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Prometeia-Aefi: il turismo fieristico in Italia produce 10 miliardi di euro l'anno, 4,8 miliardi di valore aggiunto e impiega 90 mila addetti. Danese: "Uno grande vettore di crescita per le imprese del made in Italy, con ampi margini di miglioramento"

Secondo la società di consulenza, che per la prima volta ha realizzato uno studio sull’impatto del turismo fieristico in Italia, i viaggi legati al segmento attivano una spesa annua di beni e servizi turistici di 4,25 miliardi di euro l’anno (di cui 204 milioni di imposte al consumo), creando valore aggiunto per quasi 2 mld di euro. A ciò si aggiungono 1,5 miliardi di Pil legati all’impatto indiretto sulle imprese “a monte” della supply-chain turistica, e un beneficio indotto (derivante dai consumi degli addetti della filiera attivati) pari ad altri 1,4 miliardi di euro di valore aggiunto.

Il turismo fieristico attiva in Italia un valore della produzione di oltre 10 miliardi di euro l’anno, corrispondenti ad un valore aggiunto di 4,8 miliardi di euro, con un impatto occupazionale stimabile in circa 90 mila addetti. In altri termini, ogni euro speso dai visitatori delle manifestazioni, genera 2,4 euro in produzione e 1,1 euro di valore aggiunto per l’economia turistica nazionale.

È quanto stimato dal rapporto Prometeia-Aefi (Associazione esposizioni e fiere italiane) presentato al Tempio di Adriano di Roma in occasione della Giornata mondiale delle fiere e dei 40 anni dell’Associazione.

Secondo la società di consulenza, che per la prima volta ha realizzato uno studio sull’impatto del turismo fieristico in Italia, i viaggi legati al segmento attivano una spesa annua di beni e servizi turistici di 4,25 miliardi di euro l’anno (di cui 204 milioni di imposte al consumo), creando valore aggiunto per quasi 2 mld di euro.

A ciò si aggiungono 1,5 miliardi di Pil legati all’impatto indiretto sulle imprese “a monte” della supply-chain turistica, e un beneficio indotto (derivante dai consumi degli addetti della filiera attivati) pari ad altri 1,4 miliardi di euro di valore aggiunto. Una forma di viaggio – quella fieristica - che, secondo le stime Prometeia, incide per il 4% sull’intera spesa turistica “tipica” effettuata in Italia, grazie ai 20 milioni di visitatori registrati ogni anno (il 2,5% sul totale dei viaggi turistici in Italia).

“Abbiamo voluto mappare uno dei più interessanti effetti macroeconomici aggiuntivi rispetto al business in fiera generato dalle imprese partecipanti – ha detto il presidente Aefi, Maurizio Danese (in foto) -. Il turismo fieristico si conferma una leva ad alto valore aggiunto, in grado di crescere ancora molto in maniera direttamente proporzionale allo sviluppo delle nostre manifestazioni, a patto che ognuno – dalle amministrazioni agli esercenti - faccia la propria parte sul fronte dei servizi, della logistica e dell’ospitalità”.

Secondo Giuseppe Schirone, coordinatore del team Prometeia che ha realizzato lo studio d’impatto: “L’industria fieristica attrae in modo continuativo un turismo alto-spendente con un budget di spesa giornaliero dei visitatori fieristici superiore del 60% a quello del turista medio. Già oggi contribuisce in modo rilevante all’economia turistica complessiva: in termini occupazionali, ad esempio, a 47 mila euro di spese turistiche dei visitatori fieristici corrisponde un posto di lavoro nella filiera nazionale. E alcune simulazioni condotte nel corso dell’analisi – sulla base degli elevati effetti moltiplicativi stimati - suggeriscono che il “potenziale turistico” delle fiere non sia ancora completamente sfruttato”.

Il valore della produzione annuo delle fiere italiane si attesta a 1,4 miliardi di euro, con 3.700 addetti diretti. Sono 267 le manifestazioni internazionali e 264 quelle nazionali/locali previste nel 2023, con flussi di visitatori che dovrebbero riportarsi sui livelli pre-pandemia (circa 20 milioni di visitatori certificati, di cui 1,5 milioni dall’estero). La permanenza media è di quasi una notte per visitatore, dato che sale a 2,5 notti per gli stranieri, mentre la spesa media si attesta a 170 euro al giorno (235 euro per gli stranieri).

“Il settore fieristico italiano impiega 190 imprese e 3700 addetti ed esprime un valore di 1,4 miliardi di euro l’anno. È uno straordinario vettore di crescita per le imprese del made in Italy ancora però poco presente all’estero, dove gli attori italiani sviluppano in media meno del 10% dei loro ricavi complessivi; per questo la sfida, già nel medio termine, consisterà nella creazione di uno strumento in grado di assecondare la crescita delle manifestazioni leader fuori dai confini nazionali”. È la chiamata all’internazionalizzazione del settore da parte del presidente Aefi (Associazione esposizioni e fiere italiane), Maurizio Danese

Lo spunto è lo studio realizzato da Roland Berger per Aefi e presentato oggi al comparto in presenza dei ministri del Turismo, Daniela Santanchè, e delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso. Nel documento, condiviso nella sua strategia dall’Associazione e ora al vaglio dei player di settore e istituzionali, la ricetta per favorire il salto di qualità internazionale passa dalla “Call to action”, avviata oggi. Gli step successivi previsti riguarderanno l’adesione degli operatori fieristici e delle principali rassegne a una piattaforma (“Club deal”), l’elaborazione di un programma condiviso con la definizione degli incroci strategici e il matching manifestazioni/Paesi-obiettivo, la quantificazione degli impatti economici e degli investimenti, anche in ottica di acquisizioni, il coinvolgimento delle istituzioni (ministeri competenti, Ice, Simest…).

Il “Club deal”, secondo il documento Aefi/Roland Berger, sarà una piattaforma aperta a tutte le manifestazioni internazionali leader del prodotto-Italia con un duplice obiettivo: assecondare ancora di più la crescita delle esportazioni e consolidare una presenza della quarta industry fieristica mondiale anche grazie a finanziamenti a supporto dello sviluppo globale del brand tricolore. Una regia unica, coordinata e condivisa da tutti i player che saranno liberi di partecipare o meno a iniziative - anche comuni e suddivise per filiere – in funzione delle loro scelte di portafoglio.

“L’obiettivo - ha concluso Danese – è accompagnare le nostre imprese nel mondo sotto un’unica bandiera e colmare il gap internazionale del nostro sistema per condurlo sui valori di Francia e Germania, le cui manifestazioni all’estero incidono quasi per il 30% del fatturato complessivo”.

Secondo Francesco Calvi Parisetti, partner Roland Berger Italia: “Quello fieristico è un sistema che garantisce alle aziende italiane uno strumento a basso costo in grado di fornire un’elevata esposizione verso l’estero grazie agli eventi internazionali leader organizzati in Italia. Se da un lato resta dunque indispensabile continuare a sostenere le manifestazioni nel nostro Paese, dall’altro, invece, diviene sempre più cruciale supportare il rafforzamento internazionale degli attori anche al di fuori dei confini nazionali. Le fiere devono divenire sempre più una leva di politica industriale per il Paese, a supporto delle filiere d’eccellenza del Made in Italy. Per questo è fondamentale non perdere ulteriore terreno rispetto ai Paesi competitor e provare a colmare il gap sull’estero con un’azione coordinata di sistema”.

Aefi (Associazione esposizioni e fiere Italiane) rappresenta gli interessi del sistema fieristico nazionale e conta 50 associati con 42 quartieri, dove si svolgono oltre 1000 manifestazioni all’anno su una superficie espositiva totale di 4,2 milioni di metri quadrati, e 10 organizzatori.

IN ALLEGATO I DUE STUDI