.
Altri segni particolari: essendo nati e cresciuti sui social, si aspettano gratificazione e feedback, cosa che difficilmente avviene in un’azienda. Ma soprattutto sanno giudicare già a 14 anni cosa vogliono e non vogliono per se stessi. “Questo valore emozionale è molto sorprendente perché su questo aspetto sono molto più precoci rispetto alle generazioni che li precedono. Sono capaci già di fare scelte importanti e sono frustrati dalla lentezza con cui gli adulti affrontano temi cruciali come l’ambiente”.

Tutti questi aspetti impatteranno ovviamente su tutti gli aspetti della loro vita, dal lavoro alla famiglia all’educazione, e questo deve essere chiaro alle aziende che vogliono dare lavoro a questa generazione. “Se le aziende non si muovono a proporre un modo di lavoro in cui questi giovani possano esprimere le loro qualità e in cui trovano sintonie con la propria concezione della vita – primo fra tutti l’importante dell’equilibrio fra vita privata e lavoro – succederà che non rimarranno a lavorare da loro. Bisogna quindi capire come vivono, quali sono le loro passioni, quali strumenti utilizzano, come percepiscono l’azienda stessa. Solo così si potrà davvero attirarli come forza lavoro e, di conseguenza, riuscire a parlare il loro linguaggio nella comunicazione di brand”. Un esempio è quello che fa l’agenzia di Vancauwenberghe, che ricorre all’opinione dei migliori amici dei candidati per capirne obiettivi, prospettive e desideri, ed entrare così maggiormente in empatia con i candidati.

Ilaria Myr

 

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Bea World Experience Festival è un’iniziativa di ADC Group, con il Patrocinio del Comune di Milano

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