Live Communication

Venice Festival Of Media/10. Nuovi modelli di business per l’era digitale

Il tema della sessione di chiusura del Festival dei Media è stato quello dei nuovi, possibili modelli di business per affrontare l'era digitale attraverso la testimonianza di cinque casi molto diversi fra loro – da colossi come Nokia, e MSN, a recenti start up come Anomaly, AdKnowledge e Spot Runner – collegati però dall'essere stati capaci di passare dalle parole ai fatti.

(Venezia. Dal nostro inviato Tommaso Ridolfi). Coordinata da Matt Freeman, ceo worldwide di Tribal DDB, l'ultima sessione dei lavori del Venice Festival of Media 2008 ha illustrato alcune delle possibili evoluzioni dei modelli di business necessari ad adattarsi all'era digitale. "Un'era – ha spiegato Freeman – in cui la digitalizzazione ha accelerato il cambiamento: le cinque persone che fanno parte di questo panel, provenienti da settori di attività assai diversi fra loro, sono accomunati dal fatto di non parlare di cambiamenti, ma di metterli in pratica".

Dalla carta al Web-NG

La prima testimonianza è stata quella di Anssi Vanjoki, executive vice president e general manager multimedia di Nokia, azienda che nella sua storia ha saputo reinventarsi radicalmente più volte, da produttrice di carta a fabbricante di stivali a operatore di tlc: "Cinque anni fa abbiamo presentato il primo cellulare dotato di vero e proprio sistema operativo. Pochi se ne sono resi conto, ma era, e quelli che abbiamo in tasca oggi ancor di più, a tutti gli effetti un computer multimediale. Una generazione di apparecchi che ha cambiato tutto".

Vanjoki, naturalmente, non cita espressamente l'iPhone di Apple, ma il senso è il medesimo: Nokia, del resto, sta seguendo le orme dell'azienda americana costruendo un nuovo marketplace per l'entertainment alternativo all'iTunes della stessa Apple. E proprio sui contenuti e sull'entertainment è proseguito il discorso del manager: "Le implicazioni di questa evoluzione non riguardano tanto noi, la nostra è una generazione di 'immigrati digitali', ma avranno riflessi fondamentali per chi con gli strumenti digitali è nato. Chi, quando si parla di Web 2.0, lo considera già passato remoto. Per i 'digital natives' il futuro di Internet è quello della ubiquità, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni all'anno. Per queste ragioni il modello di consumo dell'entertainment lineare e transazionale diventerà in futuro circolare e immersivo: ci saranno modalità di condivisione dinamiche dei contenuti, in larga parte generati, remixati o 'mashati' dagli utenti. E inoltrati ai membri delle proprie comunità".

Secondo Vanjoki sono quattro i trend principali che riguardano il rapporto fra i giovani e la nuova generazione del 'web-ng': "Oggi i ragazzi vivono la loro vita completamente immersi nei media. Tanto che la cultura dei 'geek', gli smanettoni dell'informatica e della tecnologia, è diventata cool, trendy. Al tempo stesso, proprio perché la tecnologia consente loro relazioni globali, per loro diventa sempre più importante il contesto locale, la mappa. Non sono più legati a una location (il cinema, il salotto con la tv) per consumare contenuti mediali, ma il contesto e la location diventano rilevanti rispetto al tipo di contenuto che si consuma e si condivide. E infine il fattore Girl Tech, la tecnologia al femminile: le teenager hanno pilotato il successo di alcune delle principali innovazioni, una per tutte i sistemi di instant messaging".

Creatività e planning fai da te

Il secondo caso è quello di Spot Runner, start up statunitense che circa tre anni fa ha dato vita a un sistema completamente automatizzato per la creazione e l'acquisto di spot televisivi pianificabili sulle Tv locali americane. "La gran parte dell'inventario pubblicitario di quelle reti – spiega Joanne Bradford, executive vice president e president of national marketing services della società – rimane invenduto. C'era dunque una nicchia in cui inserirsi per offrire alle aziende l'accesso a una platea televisiva inutilizzata". Attraverso l'enorme banca immagini di Spot Runner, le aziende possono costruire immediatamente il proprio spot e acquistare gli spazi necessari alla sua messa in onda. Tutto nell'arco di poche ore. Bradford ha spiegato chiaramente che non c'è alcuna concorrenza diretta con le agenzie e i centri media maggiori: "Il nostro modello si fonda sulla tecnologia, che rende facilissimo realizzare e pianificare uno spot di alta qualità, anche se non coltiviamo alcuna pretesa di offrire lavori dello stesso standard qualitativo di una Crispin Porter + Boguski...". Torna anche in questo caso, dunque, il tema del contesto e del locale: "I nostri interlocutori sono infatti moltissimi: le piccole e medie aziende non servite dalle grandi agenzie tradizionali, le amministrazioni pubbliche, i politici, gli enti e le associazioni non profit che intendono risolvere i problemi delle loro comunità".

Fuori dai giochi, dentro il business

Carl Johnson è il ceo di Anomaly, alla lettera, una vera e propria, inclassificabile, anomalia: "Non siamo un'agenzia ne' un centro media. Non ci definiamo ne' inquadriamo in alcuna categoria. Forse per questo abbiamo successo e si parla così tanto di noi. Preferiamo che sia giudicato il nostro lavoro, se funziona o no, se è utile o no, anziché la categoria alla quale apparteniamo". Dopo oltre 20 anni in agenzie grandi e piccole – ex coo di TBWA\Worldwide e ceo di TBWA\Chiat Day, co-fondatore della Simons Palmer Clemmow Johnson –, stufo di sentir parlare di cambiamento senza che nessuno sapesse dire davvero che cosa doveva essere cambiato, Johnson ha deciso di muoversi. "Ci sono due problemi fondamentali nel sistema: uno, la struttura frammentata delle agenzie e dei clienti non può che dare origine a un pensiero altrettanto frammentario; due, la remunerazione 'a tempo' è completamente sbagliata: un'agenzia guadagnerebbe di più se per avere un'idea ci mettesse più tempo utilizzando più persone. Che assurdità!".

La strada scelta da Johnson, che è anche l'attuale presidente della American Marketing Association, organizzatrice degli Effies (i premi all'efficienza, prima che alla creatività), ha previsto tre step. "Abbiamo scelto innanzitutto di 'orbitare' attorno al business senza scegliere o privilegiare alcun tipo di canale. Per farlo abbiamo chiamato un insieme di talenti assai eterogeneo e che soprattutto disponessero di una dote piuttosto rara nel nostro mestiere: unire al talento un ego non gonfiato, con la capacità di riconoscere che le idee di qualcun altro possono essere migliori delle proprie. In secondo luogo abbiamo deciso di incentivare le idee, abbracciando qualsiasi strumento finanziario capace di riconoscerne il valore – revenue sharing, success fee... non ha importanza. Non esiste una formula unica se non in negativo: non venderemo mai il nostro tempo".

Ma la mossa più 'anomala' è la terza: "Abbiamo deciso di diventare proprietari, e non solo creatori, della nostra proprietà intellettuale. IN altr parole, sempre senza alcuna formula precostituita, abbiamo realizzato partnership, joint venture, acquisito quote di capitale in aziende e prodotti per i quali curiamo la comunicazione". Anomaly è quindi diventata comproprietari di un ristorante newyorkese, Avec Eric, e ha una partecipazione in Eos, linea di schiume da barba. "Abbiamo disegnato le valige per il personale di bordo di Virgin Airways – prosegue Johnson –, e abbiamo suggerito all'azienda di metterle in vendita anche al pubblico: oggi riceviamo una royalty per ogni borsa venduta. Il prossimo autunno lanceremo una linea di prodotti di bellezza premium price, e anche di quella deteniamo una quota di proprietà". Il lato imprenditoriale è per il ceo di Anomaly altrettanto importante di quello creativo. "Sappiamo che in molti casi si tratta di una scommessa, che possiamo sbagliare, ma è un viaggio di scoperta che sta portando molte persone a cercare di unirsi a noi".

Aggregatori di contenuti, facilitatori della comunicazione

Greg Nelson ha illustrato alcune delle possibilità offerte da MSN, di cui è general manager e chief media officer, combinando in modo diverso fra loro le sue properties principali: il sito Msn, il motore di ricerca e il Messenger. "Uno dei casi più interessanti arriva dall'Italia – ha raccontato – dove ci siamo accorti che nelle ore del prime televisivo l'uso di Messenger registrava un forte incremento. Abbiamo scoperto che i 'digital native', come li ha efficacemente definiti Anssi Vanjoki, hanno un modo completamente diverso da quello della mia generazione di intendere la visione della tv 'insieme', che per noi significava essere nella stessa stanza. Da questo insight è partito il servizio di Messenger Tv: una guida ai programmi televisivi che si apre all'interno del programma di chat, facilitando a coloro che stanno interagendo la ricerca di nuovi spunti...".

A Taiwan è in fase di sperimentazione uno strano mix fra il portale Msn e lo stesso Messenger: "Nel periodo delle qualificazioni olimpiche, gli utenti del sito hanno cominciato a fare i complimenti agli atleti, ma da lì sono passati allo scambio di complimenti reciproci, ai messaggi, alla compravendita di oggetti di ogni genere, persino all'annuncio dello scioglimento di alcune relazioni... Insomma, si è creato una specie di ibrido fra una chat, ebay, un sito di informazioni e un forum che stiamo tenendo sotto attenta osservazione". Ma anche dall'unione di Msn e della sua funzione di Search stanno nascendo nuovi modelli e nuovi formati di comunicazione a disposizione degli investitori.

"Il punto è che l'evoluzione digitale nella direzione dei social media ha modificato la catena che collega causa ed effetti, che ormai sono diventati imprevedibili. Probabilmente è un bene che sia così". Per quanto riguarda il modello di business, Nelson ha spiegato come Msn sia una media company inserita all'interno di una società che produce software: "Il che ci fa giocare una partita diversa da quella delle altre media company. In realtà noi aggreghiamo e non creiamo contenuti: siamo però creatori e costruttori di piattaforme che facilitano questo processo di aggregazione, e al tempo stesso danno origine alle infinite opportunità di comunicazione conseguenti".

Una scommessa sul comportamento dei navigatori

Dopo aver venduto MySpace alla NewsCorp di Rupert Murdoch, il suo co-fondatore Brett Brewer ha dato vita ad AdKnowledge, di cui è attualmente presidente. Di cosa si tratta esattamente? "In poche parole è uno Spot Runner per il web – ha risposto Brewer –, un sistema interamente automatizzato per monetizzare il traffico internet che non passa dai 'soliti' Google, Yahoo e Msn, che non richiede il ricorso a grafici o designer per la creazione di banner, tanto meno ai servizi di planner e buyer media. In pratica utilizziamo tutti quei siti e motori di ricerca che non hanno milioni di contatti come i più grandi ma che tutti insieme offrono comunque un inventario di spazi molto ricco e per nulla sfruttato. Chi è interessato ad acquistare tali spazi può fare un'offerta sul nostro sito per comprare click (non impression), non utilizzando keyword ma una serie di categorie e di canali che mettiamo a disposizione: fra questi, display, affiliazioni, tagline, list management, motori di ricerca di secondo livello, social advertising.

A breve cercheremo di entrare anche nei canali del video e del mobile". Quale la fonte di revenue per AdKnowledge? "Si tratta di una specie scommessa – ha commentato Brewer –: dai diversi siti noi acquistiamo impression a bassissimo prezzo ma in enormi quantità, e ci impegnamo a vendere, a un prezzo ovviamente molto più alto, solamente i clickthrough che quelle impression possono generare. Il vantaggio competitivo di questo tipo di lavoro è nel circolo virtuoso che si può innestare attraverso il behavioural targeting: più dati raccogliamo sul comportamento degli utenti, meglio possiamo targettizzarli, il che automaticamente ci fornisce ulteriori dati di comportamento".