Evento pubblico

Oltre 400 eventi in programma a Parma per il suo ruolo di Capitale italiana della cultura 2020

Sono 65 le iniziative proprie del Dossier candidatura a cui si aggiungono 150 eventi sviluppati da comuni, provincia, diocesi, imprese e associazioni; l’università ha approntato un calendario specificio di 250 incontri sul tema della conoscenza; Emilia 2020, infine, costituisce il programma coordinato con le province dell’Emilia occidentale. Accanto ad arte e musica, cultura educativa, imprese culturali, agroalimentare, memoria e cinema (sono le terre di Bernardo Bertolucci) costituiscono i “pilastri” dell’offerta.

Parma è la Capitale Italiana della Cultura 2020 (www.parma2020.it). L’ambito riconoscimento è dovuto a una progettualità che – oltre a valorizzare la cultura come benessere per la comunità, veicolo di sviluppo sociale ed economico, luogo di libertà e democrazia, spazio e tempo di inclusione e di crescita individuale e comunitaria – intende realizzare attività di lunga durata e lasciare strutture e metodologie per rendere sempre più vivo, concreto e solido il sistema culturale.

Il claim che ha accompagnato fin dall’inizio il programma di Parma2020 è la cultura batte il tempo. Il percorso di candidatura è stato costruito attorno a un polo di riflessione unitario sui diversi “tempi” della città, scommettendo sulla carta dell’inclusione e della sostenibilità.

Esistono tante “Parma”: la città romana e quella medievale, la Parma rinascimentale e quella barocca, la borbonica e l’illuminista, la rivoluzionaria e l’asburgica, la Parma contadina e la Parma imprenditrice, quella verdiana – dei sentimenti forti e nazionali del melodramma – e la Parma delle barricate, quella profonda delle tradizioni popolari, la Parma dell’Oltretorrente e la Parma innovativa e tecnologica: tutte queste sono, insieme, la città di oggi.

A marcare e connotare le diverse temporalità di una città contribuiscono, in ugual misura, le esperienze dei gruppi sociali che vi abitano e che ne scandiscono, per altro verso, il fluire, battendo un altro tipo di tempo: un tempo iperconnesso o pre-digitale, del lavoro e del riposo, del bambino, del giovane o dell’anziano, o ancora il tempo degli stranieri o dei viaggiatori. In questi percorsi si ritrova non solo il senso dell’esperienza estetica nella contemporaneità, ma il significato sociale e politico della cultura, oggi sempre meno svincolato dalla sua portata antropologica: non c’è migliore strategia, per la crescita sociale, dell’osmosi culturale, da ricercare e promuovere all’interno delle pieghe della città.

La cultura batte il tempo sottolinea l’importanza di restituire all’azione culturale il suo ruolo di metronomo della vita della città per favorire l’abbattimento delle barriere storiche e sociali che complicano le forme di dialogo.

A sovrintendere e coordinare il raggiungimento degli obiettivi è il Comune di Parma, che definisce gli indirizzi e le strategie. «L’anno della Capitale non è arrivato per caso o per fortuna, ma grazie a un mix di competenza, intuizione e compiendo i passi giusti» dichiara il sindaco Federico Pizzarotti «Non è un premio, ma un merito. Parma ha fatto squadra e ha vinto una sfida importante. Se il 2020 sarà il grande anno che ci aspettiamo ci guadagnerà la città, la regione e anche l’Italia. Il futuro del nostro Paese si compirà se l'Italia stessa punterà sulla cultura: siamo una grande nazione che vive sopra un patrimonio materiale e immateriale immenso, dobbiamo semplicemente farcene carico e presentarlo al mondo intero».

Il programma

Si parte l’11 gennaio con la parata delle “parole della cultura” da Parco Ducale fino a Piazza Garibaldi. Domenica 12 la cerimonia istituzionale di apertura con Sergio Mattarella al Teatro Regio e infine lunedì 13, festa di sant’Ilario patrono di Parma, la città diventerà palcoscenico di narrazioni e concerti. Il programma, posto sotto il motto “La cultura batte il tempo”, conta oltre 400 appuntamenti.

Sono 65 le iniziative proprie del Dossier a cui si aggiungono 150 eventi sviluppati da comuni, provincia, diocesi, imprese e associazioni; l’università ha approntato un calendario specificio di 250 incontri sul tema della conoscenza; Emilia 2020, infine, costituisce il programma coordinato con le province dell’Emilia occidentale. Accanto ad arte e musica, cultura educativa, imprese culturali, agroalimentare, memoria e cinema (sono le terre di Bernardo Bertolucci) costituiscono i “pilastri” dell’offerta.

Nello specifico il Dossier canditatura si articola in due settori: Progetto Pilota e Officine contemporanee. Il primo vede si compone di due mostre, un evento speciale e quattro open call. Le mostre sono Time Machine(Palazzo del Governatore, 11 gennaio - 3 maggio), nata da un’idea dall’assessore alla Cultura Michele Guerra, studioso di cinema, e curata da Antonio Somaini, sviluppa una riflessione su come l’invenzione dell’immagine in movimento abbia modificato la nostra percezione del tempo e dello spazio con opere di artisti come Douglas Gordon, Rosa Barba, Tacita Dean, Stan Douglas, e filmmakers come Martin Arnold, Harun Farocki, Jean-Luc Godard e Bill Morrison. Hospitale – Il futuro della memoria ( 24 aprile – 10 ottobre) è una installazione su grande scala progettata da Studio Azzurro nella Crociera dell’Ospedale Vecchio, recuperata per l’occasione. Una video-narrazione che racconta la storia dell’Hospitale nato dalle acque – i suoi canali, i mulini, le alluvioni – proiettata su otto grandi superfici tessili. Ancora da definire nella pratica il progetto avviato da un confronto con l’artista Anish Kapoor.

Le open call sono quattro bandi finanziati con budget importanti, per promuovere l’accessibilità e la contaminazione tra cultura, imprese, tessuto urbano, periferie e comunità locali: “Cultura per tutti, cultura di tutti” è dedicata alle nuove sfide dei musei e sviluppata in collaborazione con l’Istituto per i beni culturali dell’Emilia Romagna; “Imprese Creative Driven” è invece mirata a per promuovere la contaminazione tra processi industriali e processi culturali. “Temporary Signs” è un progetto di “riscrittura ambientale” che tiene insieme quartieri e artisti under 35; “Creating sustainability”, per far emergere modelli gestionali di successo attraverso il network delle 116 città creative Unesco.

Se si può muovere una critica “culturale” al progetto, lungi da voler apparire sciovinisti, è l’onnipresenza di termini inglesi dettati più dalle mode frettolose del marketing che da reali esigenze comunicative: food & wine, experience, outdoor, taste, slow, nature... Quasi tutti i termini impiegati sono dotati di eccellenti corrispettivi italiani per altro molto più consoni allo spirito verace del territorio (la cui produzione gastronomica è particolarmente colpita, ironia della sorte, dall’italian sounding). La vocazione internazionale è altra cosa dalla patina indifferenziata di un lessico globalizzato e dal sapore merceologico.

Tempo e tradizione

Lingua a parte, appare stimolante l’idea di riflettere attorno al tema del tempo: sia la stratificazione dei tanti volti assunti da Parma nella storia, sia l’idea di restituire all’azione culturale il ruolo di “metronomo” della vita della città, sia il tempo tout court, tema tanto antico quanto centrale nel dibattito attuale.

A quest’ultimo aspetto è dedicato ad esempio il progetto curato dalla diocesi di Parma (“I Mesi e le Stagioni – Piazza Duomo con gli occhin di Benedetto Antelami”, maggio-novembre) con la discesa a terra dei Mesi antelamici del battistero e perciò finalmente visibili a breve distanza. O ancora il cartellone speciale approntato dal Teatro Regio, imperniato sul concetto di tempo nella musica del Novecento con un repertorio non di ascolto usuale, come ammette la stessa Annamaria Meo, direttore generale del teatro, da queste parti.

Il vero punto di interesse sta forse proprio qui: con questo progetto Parma sembra volersi sganciare da un certo modo di intendere la “tradizione” che sembra permearla – in parte davvero, in parte solo per una proiezione esterna che accentua alcuni aspetti a discapito di altri – per lanciarsi a partire da questo patrimonio nella costruzione e nella comunicazione di una nuova identità, più aperta e dinamica, più attenta ai flussi della contemporaneità: in breve più europea. A questo proposito interviene anche la nuova, elegante e ironica, identità visiva curata da Erik Spiekermann (autore di progetti analoghi per Berlino, Glasgow, Londra e Amsterdam) pervasa dal giallo, il "colore di Parma".

Pubblico e privato

Il processo di questa nuova identità dichiara le proprie basi nel metodo adottato nel percorso verso l’anno di Capitale italiana della cultura. Per Pizzarotti è «aver fatto leva sull’orgoglio del territorio», la condivisione «dal quartiere alle grandi istituzioni». Per Guerra «Parma2020 è stata ed è una grande scuola, alla quale abbiamo imparato che cosa vuole dire lavorare veramente insieme, mettendo in relazione ambiti che di solito non sono abituati a dialogare o che potrebbero sembrare distanti dai temi culturali».

Per il sindaco determinante è stato «il rapporto con i privati, dal bar alla multinazionali, un modello vincente che può essere di riferimento per l’Italia», concetto a cui fa eco Alessandro Chiesi, presidente di “Parma, io ci sto!”: «Il mondo delle imprese ha risposto perché non ci è stata chiesta una sponsorizzazione ma una collaborazione a definire il dossier insieme a tutti gli altri. È stata una delle carte vincenti. Abbiamo portato il punto di vista delle imprese, un mondo dove la cultura è importante e che ha un ruolo nel definire la cultura di un territorio».

Lo stesso Comitato per Parma 2020 si è configurato come struttura di carattere privato, con una vistosa agevolazione sotto il profilo della burocrazia e dell'agilità. Dinamicità del privato, bene pubblico. Tra un anno il bilancio di un esperimento che ci si augura vincente.