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Alla fine del tunnel servirà un nuovo approccio strategico, integrato e crossmediale. Le testimonianze di Star, L'Oreal e Vodafone in un webinar organizzato da Uniting

Un momento di analisi e confronto sull’impatto che il Coronavirus ha provocato su business e strategie di comunicazione provando a immaginare i possibili scenari che si apriranno al termine dell’emergenza: per approfondire queste tematiche, Uniting ha organizzato il webinar ‘Changing: uno sguardo al mondo che ci aspetta post COVID 19’, invitando alcuni professionisti di grandi aziende che hanno ragionato su come andrà affrontato il cambiamento e quali potranno essere le soluzioni strategiche e creative che riguarderanno tutte le possibili leve: dalla CSR alla brand equity, dall’utilizzo degli influencer all’invenzione di un nuovo mondo per gli eventi.

L’avvento del Coronavirus ha cambiato le regole del gioco, modificando profondamente i comportamenti dei consumatori. Per affrontare questa sfida i brand stanno cambiando strategie lavorando sul terreno della comunicazione di crisi, ma cosa succederà quando si tornerà a poter uscire e riprendere una ‘nuova normalità’?

Questo il tema approfondito venerdì pomeriggio da Melissa Lee, Advocacy and Innovation Manager di L’Oréal, Luca Casaura, Brand & Advertising Director di Vodafone Italia, Francesca Sansò, Marketing Director di GBFoods (Star) e Nicola Neri, Chief Executive Officer di Ipsos Italia, coordinati da Giancarlo Sampietro, Chief Strategy Officer di Uniting.

Ananlizzando le reazioni più immediate allo scoppio della crisi, ha esordito Sampietro, si possono distinguere 2 grandi tipologie di approccio: “Il primo è quello che rientra sotto il cappello più corporate e fa riferimento alla Social Responsibility: parliamo di digital solidarity, fundraising, donazioni... Il secondo è invece più legato al brand e ai suoi valori, che differisce dalle attività di CSR anche per le modalità e per i mezzi utilizzati”.

Come ha raccontato Melissa Lee, “L’Oreal è partita donando più di un milione di euro, convertendo gli impianti per produrre gel disinfettanti e congelando i crediti verso i parrucchieri e le profumerie.
Contemporaneamente ha convertito la sua strategia di comunicazione sugli owned media rafforzando la consumer care e la co-creazione di contenuti proprio per dare supporto al trade”. Come? “Convertendo le attività consulenziali, solitamente disponibili nei punti vendita, verso il canale online utilizzando le piattaforme social dei brand (per esempio Lancome). Incrementando i numeri e la possibilità di utilizzare i beauty tech online (L'Oreal Paris Virtual Makeup e Vichy Skin Consult AI), replicando l'experience in store di consulenza e prova prodotti. Infine tenendo lezioni di education e social media per aiutare la rete di parrucchieri, incoraggiandoli e spingendoli a rimanere vicino ai clienti con il piano #restiamoconnessi”.

Lo spot Vodafone GigaNetwork è un altro caso emblematico dellla comunicazione emersa nel corso delle ultime settimane: “È l’inizio di una campagna che continuerà nei prossimi mesi – racconta Luca Casaura –. Eravamo già al lavoro da tempo per un rilancio completo del marchio attorno a un insight sul quale in rtealtà le Tlc hanno lavorato pochissimo: la connessione aiuta a costruire un mondo migliore e rende davvero più vicine le persone. Per validarlo è bastato osservare i consumatori e come si stavano comportando in rete. Rispetto all’idea iniziale il tono di voce è stato adeguato alla situazione, ma lo spot è di fatto un ritratto della realtà dei nostri clienti che grazie alla nostra rete possono essere vicini anche se divisi”.

La difficoltà principale, spiega Casaura, è stata quella di produrre un filmato nel momento in cui le produzioni erano bloccate, ma anche in questo caso la rete ha rappresentato la soluzione: “Ci siamo rivolti ai clienti, diretti in remoto da un regista che magari chiedeva loro di spostare un po’ una luce o migliorare un’inquadratura… Il risultato è che un prodotto che ormai si era quasi
banalizzato e trasformato in commodity come l’energia elettrica – perché molti davano per scontata la connessione internet – ha riacquisito un valore emozionale. Si è trattato di un’esperienza che ci ha traghettato nel futuro nell’arco di pochissimi giorni, permettendoci di cogliere un’opportunità nei modi e nei toni giusti”.

Anche Francesca Sansò, Marketing Director di GBFoods (Star), ha testimoniato la reazione dell’azienda in due fasi distinte: “La prima domanda che ci siamo posti è stata come potevamo garantire i basic del prodotto in un momento di oggettivo aumento dei consumi a casa, quindi assicurando la presenza sugli scaffali e, a monte, la filiera produttiva. Per questo abbiamo
immediatamente razionalizzato ogni programma di marketing, fermando la comunicazione e compiendo una scelta di CSR ‘interna’ per stabilire a quali prodotti dare la priorità”.

A questa prima fase ne è però seguita immediatamente un’altra più proiettata sul futuro: “La crisi rientrerà – spiega Spanò – e noi aziende dovremo accompagnare i consumatori durante la ripresa.

Per questo dobbiamo studiare già oggi come farlo, mostrando ottimismo anche se senza esagerazioni, e proprio per questo stiamo pensando a una campagna che possa trasmettere al consumatore fiducia e sostegno”.

Se come diceva Casaura cogliere l’opportunità non è sbagliato, Spanò aggiunge che alla fine dell’emergenza il valore effettivo della CSR sarà notevolmente amplificato: “La social responsibility diventerà una realtà, non solo per i brand ma anche per i consumatori, che non si limiteranno più solo a dichiarare la loro disponibilità o interesse verso le aziende responsabili, ma agiranno concretamente scegliendo i prodotti e premiando le aziende più corrette”.
Dopo il lockdown?
Nicola Neri, Chief Executive Officer di Ipsos Italia, il compito di illustrare il sentiment più probabile nel post-crisi: “Sicuramente ci porteremo dietro molti strascichi di questa quarantena – ha detto Neri –:per esempio stabiliremo delle nuove routine che ci porteranno a comportarci in maniera diversa e quindi a consumare in maniera diversa”.
Oggi, intanto, emerge chiaramente la voglia di tornare appena possibile alla normalità e alle relazioni personali: “Il 39% indica come priorità l’andare a mangiare o a bere fuori, il 36% quella di rivedere i propri cari e il 33% gli amici. Seguono poi il desiderio di fare passeggiate in centro oppoure nel verde – entrambe con il 26%”.

È però il momento di chiedersi anche come cambieranno i modi di fare queste esperienze così desiderate, e secondo Sampietro occorre iniziare a ragionare non più solo in termini di social distancing ma di distant socializing: “Sulla scorta anche di quanto si sta vedendo in Cina – afferma – è impossibile pensare a un'uscita dal lockdown priva di rigidi controlli e imposizioni sul
distanziamento sociale per evitare un ritorno del contagio. E più in generale, al netto dei cambiamenti più strettamente legati a indicazioni governative tese al contenimento del contagio e di quelli invece conseguenti al mutato potere di spesa degli italiani in vista di una forte recessione, l'epidemia impatterà sui nostri comportamenti e abitudini seguendo con molte probabilità 4 macro tendenze”.

Innanzitutto, come abbiamo visto, la voglia di socialità: ma si dovranno trovare nuovi modi e nuove forme per lo stare insieme, tenendo conto di tutte le restrizioni utili a contenere eventuali contagi di ritorno che non spariranno da un giorno all’altro.

Al primo posto ci saranno infatti i valori fondamentali della salute e della sicurezza: c’è però da domandarsi se e quanto saremo disposti ad accettare compromessi sulla nostra privacy pur di assicurarci una maggior tutela.

Come già più volte sottolineato, l’adozione del digitale a tutti gli effetti esplosiva è il primo insight di questo periodo: un salto quantico e non solo legato alla comunicazione, ma anche all’eCommerce, eLearning, streaming, socializing, ecc. Si pensi allo smart working: prima del coronavirus lavorava in remoto il 2% dei dipendenti (570mila persone in tutto); ora il 73% delle aziende ha introdotto lo smart working in maniera massiva, e 2 su 5 intendono proseguire anche a emergenza finita. “L'accelerazione che abbiamo vissuto è destinata a cambiarci per sempre – sottolinea Sampietro –, e porterà aun incremento massiccio nelle interazioni mediate dalla tecnologia, sia nei servizi che nelle esperienze. Assisteremo poi molto probabilmente a un ‘rebalancing delle priorità’: lo stop forzato e il rischio del contagio non potranno non portare a un ripensamento della globalizzazione sul piano collettivo e della scala di priorità dei valori su un piano individuale”.

Il futuro per i brand
Secondo Sampietro, dai trend sopra descritti deriva la necessità per i brand di un nuovo approccio strategico e integrato basato su 4 imprescindibili driver: Equity, Safety, Media e Tech: “Questo approccio significa che i brand devono partire dal definire e raccontare in maniera chiara e adatta al contesto la propria purpose, lavorando sulla propria equity e sapendola definire su tutti i canali in modo nativo per ogni media: quindi per ogni piattaforma andrà pensato uno specifico contenuto”.
In uno scenario in cui la socialità dovrà continuare a fare i conti ancora presumibilmente a lungo con le misure di sicurezza, i brand dovranno imparare a costruire nuovi format e inedite modalità di fruizione per le esperienze fisiche: ci sarà ancora spazio per gli eventi?
Francesca Spanò e Melissa Lee concordano sul ‘ridimensionamento’ e la riconversione: “Quando ricominceremo a uscire vorremo sapere con chi stiamo per farlo e se ci potremo fidare: lo definirei ‘selective socializing’ perché la selezione sarà il pensiero guida. Il grande evento dovrà per forza di cose essere riconvertito in qualcosa di più piccolo, dove magari ci saranno meno persone ma sarà maggiore la qualità dei contenuti. Ma insieme non dovremo tralasciare la dimensione casalinga: non ce la dimenticheremo facilmente, e i brand farebbero bene a trovare nuovi modi per entrare nelle case dei consumatori, per esempio sperimentando con lo streaming, con eventi esclusivi o tailor made per piccoli gruppi”.

Le dimensioni delle esperienze sono fondamentali – aggiunge Casaura, perché un conto è l’uscita con un gruppo per il piacere della socialità – un’uscita al pub, al ristoranteo al cinema con gli amici – altro sono i grandi eventi come concerti o partite di calcio: “Nel primo caso dovremo trovare il modo per trasportare quel tipo di esperienze in luoghi sicuri come le case, che invece per i secondi non sarà possibile, perché chi va allo stadio per una partita o un concerto non va per vedere o sentire, ma per far parte di una grandissima comunità che non si conosce ma che si sente vicina per la comune passione. Ma su questo fronte non ci sono ancora risposte né ipotesi, e anzi con il mio team in Vodafone stiamo ragionando come se questo tipo di eventi non esisterà più per
trovarfe soluzioni alternative.”

 

Tommaso Ridolfi