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Omnicom Media Group: dalle piante nuovi modelli organizzativi per l'umanità e le aziende. Girelli: "Ufficiale la vittoria della gara media Zalando. Nel 2020 il debutto in Italia di Hearts&Science"

Il gruppo di cui è Ceo Marco Girelli (a destra nella foto), ha inaugurato il 17 gennaio un nuovo percorso di riflessione sui temi della sostenibilità in vista di un cambiamento di paradigma anche nelle relazioni con i clienti. L'incontro con lo scienziato Stefano Mancuso (a sinistra nella foto), fondatore della neurobiologia, ha visto la partecipazione anche di Ohga, la testata digitale di Ciaopeople dedicata a health e benessere. Sul fronte gare, ufficializzata la vittoria di Zalando. Intanto a fine marzo, la prima iniziativa 'green' con la piantumazione di 600 alberi nel Parco Nord di Milano.

Omnicom Media Group Italy inaugura con il 2020 un nuovo percorso di riflessione idealmente racchiuso nel numero 6371, il numero dei chilometri del raggio della Terra. In questo percorso “sostenibile” rientrano una serie di iniziative concrete come la piantumazione, a fine marzo, di 600 alberi nel Parco Nord di Milano. L'obiettivo è però di lungo termine e molto più ambizioso: non si tratta di un approccio 'green' tout court, ma della ricerca di modelli alternativi di organizzazione e di sviluppo per realizzare un vero e proprio cambio di mindset, un paradigma nuovo per l'industry della comunicazione.

"Abbiamo raggiunto la quota di 550 dipendenti, abbiamo la responsabilità di immaginare nuovi mondi possibili, in cui le strutture organizzative siano più flessibili e modulari, i rapporti con clienti e fornitori più trasparenti e l’approccio verso le rivoluzioni tecnologiche che influenzano le nostre vite e il nostro lavoro siano orientati da punti di vista nuovi e perché no, anche bioispirati”, sostiene Marco Girelli (a destra nella foto), Ceo di Omnicom Media Group Italy.
E mentre sul fronte più strettamente di business, Girelli ufficializza la vittoria della gara per il media planning & buying di Zalando (già pubblicata da ADVexpress il 5 gennaio, vedi news) e di essere al lavoro per il debutto in Italia nel 2020 di Hearts &Science, la data-driven agency che dovrebbe rappresentare l'evoluzione di Omni@, OMG ha tenuto a battesimo proprio venerdì 17 gennaio, il primo momento di approfondimento “sostenibile”
dell'anno dedicato a clienti, partner e collaboratori interni. Tema dell'incontro Intelligenze vegetali: le piante come nuovo modello per il nostro futuro, di cui è stato protagonista Stefano Mancuso (a sinistra nella foto), scienziato e padre fondatore della neurobiologia, professore dell'Università di Firenze dove dirige il LINV – Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale.

Il discorso di Mancuso è stato preceduto dall'intervento di Ohga, testata digitale su benessere e sostenibilità del gruppo Ciaopeople, di cui Giorgio Mennella è Advertising Director, che ha sponsorizzato l'evento. L’esperienza della testata, diretta da Simona Cardillo (foto sotto), ha portato alla nascita di 'Ohga et Labora', una rubrica che racconta nuove idee di business sostenibili e pensate da giovani. Start-up come Wiseair, fondata dal ventiquattrenne Fulvio Bambusi (nella foto), che ha realizzato un vaso per piante 'smart' chiamato  (“Perché senza dati siamo persi in un labirinto senza via d'uscita”, ha  Bambusi): piazzato sul balcone di casa, è in grado di monitorare la qualità dell’aria trasmettendo i risultati su un'app che sarà scaricabile da fine gennaio.

Simona Cardillo e Fulvio Bambusi

 Il progetto coinvolge i cittadini come parte attiva del cambiamento e, tramite il crowdfunding, sono già partiti ordini per l'acquisto di 150 vasi Arianna che saranno posizionati nei prossimi mesi a Milano.

La nazione delle piante: intelligente perché basata su un modello di organizzazione diffusa
La 'nazione delle piante' è la più grande e la più popolata del pianeta: la biomassa dei vegetali occupa l'85% della Terra, quella degli animali (esseri umani compresi) un minuscolo 0,3%. I funghi, tanto per chiarire le nostre dimensioni, ci superano ampiamente con l'1,8%. Eppure i discendenti dell'homo sapiens sapiens non soltanto ignorano, ma addirittura distruggono l'habitat che li ospita con il loro comportamento dissennato. “Siamo l'unica
specie che distrugge sistematicamente l'ambiente in cui vive, mettendo in pericolo la sua stessa sopravvivenza”, ha detto Stefano Mancuso, facendo notare con quanta arroganza l'uomo si sia autodefinito sapiens sapiens, cioè doppiamente intelligente rispetto alle altre forme viventi.
C'è un termine scientifico che indica la cecità dell'uomo nei confronti delle piante: si chiama plant blindness e deriva dall'evoluzione del nostro cervello che, riuscendo a processare un numero di informazioni limitate, si è dovuto concentrare solo su quegli elementi immediatamente riconoscibili come pericolosi, gli animali e gli altri uomini appunto. E così le piante, innocue quindi invisibili, stanziali perché radicate nella Terra, hanno preso una strada evolutiva diversa.
Ma siamo davvero i più intelligenti in circolazione? Il nostro modello di sviluppo, la nostra organizzazione gerarchica e verticistica è veramente la migliore possibile? Evidentemente no. E Mancuso lo ha dimostrato con esempi reali, tratti da esperimenti validati in laboratorio: di fronte allo stesso ostacolo
(trovare la via di fuga da un labirinto, sollevare un peso che impedisce l'uscita verso l'alto), le piante sono state molto più rapide e intelligenti degli esseri umani nel trovare la soluzione corretta al problema. “Questo perché – ha spiegato lo scienziato – le piante non agiscono seguendo le organizzazioni gerarchiche umane, fondate su centri di comando e funzioni che dall'alto si propagano verso il basso, ma cooperano attraverso un modello diffuso e decentralizzato. Purtroppo l'uomo tende a replicare questo modello organizzativo in tutte le sue attività, anche in luoghi come Internet, per esempio, nati per favorire un accesso orizzontale alle informazioni”.

Ci sono tuttavia eccezioni positive, come l’azienda americana di lavorazione dei pomodori Morning Star che ha superato il modello della tradizionale gerarchia aziendale, ma gli esempi sono ancora limitati e l'uomo fa ancora, purtroppo, parte di quella specie che per il 68% obbedisce ciecamente ai comandi di un superiore “anche se questo può portare alla morte di un suo simile”, ricorda Mancuso citando l'esperimento di psicologia sociale condotto da Stanley Milgram negli anni Sessanta. Gli stessi anni in cui Hannah Arendt metteva il mondo di fronte alla “banalità del male” dei gerarchi nazisti.

Quindi la lezione che, secondo il professor Mancuso, è possibile trarre dalle piante è duplice: oltre a rappresentare il futuro per la sopravvivenza della nostra specie (senza la loro fondamentale funzione di assorbimento di CO2 il pianeta è destinato a diventare un deserto come Marte), gli uomini e le aziende devono imparare dal mondo vegetale anche nuovi modelli di organizzazione e di cooperazione. Per provare davvero a essere migliori, per una volta.


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