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Summit OBE. Nel 2018 in Italia il mercato del Branded Entertainment varrà 421 mln, +16,9% rispetto al 2017. Largo consumo, Fashion e Automotive i big spender

Un comparto in decisa crescita, sempre più digitale, dove la parte del leone la fanno le produzioni originali (73%) e il costo medio di un progetto è 100 mila euro. Awareness e Brand Imagine sono invece i principali obiettivi perseguiti. Sul palco dell'OBE anche San Pellegrino e Conad a raccontare il loro approccio strategico al BE, così come Intesa Sanpaolo, M&C Saatchi e Fox si sono confrontati sui trend in atto e gli attori coinvolti.

Il Summit OBE 2018 (leggi news), è stato il contesto perfetto per fare il punto su andamento e rilevanza del Branded Entertainment nel mercato italiano. Sul palco dell'evento sono stati presentati i risultati della la nuova edizione dell’indagine sul Mercato del BE in Italia condotta da OBE in collaborazione con Havas Media Group, che attraverso l'intervento di Guido Surci, consigliere OBE e Chief Strategy&Innovation Officer Havas Media Group, ha svelato insight su investimenti, attori, filiera e strategia.

Obiettivo della ricerca fare un po' di chiarezza su elementi del BE che oggi hanno ancora zone d'ombra. Tra questi le dimensioni del mercato, gli attori, la filiera di produzione, gli obiettivi che le marche si danno e come li raggiungono, ma anche l'evoluzione del comparto nei prossimi anni.

Subito una precisazione. Il BE è una leva di comunicazione che si traduce nella rea.izzazione di progetti editoriali dal forte valore intrattenitivo, di cui il brand è produttore o co-produttore.  Al suo interno ci sono due macro categorie: Produzioni Originali, dove la marca gestisce in toto il contenuto creato ex novo per il brand, e Branded Integration, dove il contenuto è prodotto da terzi e la marca si inserisce nel flusso della narrazione.

Non rientra invece nella definizione di BE il Product Placement, cioè la semplice visualizzazione del prodotto o del marchio in un contenuto preesistente senza integrazione tra brand e contenuto a livello narrativo o valoriale.

In due anni il BE sta facendo la parte del leone nel modo in cui le marche comunicano al consumatore fuori dai canali classici della pubblicità, con le produzioni originali che interessano il 73% dei progetti realizzati. 27% sono invece operazioni di Branded Integration, quelli cioè dove la marca va 'a cavallo' di prodotti editorialmente gestiti da terzi.

Guardando le effettive dimensioni del comparto, nel 2017 il mercato italiano del BE ha prodotto 3.600 progetti per un valore di 360 milioni di euro in crescita del +14,4% rispetto al 2016. Crescita ancora più rilevante se paragonata ai 170 milioni di euro di quattro anni fa, come evidenziato dalla prima edizione di questa ricerca.

Il budget medio per progetto oggi è pari a circa 100 mila euro, dimezzato negli ultimi quattro anni, soprattutto grazie alla digitalizzazione di molti progetti che ha comportato un notevole abbassamento dei costi.

Per il 2018 è previsto un trend di crescita a doppia cifra per il mercato del BE: 421 mln, + 16,9% rispetto al 2017.

Largo consumo, Fashion e Automotive i settori che utilizzano maggiormente il BE, agevolati probabilmente da una predisposizione naturale alla narrazzione.

Relativamente ai Formati utilizzati, spiccano i Video digitali (28,4%) e i Programmi tv (22,5%). Seguono a ruota: Pubblicazioni digitali e cartacee (19%), Eventi veicolati sui media (15,5%), Games e/o App (6,9%), Programma radiofonico (4,3%) e Videoclip musiocale (3,4%).

Oramai i contenuti non possono più vivere su un solo canale. Ci vuole un approccio multipiattaforma e l'abilità nel riuscire a declinare uno stesso contenuto su più canali di distribuzione. Gli investimenti inoltre stanno decisamente aumentando soprattutto nel digital, considerati i minori costi sia di produzione che di diffusione. 

Tra le evidenze emerse, degna di nota anche la composizione della filiera del BE che è risultata affollata e frammentata. Ci sono infatti spesso molti interlocutori intorno al tavolo, ognuno con i propri obiettivi. Dall'azienda al centro media, passando dall'editore. Il 30% dei progetti vede coinvolte le agenzie (media o creative). Ma ci sono anche Broadcaster, concessionarie, le digital platform. La difficoltà è fare ordine e sinergia. Solo in questo modo si possono garantire prodotti di qualità e in linea con il posizionamento del marchio e del canale di riferimento.

Guardando invece agli obiettivi del BE, è emerso che per il 59% sono nella parte più alta del funnel del percorso del consumatore. Tra gli obiettivi di un'operazione di BE spiccano l'Awareness sul target ma soprattutto le associazioni di valori al marchio (Brand Imagine), perché con un BE ben fatto si possono andare a rafforzare i concetti valoriali sul brand.

La misurazione dei KPI del contenuto è fondamentale perché permette di capire se si sta andando nella giusta direzione. Oggi la misurazione è maggiormente concentrata su engagement (70,7%) e awareness (61%).

 

Le aziende nel mercato italiano del BE

Casi virtuosi di utilizzo del BE nel nostro Paese sono, tra tanti, San Pellegrino e Conad. A raccontare l'approccio strategico al mezzo, sul palco del Summit, Stefania Strasserra, Head of Digital IBU di San Pellegrino, e Silvia Bassignani, Head of Communication and Customer Marketing di Conad.

"Per noi è stato molto naturale approdare a quello che in maniera accademica è definito Branded Entertainment, perché ci veniva naturale illustrare l'anima del nostro brand, l'immaginario del posizionamento della nostra marca che dal 1889 racconta  di un mondo legato a gastronomia, food e made in Italy. Il digitale ci ha permesso di accelerare questo tipo di racconto, ma soprattutto di accedere a dei pubblici nettamente più ampi rispetto al passato. Per noi il BE è strategico perché riusciamo a coinvolgere due tipi di audience e stakeholder che sono il grande pubblico e il mondo degli chef. Il BE ci permette di intrattenerli con del contenuto rilevante. Il nostro branded content magazine (firmato Yam112003) Fine Dining Lovers, dedicato alla cultura del gusto e al piacere della convivialità, vive con successo da diverso tempo in rete dimostrando l'efficacia del mezzo nel raggiungere i nostri obiettivi" ha spiegato Stefania Strasserra.

Anche per Conad l'approccio al BE è stato piuttosto naturale.  Come illustrato da Silvia Bassignani infatti: "In Conad avevamo una motivazione precisa per il ricorso al BE, legata al fatto che non volevamo solo farci ricordare ma soprattutto ascoltare. Da qui l'idea di creare una piattaforma che potesse promuovere i valori alla base del brand. Abbiamo un posizionamento, da 5 anni a questa parte, che è "persone oltre le cose", che per noi significa che le cose si vendono e le persone si comprendono.  La naturale evoluzione è stata verso il concetto pubblicitario con cui siamo attualmente in onda, e cioè che è "nessun uomo è un'ìsola" che parte dalla nostra convinzione che il brand non può isolarsi ma deve comunque essere e raccontarsi all'interno di un contesto. Conad è fatto da soci imprenditori che sono prima di tutto cittadini autori di molte attività sul territorio. La nostra esigenza non era dunque quella di inventarci delle storie, ma trovare un nuovo linguaggio per raccontare le nostre. Una piattaforma valoriale alla marca e che la aiuti a farsi ascoltare e non solo conoscere. Quale strumento più azzeccato del BE per farlo, visto che già investiamo tanto in adv classico." Il brand è attualmente online con la web serie Nerissimo con Neri Marcorè (leggi news).

Aziende e agenzie a confronto 

Al Summit OBE anche Fabrizio Paschina, Head of Adversing & Web di Intesa Sanpaolo, Carlo Noseda, Managing Partner di M&C Saatchi ed Emanuele Landi, Director Media Sales & Partnership di Fox Networks Group, hanno commentano i trend in atto e gli attori coinvolti.

Andrew Canter, CEO – BCMA (Branded Content Marketing Association), nel suo intervento era arrivato alla conclusione che il branded content funziona quando genera valore per la somma di tre elementi: il brand, il distributore e per il produttore. Niente di più vero per Fabrizio Paschina che sottolinea: "Il bello di operazioni di BE è che non devi disegnare tu a priori la piattaforma che si verrà a creare strada facendo e nemmeno devi dire necessariamente qualcosa. Basta lanciare un'idea forte e poi ogni attore della filiera ne prende un pezzo e, a seconda dell'industry di appartenenza, capisce come utilizzarlo e farlo proprio. Non esiste più distinzione tra comunicazione esterna e interna, esistono persone che devi mettere nelle condizioni di potere raccontare a modo loro qualcosa. Nel nostro caso il progetto B Heroes (leggi news) ne è un esempio perfetto. Un progetto che ha performato molto bene anche sul piano della reputation aziendale."

Come per ogni progetto di comunicazione, anche nel BE la creatività gioca un ruolo prioritario non influenzato nemmeno dalle soluzioni tecnologiche sempre più rivoluzioanarie arrivate sul mercato. A sostenerlo è Carlo Noseda. Il Managing Partner di M&C Saatchi precisa che: "la tecnologia affascina talmente tanto che ci s'innamora del meccanismo e ci si dimentica dell'idea. Questo il rischio principale, ma se la tecnologia viene utilizzata come un amplificatore, un acceleratore, può solo che migliorare l'esperienza dell'utente da un lato e della marca dall'altro. Quindi benvenuta tecnologia ma non all'inizio, bensì alla fine del processo di creazione dell'idea."

Come è cambiato invece il lavoro di un broadcaster con l'avvento del BE? "Fox è un broadcaster sui generis perché abbiamo introdotto in Italia il concetto di brand televisivo, simile a un brand consumer" ha commentato Emanuele Landi, aggiungendo: "Oggi con il proliferare di contenuti favorito da internet, tutti si sentono produttori di contenuti e secondo le dinamiche social poi qualunque cosa abbia molte visualizzazioni acquista valore. Per noi non funziona così. Noi abbiamo una missione precostituita: produciamo contenuti di altissimo livello qualitativo seriale, che cercano di fissare dei punti di ingaggio con il pubblico. Questo ci predispone con una capacità altrettanto ambiziosa quando incontriamo i marchi."

Landi conclude con una provocazione: "Non tutti i marchi hanno qualcosa di interessante da dire a priori. I clienti più illuminati sono però quelli che fanno approfondite ricerche sugli insight e sulla marca o su quello che vale la pena raccontare e si affidano a chi è in grado di fare questo tipo di lavoro. Questa è la barriera importante da superare. Quando il cliente diventa produttore di contento e riesce a capire con chi fare squadra e trovare gli insight giusti che rendono rilevante il messaggio, allora arriverà a costruire operazioni di BE efficaci e di successo."