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Cannes 2017. Di Publicis e WPP, del futuro di Cannes e dei tagli ‘autolesionistici’

La notizia che Arthur Sadoun, da poco più di un mese nuovo presidente e Ceo di Publicis Groupe, abbia deciso di tagliare con effetto immediato e per un intero anno tutte le spese di marketing ha stupito, per non dire scioccato, i partecipanti ai Cannes Lions: accentuando il dubbio, già espresso da altri, anche se in modo meno eclatante, che il ROI del Festival per le agenzie sia andato scemando nel tempo fino ad azzerarsi.

(Cannes – dal nostro inviato Tommaso Ridolfi) La notizia che Arthur Sadoun (nella foto in alto) nuovo presidente e Ceo di Publicis Groupe, abbia deciso di tagliare con effetto immediato e per un intero anno tutte le spese di marketing ha stupito, per non dire scioccato, i partecipanti al Festival di Cannes: dalle altre agenzie ai clienti, fino a molti ‘interni’ che hanno scoperto la cosa dalla stampa di settore prima che dalla comunicazione interna. Sadoun ha spiegato che il taglio servirà a finanziare lo sviluppo della piattaforma Marcel, il cui lancio è previsto per il giugno del 2018 in occasione della terza edizione di Viva Technology, un appuntamento dedicato a tecnologia e innovazione, ideato proprio dall’ex chairman di Publicis, Maurice Levy, di cui Sadoun ha preso il posto meno di un mese fa.

 

Anche ieri, nel corso di una riunione a porte chiuse con 200 dei principali creativi del gruppo, Sadoun ha ribadito e motivato la sua scelta, sostenendo che il problema non è la mancanza di fiducia nella creatività, ma la volontà di investire ogni possibile sforzo sulla nuova piattaforma basata sull’Intelligenza Artificiale che – mettendo in contatto l’intero staff del Gruppo a livello globale –, consentirà di trovare soluzioni sempre migliori e sempre più tempestive ai problemi di business dei clienti. “Sarà davvero una svolta epocale che cambierà le regole del gioco” ha dichiarato Sadoun. Ma ha anche aggiunto che vedere che di fronte al Palais c’è una ruota panoramica brandizzata Snapchat anziché dal logo di qualche agenzia è un simbolo evidente di ciò che è diventato il Festival.

 

ruota

 

 

Come se ciò non bastasse, il fatto che tale decisione sia stata annunciata proprio nel mezzo della kermesse mette ulteriormente e fortemente in discussione il ROI stesso della partecipazione a Cannes e ad altri eventi del genere da parte delle agenzie (e delle loro holding di riferimento). Secondo quanto risulta ad Advertising Age, Publicis sarebbe il terzo cliente per numero di iscritti ai Leoni dopo Omnicom, al primo, e WPP al secondo, spendendo circa 2 milioni di euro all’anno: contando però oltre i fee di iscrizione anche la partecipazione dei suoi delegati e le spese logistiche per portarli, ospitarli e nutrirli sulla riviera francese, il budget dedicato a Cannes raggiungerebbe qualcosa come 20 milioni di euro.

 

Maurice Levy: Festival costoso e troppo centrato sulla tecnologia

Lo stesso Maurice Levy, parlando a Parigi all’ultima edizione di VivaTech la scorsa settimana, aveva pubblicamente espresso il suo malcontento nei confronti Cannes: “Il Festival sta cambiando – ha dichiarato –. È diventato troppo oneroso e non sono certo che abbia ancora un grande valore per le agenzie pubblicitarie. Dominato com’è dalle società hi-tech, e non si capisce più se il Festival dell’advertising o della tecnologia”.

Cannes, ha proseguito Levy, è sempre stato dedicato alla creatività, alla celebrazione del lavoro, delle soluzioni di marketing e delle persone più creative, non della tecnologia: “Per questo non ha più il significato che aveva una volta, e dovremo essere estremamente attenti e cauti rispetto a ciò che sta diventando”.

 

Maurice Levy CEO Publicis Groupe

 

I commenti di Martin Sorrell (WPP) e Yannick Bolloré (Havas Group)

Un’altra voce di peso sul presente e sul futuro di Cannes è quella di Sir Martin Sorrell, che commentando la decisione del chairman di Publicis si è domandato se e quanto questa possa essere gradita dai clienti, ammettendo però di non aver ancora deciso se il prossimo anno il Gruppo WPP, di cui è chairman, parteciperà o meno alla kermesse sulla riviera francese. In uno speech ospitato ieri qui a Cannes dal Financial Times, Sorrell ha dichiarato infatti di aver già tagliato le spese dedicate all’evento: quest’anno a Cannes sono presenti circa 500 delegati WPP anziché i 1.000 del 2016, oltre al minor numero di lavori iscritti. Sorrell ha aggiunto anche di non trovare più nel Festival lo spirito di celebrazione della creatività da cui è nato, ipotizzandone per di più lo spostamento in una grande capitale – come Londra, Parigi o New York – nonostante con i tempi che corrono ciò potrebbe comportare un rischio inappropriato.

"Preferisco non commentare – ha affermato invece Yannick Bolloré, chairman e Ceo Havas Group ai nostri microfoni (leggi news)– ma il Gruppo Havas ha una strategia del tutto diversa: per noi la creatività è un core value e pertanto torneremo a Cannes e continueremo a investire nel Festival, che rappresenta un momento importante per noi e per i clienti". 

 

Philip Thomas (Ascential): non è la fine del mondo

Le azioni di Ascential, la società cui fa capo l’organizzazione del Festival che l’anno scorso ha fatturato 72 milioni di dollari – il 10% dei quali attribuibili a Publicis –, alla notizia della decisione di Sadoun hanno perso il 3,8% alla borsa di Londra.

Ai microfoni di ADVexpress, però, il Ceo di Ascential Philip Thomas (fino allo scorso anno managing director dei Cannes Lions), si è dichiarato assolutamente tranquillo: “Publicis per noi è un cliente importante, ma come lo sono molti altri. E noi li rispettiamo tutti, qualsiasi siano le loro decisioni. Inoltre, quello che hanno dichiarato è che non parteciperanno all’edizione del 2018, non che non lo faranno mai più. Quindi ripeto: massimo rispetto per la loro decisione”.

 

Philip Thomas

 

 

La reazione dei clienti

Gli organizzatori avevano già fatto notare, prima ancora dell’apertura dei lavori sulla Croisette, come nonostante il numero di entries fosse in calo (41.000 contro i 43.000 del 2016), ma che era in netto aumento il numero di iscrizioni provenienti direttamente dai clienti e dalle case di produzione. Se questo sarà sufficiente a coprire la defaillance di Publicis sembra improbabile, ma fra i clienti intervistati dalla stampa di settore internazionale tale idea non sembra trovare granché riscontro.

Syl Saller, global chief marketing officer Diageo, ha dichiarato ad AdAge che “Si tratta di una mossa sbagliata, perché i creativi delle agenzie danno valore ai premi. E avendo visto dati a sufficienza, credo che i premi alla creatività conducano davvero a risultati migliori”.

Secondo il chief marketing and communications officer di Unilever, Keith Weed, l’assenza di Publicis renderà Cannes e altri eventi similari un po’ meno ‘efficienti’, ma che è una loro decisione e va rispettata: “So che si stanno levando diverse voci a sostegno dell’idea che il Festival sia diventato troppo grande, troppo confuso, troppo complesso e anche troppo costoso. E su questi aspetti l’organizzazione dovrebbe riflettere. Per noi ha funzionato sempre molto bene, ma la gente vota con i suoi piedi e il suo portafoglio, e sarà interessante vedere cosa succederà”.

 

Resta un dubbio

Al di là delle peraltro condivise critiche alla dimensione tecnologica e alla sempre maggior complessità – e confusione – che pervade il Festival, la decisione di Sadoun non riguarda solo ed esclusivamente il taglio delle partecipazioni ai premi ma dell’intero budget di marketing. Su quale base, viene quindi spontaneo domandarsi, sarà ancora possibile per il Gruppo Publicis sostenere che la spesa in marketing e comunicazione non è un costo ma un investimento?

La risposta è nella vecchia, ma sempre valida, pagina pubblicitaria di un nome storico della pubblicità italiana, Pasquale Barbella, creata a metà degli Anni Novanta e che potete vedere qui sotto…

 

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