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Efficacia e risultati? Non basta una ‘Big Idea’, servono i mezzi giusti. Il tema al Club della Buona Comunicazione

Ceres, Danone e CheBanca! sono state le aziende protagoniste del secondo incontro firmato ADC Group, ospite questa volta presso la sede Nestlé. I relatori hanno sviluppato il tema della ‘Big Idea’ e della sua declinazione sui diversi mezzi di comunicazione: dall’instant marketing di Ceres al progetto glocal di Danone, fino al mix di retail, comunicazione e immagine che ha consentito a CheBanca! di conquistare il mercato. Il Club della Buona Comunicazione si è confermato, ancora una volta, ideale momento di networking e formazione per le aziende.

La ‘Big Idea’ e il modo in cui essa viene declinata sui diversi mezzi di comunicazione: questo il tema del secondo incontro del Club della Buona Comunicazione, l’iniziativa promossa da ADC Group e riservata alle aziende con il duplice obiettivo  di condividere best practices e problematiche del settore del marketing e della comunicazione e di creare proficue occasioni di networking.

Dopo l’incontro dello scorso giugno presso Mattel, questa volta il Club della Buona Comunicazione si è riunito mercoledì 15 dicembre nella sede Nestlé di Assago (Milano). Come ha specificato Walter Scieghi, Head of Marketing & Consumer Communication del Gruppo Nestlé in apertura di incontro, “Il problema, oggi, non è più quello di raggiungere il consumatore, ma quello di catturare la sua attenzione”. 

I tre protagonisti dell’incontro hanno quindi illustrato strategie e approcci di grande impatto.
 

Ceres, dall’instant marketing allo storytelling sui social

Roberto Zepponi, Direttore Marketing e Trade Marketing Ceres, ha illustrato il modo unconventional, in linea con lo ‘stile Ceres’, con cui il marchio, riconosciuto come tipico degli anni ’80, è riuscito a fare breccia sul target dei Millenials, cavalcando la digitalizzazione e vincendo la frammentazione dei consumi e dei media. La necessità di arrivare al target di riferimento è stata raggiunta attraverso l’instant marketing, fatto di messaggi ironici, pungenti, virali sui canali social, ma anche di azioni territoriali non convenzionali e fortemente distintive.

Un ulteriore passo in avanti - quello che ha permesso all’instant marketing di trasformarsi da azione circoscritta a vera e propria strategia - è stata l’evoluzione verso lo storytelling. “Lo storytelling tiene agganciato il target per un periodo più lungo, in modo più approfondito e coerente con l’interesse dei singoli utenti - ha dichiarato Zepponi -.  La storia deve essere molto forte, ma allo stesso semplice e declinata su un mix di digital che la racconti in modo costante, lasciando al consumatore la scelta di quanto e quando approfondire e condividere. Operazioni che portano più traffico rispetto alle normali sponsorizzazioni”.

Raccontando delle storie, come quella che ha documentato sui social il viaggio di un pulmino con quattro fan italiani con destinazione Leicester per portare una birra al giocatore Drinkwater raggiungendo tra radio e digital i 7,4 milioni di utenti -, Ceres ha colpito un target giovane e ampio, dando agli utenti la possibilità di scegliere come e quando collegarsi.

Altri esempi di tale approccio sono l’operazione #sanremoceres, con la quale Ceres, durante l’ultima edizione del Festival canoro, ha affittato il balcone di fianco al Teatro Ariston dando visibilità ai Tweet degli utenti e raggiungendo 7 milioni di persone, e l’operazione #sfashionweek, svoltasi durante la Milano Fashion Week, con cui Ceres ha fatto sfilare in strada, su una passerella, la gente comune.

Attraverso uno storytelling così strutturato e declinato in ambito digital, Ceres ha raggiunto un triplice vantaggio: la massimizzazione dei contatti, la creazione di un fil rouge e la possibilità di andare oltre il social, ovvero di poter declinare la ‘Big Idea’ anche in altri ambiti, quali la radio e il territorio.

In questo contesto, la Tv è rimasta, invece, il mezzo per parlare al target ‘storico’.

 

Danone, l’idea del benessere vince su ogni canale

Valeria Surico, Connection Martketing Manager Danone, invece, ha spiegato la ‘Big Idea’ del riposizionamento di Activia, sviluppatosi attraverso un Local Amplification Plan e basatosi sul concept ‘InSync’, che ha sostituito la campagna che vedeva protagoniste Alessia Marcuzzi e Jeppy Cucciari.

"InSync - ha dichiarato Surico - è un progetto globale declinato poi a livello locale, nato dalla collaborazione con il network Discovery, sui cui canali è stato poi trasmesso. L’idea di base è quella per cui basterebbero 120 secondi - il tempo medio che si impiega a consumare uno yogurt Activia - per raggiungere l’equilibrio, ovvero, appunto, per vivere InSync".

I ‘120 secondi’ di InSync sono stati declinati su diversi mezzi di comunicazione (Tv, social, territorio, blog…) e su quattro pillar:

- local activation (sviluppo di sei episodi da 120 secondi e sei short video da 20 secondi  in cui le ambassador, tra cui Simona Atzori, hanno raccontato la propria filosofia ‘InSync’)
editorial plan (articoli e post in ottica native)
events e pr plan (attivazioni territoriali, come ad esempio la sponsorizzazione di Elle Active!)
- scelta di influencer e ambassador di marca.

Queste ultime si sono rivelate cruciali per il successo dell'operazione. Danone ha selezionato Anna Foglietta, Simona Atzori, Gabriella de l'Ero, Laila Pozzo, Elisa Di Francisca, Viviana Varese. 
 

CheBanca!, la ‘Big Idea’ è un mix di elementi… e la banca diventa una scelta

Il terzo intervento è stato quello di Luca Prina, Direttore Centrale Marketing e Comunicazione CheBanca!, cha ha raccontato i grandi passi in avanti fatti dalla banca dal 2008, anno della sua fondazione, ad oggi. La ‘Big Idea’, in questo caso, è stata rivoluzionaria rispetto al tradizionale sistema bancario, e ha fatto leva su diversi aspetti, rivelatisi poi vincenti: dal punto vendita, concepito come uno spazio moderno e senza barriere architettoniche, a una comunicazione chiara, efficace, efficiente e distintiva, dal nome CheBanca! (che di per sé è una sfida) al colore giallo, elemento distintivo e importantissimo, fino al rapporto stretto con il territorio.

“Quando nel 2008 abbiamo fondato CheBanca, in Italia c’erano più di 800 marchi di istituti di credito - ha raccontato Prina -. E secondo una nostra indagine, agli italiani non importava che venisse creato un ulteriore istituto. La questione cruciale, però, era che fino a quel giorno, la banca non era mai stata una scelta. Ci siamo quindi chiesti: ‘Che caratteristiche deve avere una banca per essere la banca ideale?' e attraverso un mix di elementi siamo arrivati ai risultati di cui oggi andiamo orgogliosi. Oggi continuiamo a sfruttare tutti i touchpoint, in particolare il digitale, cercando di declinare il percorso di crescita attraverso uno storytelling costante”.

Chiara Pozzoli