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‘Effetto Wow’ e semplicità: queste le chiavi per rendere più efficace ed efficiente qualsiasi tipo di evento fisico, digitale e ibrido. Dal Bea World Festival un segnale forte e chiaro di Resilienza, Ripartenza e Rinascita

Nell’impossibilità di replicare tout-court online gli eventi live, i professionisti del settore cercano nuove strade per garantire nel mondo digitale l’efficacia e l’efficienza del mondo ‘reale’: ma servono nuovi modelli operativi ibridi, nuove competenze e nuovi business model. Questi i principali temi discussi da un panel di prestigiosi esponenti della community della live communication mondiale riunito nel primo webinar internazionale organizzato da Bea World Experience.

Moderato da Hans Etman, proprietario / moderatore / trainer di Master in Moderation, il panel che si è riunito sulla pagina Facebook del BeaWorldFestival ha visto coinvolti alcuni prestigiosi esponenti della community della live communication mondiale, che hanno dato vita a un webinar seguito con grande interesse da alcune centinaia di persone: Matteo Console Camprini, fondatore e CEO di MCCGLC Ltd, Colja Dams, CEO di Vok Dams Worldwide, Jaime Sánchez, COO di beon. Worldwide Group e il presidente di ADC Group e fondatore del Bea World Festival, Salvatore Sagone, hanno discusso dello stato di grande difficoltà della event industry mondiale, delle strategie necessarie per interpretare l'evoluzione in corso – verso la digitalizzazione in primis – e delle azioni intraprese per fornire soluzioni creative.

“Resilienza, Ripartenza e Rinascita sono le tre parole chiave che ci hanno convinto a organizzare la prossima BEA World Experience interamente online – ha aperto il dibattito Sagone –. Dopo un primo momento di incertezza, all’esplodere della pandemia, la decisione di andare avanti è stata presa per dare al mercato, ai clienti, alla community e a tutti gli operatori dell’industria degli eventi un messaggio forte e chiaro: noi ci siamo, siamo vivi, anche se abbiamo dovuto fermarci per qualche mese, e ci stiamo preparando al futuro, qualunque esso sia”.

Lo stop dovuto al Coronavirus sta imponendo la creazione e lo sviluppo di nuovi modelli di
business,
 ha proseguito: “La pandemia ha drammaticamente accelerato il processo evolutivo della event industry, e credo che in un’ottica di lungo periodo da questa situazione nasceranno più vantaggi che svantaggi, arricchendo le possibilità e le opportunità a disposizione delle agenzie e dei loro clienti. Oggi la produzione di eventi è forzatamente e totalmente digitale, con margini di profitto molto più bassi, ma siamo in un momento ‘pionieristico’ al termine del quale sarà interessante verificare quale sarà il nuovo e più corretto equilibrio per il futuro degli eventi ‘ibridi’.

“Non è solo la nostra industry ad aver compiuto questo grande passo verso la digitalizzazione – ha osservato Dams –: sono d’accordo che il futuro degli eventi sarà ‘ibrido’ e stiamo cominciando a vederne sempre di più, ma è anche vero che non rappresentano una novità assoluta e che già ne sono stati fatti molti negli ultimi 10 anni. La vera novità è che oggi creiamo esperienze di alto livello rivolte contemporaneamente ad audience digitali e a un pubblico live, allargando quindi il target raggiungibile”.

“Se pensiamo che anche la Tv ormai è digitale – ha aggiunto Console Camprini –, il problema del ‘digital’, degli eventi digitali, è sempre lo stesso: l’interattività con la target audience. Naturalmente il contenuto è e sarà sempre essenziale, ma la sfida oggi è costruire interazioni a livello umano utilizzando sia una piattaforma digitale che una fisica, combinandole insieme in un evento ibrido in cui le persone abbiano la possibilità di scegliere in quale ambiente – fisico o virtuale – preferiscono entrare, se intraprendere un viaggio o se rimanere a casa o in ufficio. Degli eventi fisici conosciamo ogni sfumatura, quelli virtuali stiamo imparando a conoscerli in questi mesi: ma per creare eventi ibridi nel modo più efficace ed efficiente bisogna ragionare anche in termini di tempistiche, perché stare seduti in una platea o stare davanti a uno schermo del computer sono esperienze molto diverse”.

“Il Dna degli eventi è lo stesso degli esseri umani: la loro capacità di socializzare – ha ribadito Sagone –. Da una ricerca che abbiamo realizzato sul mercato italiano emerge come l’82% delle aziende corporate intervistate avverta la mancanza degli eventi fisici e si augura di poterli riprendere quanto prima. Un segnale molto positivo che indica come i clienti non abbiano perso fiducia negli eventi. Nell’attesa che questo sia possibile la domanda che ci si deve porre è come costruire in un ambito digitale lo stesso ‘effetto wow’ possibile in quello fisico: per esempio attraverso l’uso di Realtà Aumentata e Realtà Virtuale. La mia riflessione è che se un film è capace di tenerci incollati a uno schermo per due ore così anche gli eventi possono creare quell’emozione che nasce grazie all’engagement.”

“Rispetto agli eventi digitali e online del passato – è intervenuto Sanchez –, quando ci limitavamo a mandare in streaming il nostro segnale, ora siamo in una nuova fase in cui oltre a quello che deriva dai contenuti dobbiamo creare un nuovo tipo di engagement: AR, VR e App, sono alcuni degli strumenti a disposizione, ma non ci sarà mai il modo di replicare il tipo di contatto che si può avere in una dimensione live e di networking. Ciò premesso, certamente anche in una ‘nuova normalità’ gli eventi virtuali e ibridi non scompariranno: in questo momento è esattamente ciò che ci chiedono le aziende”.

 

Il futuro del mercato? È ibrido
Parlando di ‘nuova normalità’, ha chiesto quindi Sagone, è ipotizzabile che alla fine della pandemia il mercato sarà più grande, con più strumenti a disposizione, o al contrario ne uscirà ridimensionato?
“La mia opinione è che il mercato sarà completamente diverso – è stata la risposta di Dams –. Come ha detto Jaime, gli eventi virtuali resteranno: ma l’apprezzamento per quelli fisici sarà ancora più grande che in passato. Dovremo fare i conti con una realtà in cui il tema del ROI diventerà prioritario. Oggi siamo ancora nella fase in cui parliamo di strumenti e applicazioni, ma quando è stata l’ultima volta che per un evento live abbiamo parlato, per esempio, di tecnologia odi schermi LCD senza darli per scontati? Oggi i brief per gli eventi ibridi partono ancora dalla domanda su quale piattaforma pensiamo di utilizzare: ma è necessario fare un passo indietro, capire prima quali sono gli obiettivi che il cliente vuole raggiungere con l’evento, ibrido o virtuale, e solo dopo pensare a quali tool e quali piattaforme adoperare”.

Dams ha sottolineato poi un altro aspetto: “Equiparare virtuale e fisico semplicemente non è possibile e mai lo sarà: negli ultimi 4 mesi ho guardato eventi online quasi ogni giorno, e mi sono reso conto che quelli più interessanti sono stati concepiti e prodotti da strutture al di fuori della live communication industry. La realtà è che oggi i nostri concorrenti sono Netflix e Amazon Prime, non le situazioni live! Ma quando potremo ripartire ci sarà ancora più valore nell’incontrarsi e nello stare insieme, e questa sarà la leva che potrà risollevare la nostra industry”.

“Sono d’accordo – ha replicato Sagone –: la live communication si sta spostando sempre più verso il mondo dell’entertainment, e fra i passati vincitori del Bea World abbiamo diversi esempi di produzioni nate al di fuori del mondo delle agenzie. Questo vale anche per le location, molte delle quali si stanno attrezzando per diventare vere e proprie sale di posa e luoghi di produzione audiovisiva”.

Come devono adattarsi i modelli di business nell’attuale situazione di ‘overcapacity’, cioè di
eccesso di capacità produttiva? È immaginabile che in questo senso il mercato molto frammentato delle agenzie veda accelerare i processi di consolidamento e di fusioni che già abbiamo visto negli ultimi anni?

L’overcapacity è un problema – ha risposto Dams –, ma la nostra fortuna è che abbiamo lavorato molto nel creare una struttura il più agile possibile, facilitati dal fatto che molte delle persone entrate nella nostra agenzia negli ultimi anni hanno un background digitale. Quello che cambierà è il ruolo dell’event manager che dovrà diventare ibrido anch’esso, in grado cioè di gestire ogni aspetto ‘on site’ ma anche ‘on line’.

“Come in ogni crisi – ha aggiunto Sanchez –, credo che per chi ha alle spalle una struttura
finanziariamente solida ci siano tutte le opportunità per uscire da questa emergenza rafforzato. Noi abbiamo investito molto negli ultimi anni, allargando il raggio d’azione: è vero che la divisione eventi è in netto calo, ma le nostre altre attività nella comunicazione e nel digitale stanno crescendo, e questo ci permette di mantenere il necessario equilibrio”.

Più che una nuova stagione di ‘merger’, concordano Dams e Sanchez, è ipotizzabile che il
mercato vedrà una nuova ventata di alleanze fra strutture e persone che lavoreranno insieme 
sfruttando le reciproche specializzazioni. E da questo punto di vista il ruolo di catalizzatore di queste alleanze di un festival come il BEA World è assolutamente fondamentale.


In equilibrio fra complessità e semplicità
Sollecitato da Hans Etman, il presidente di ADC Group ha ricordato il claim che caratterizza il Bea World 2020‘Simplicity is the new gold’. “Nella semplicità possiamo trovare soluzioni ai problemi dell’oggi: la convivenza fra popoli e individui, il rispetto dell’ambiente naturale e la sostenibilità, le differenze sociali. Attraverso la chiave della semplicità la gente può ritrovare unità, piacere nello stare insieme”. 

“Sì, abbiamo bisogno di semplicità – ha concordato Sanchez – perché in realtà per gli event
manager la situazione si è fatta molto più complicata, soprattutto dal punto di vista della ricerca di nuove modalità di interazione fra le persone nello spazio digitale e, contemporaneamente, in quello fisico”.

“Se in passato abbiamo trasportato alcuni elementi della ‘digital experience’ all’interno degli eventi live, ora andiamo nella direzione opposta, cercando di portare nel mondo virtuale alcuni aspetti del mondo fisico – ha aggiunto Dams –,con il risultato di trovarci spesso bloccati nel mondo della Tv interattiva. Come dice Jaime è vero che la complessità è aumentata: la soluzione, a mio parere, è nel partire dall’uso di piattaforme ‘aperte’, in cui sia possibile utilizzare le tecnologie già disponibili, per trasformarle in piattaforme ibride dove per i partecipanti sia facile accedere e spostarsi da una tecnologia all’altra: questo è l’aspetto in cui entra in gioco la semplicità. Ma non abbiamo ancora visto una ‘killer application’ universale, ed è importante fare molta attenzione e non esagerare con gli ‘effetti speciali’ o si rischia di perdere l’attenzione delle persone”.

Parlando della prossima edizione del Festival, Sagone ha indicato come il costante monitoraggio del mercato abbia portato ADC Group a un ripensamento delle categorie dei premi, che quest’anno aprono la strada agli eventi digitali e ibridi. “Come anticipato, il BEA World del 2020 sarà interamente digitale, mantenendo però i principali punti di forza del festival, in primis le live presentation che abbiamo già sperimentato con successo nei nostri Award locali, riuscendo a riprodurre la stessa dinamica di interazione fra i giurati e le agenzie. Stiamo poi studiando il modo di coinvolgere l’audience che si collegherà da molti paesi diversi, e abbiamo già parecchie idee per la cerimonia di premiazione”.

L’invito finale, esteso a tutti i partecipanti al webinar, è stato quello di verificare direttamente sul sito del premio – https://beaworldfestival.com – il nuovo bando con le modalità, i costi e le tempistiche per la partecipazione al premio.

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