Inchieste

Il coraggio di sperimentare

La creatività è quel valore aggiunto che permette di entrare in sintonia con lo stato d’animo delle persone, intercettando gusti e cogliendo sensibilità. Rilevanza del contenuto, conoscenza del destinatario (grazie agli smart data) e capacità di offrire esperienze immersive e multicanali (grazie alle nuove tecnologie) sono gli elementi su cui puntare. Ma senza sperimentazione non c’è vera innovazione. Giro di microfono tra i creativi del settore. Pubblichiamo il primo articolo dell’Inchiesta Creatività uscita su NC - il giornale della Nuova Comunicazione (num. 60, giugno-luglio 2016).

A far la differenza sono i dettagli, le sfumature. Se non si sceglie il linguaggio giusto e non si utilizza il tono di voce adeguato, anche il messaggio più importante finisce per perdersi nell’immenso rumore di fondo che caratterizza la comunicazione pubblicitaria quotidiana. Ed è qui che entra in gioco la creatività. Lo stereotipo comune la vuole associata alla sregolatezza, alla genialità, ma la creatività è soprattutto metodo, perché senza studio e senza organizzazione diventa impossibile intercettare i gusti e cogliere le sensibilità delle persone cui ci si intende rivolgere. Più di una semplice ‘idea’, la creatività è quel valore aggiunto che permette alla comunicazione pubblicitaria di entrare in sintonia con lo stato d’animo delle persone, cogliendo l’essenza di un certo tema o argomento. 

Nella partita per conquistare l’attenzione del pubblico, la moneta di scambio più efficace è la rilevanza del contenuto: un messaggio promozionale che riesca a farsi percepire come utile, divertente o interessante, incrementa le sue possibilità di influire positivamente sui comportamenti dei destinatari. Ed ecco che allora la creatività si arricchisce di un nuovo significato, diventando quello strumento che trasferisce alle persone un ‘racconto di marca’ che, per sperare di essere preso in considerazione dal pubblico, deve per forza ‘donare’ qualcosa al suo interlocutore.

In altre parole, se si vuole che le persone accettino la presenza dei brand nella loro vita privata, allora, dall’altra, parte le marche devono impegnarsi a fornire contenuti in grado di intercettare i gusti, gli interessi e i bisogni degli utenti, garantendo un alto tasso di intrattenimento e di utilità sociale. Assolvendo così al vero compito per il quale le marche stesse sono nate, che non è solo fare profitto, ma anche e soprattutto migliorare la vita delle persone. Le coordinate creative devono rispettare questo trend: non è più il tempo di affermazioni ‘top-down’, le marche devono porsi allo stesso livello delle persone; in altre parole, devono essere capaci di stabilire una relazione.

In occasione dell’edizione 2016 del ‘Cannes Lions International Festival of Creativity’, la rivista NC - il giornale della Nuova Comunicazione vi propone un’inchiesta che faccia il punto sui principali cambiamenti che stanno caratterizzando la creatività nella comunicazione pubblicitaria. Una creatività sempre più liquida e (dis)integrata, che trae linfa vitale dal contagio tra le diverse discipline e dal dialogo continuo tra le varie professionalità che abitano il mondo delle agenzie di comunicazione: non solo copywriter e art director, ma anche esperti di tecnologia, strategia e social media. Una creatività che, inevitabilmente, è influenzata dalla continua e sempre più ampia diffusione delle nuove tecnologie, soprattutto digitali, che stanno amplificando a dismisura sia i canali di comunicazione sia le forme e i linguaggi della comunicazione stessa.

IL RIGETTO DELL’ADV INTRUSIVO

Realizzare una comunicazione, che si dichiara esplicitamente come pubblicitaria, ma che non sembra tale, almeno nel senso classico del termine, ‘mimetizzandosi’ all’interno del flusso editoriale in cui è pubblicata, risultando rilevante, coinvolgente e scarsamente intrusiva per il fruitore. È questo il terreno in cui si sta muovendo la creatività, oggi. “Lo sviluppo delle tecnologie digitali e l’ormai conclamata dominanza del mobile spingono le persone a rigettare le forme intrusive di advertising - afferma Giulia Mori, head UM Studios (unit di UM, gruppo Ipg Mediabrands) -. Se su altri mezzi gli utenti sono storicamente più predisposti ad accettare l’interruzione pubblicitaria, nell’utilizzo del digital - e del mobile in modo più specifico -, le persone vogliono essere padrone dell’esperienza di navigazione e fruizione”.

A mettere in risalto l’impatto esercitato dalle nuove tecnologie sulle forme di comunicazione è anche Vittorio Bucci, managing director Phd Italia: “Le tecnologie digitali hanno profondamente rivoluzionato la nostra vita, così come le modalità con cui i brand si propongono e interagiscono con i consumatori. Si aprono, infatti, enormi opportunità di sviluppo di nuove relazioni con il mercato, si abilitano connessioni e si modificano comportamenti con una velocità impensabile, impattando sul panorama mediatico con effetti dirompenti. In questo percorso di adozione del ‘nuovo’, il brand si ritrova a operare in uno scenario in forte evoluzione a cui si deve adeguare e in cui la velocità decisionale è sempre più strategica per sviluppare piani di business efficaci”.

“Il proliferare delle nuove tecnologie - aggiunge Alessandro Pedrazzini, business unit director Cayenne - amplia esponenzialmente i canali di comunicazione, ma in modalità incrementale, non sostitutiva. Oggi esistono sempre meno media dominanti e sempre più modalità integrate per intercettare e dialogare con il target. In questo contesto, il ruolo della creatività tende a spostarsi verso la capacità di riconoscere il ‘sistema complessivo’ dei canali che intercettano il pubblico e di sviluppare un’idea creativa differenziante, che prenda vita muovendosi fra i diversi touch point e si alimenti percorrendoli. Creatività, quindi, come ‘pensiero sistemico’ e non come pensiero creativo applicato al mezzo”.

Il concetto che riassume al meglio la dinamica di integrazione che lega creatività, sviluppo tecnologico, analisi e scienza, secondo Matteo Bonetti, business developer synUosa - Artefice Group, è ‘dinamicità’: “La capacità di rendere dinamica la comunicazione, intesa come abilità nel saper arrivare al proprio interlocutore, con coscienza e anticipando le sue aspettative, è una caratteristica che ogni azienda deve coltivare nel proprio patrimonio genetico, soprattutto se vuole mantenere il proprio market share, costruito attraverso anni di costante lavoro”.

AMBIENTI VIRTUALI E IMMERSIVI

Mai come oggi, per coloro che hanno il coraggio di osare, provare, sbagliare, aggiustare il ‘tiro’ e ritentare si aprono le porte per realizzare delle vere innovazioni. Secondo Paolo Iabichino (argento come ‘Creativo dell’Anno’, insieme a Giuseppe Mastromatteo, agli NC Awards 2016), chief creative officers Ogilvy & Mather Italy (agenzia vincitrice del primo premio ‘Best Holistic Agency’ alla competizione ideata da ADC Group), “le aree di sviluppo più interessanti sono quelle legate alle nuove forme di interazione con gli ambienti virtuali e ‘immersivi’. L’opportunità più grande ci viene data dalle possibilità di contaminare nuovi linguaggi per trasferire alle persone un racconto di marca e/o di prodotto che consenta di dare realmente qualcosa, insieme alla comunicazione. I contenuti prodotti all’interno di queste nuove forme di comunicazione si trasformano spesso in esperienze di ‘contatto ravvicinato’ che pongono brand e persone sullo stesso piano di comunicazione”.

Sulla medesima lunghezza d’onda è anche Massimiliano Ventimiglia, founder & ceo H-Art, che precisa: “Nell’ultimo periodo ci siamo concentrati molto sullo studiare i campi di applicazione della realtà virtuale e quelli dell’intelligenza artificiale. Entrambe frontiere molto interessanti e oggetto di molti sviluppi da parte di player internazionali. In riferimento alla realtà virtuale, è facile immaginare che presto saremo in grado di utilizzare congiuratori automobilistici in scala 1:1, magari guardando gli interni di una macchina che ci interessa comodamente seduti sul nostro divano di casa. Quanto all’intelligenza artificiale, stiamo assistendo a un’ondata di software intelligenti che possono conversare in modo simile a un essere umano e che consentono di svolgere task anche di una certa complessità (dalla prenotazione di un biglietto alla ricerca di un prodotto specifico a catalogo, ndr), semplicemente chiacchierando tramite la voce o via chat”.

Anche secondo Bonetti (synUosa - Artefice Group), il campo dove lo sviluppo creativo legato alla tecnologia sta toccando i picchi più elevati di innovazione è proprio quello della ‘realtà virtuale’: “Artefice Group oggi è parte di un progetto internazionale di innovazione tecnologico/creativa, chiamato Spark (Spatial augmented reality as a key for co-creativity), il cui obiettivo è quello di sviluppare sistemi che permettano di processare output creativi in real time, su un tavolo di lavoro che, unendo elementi di analisi, strategia e creatività, permetta al cliente finale di partecipare in maniera attiva alla creazione di nuovi elementi comunicativi”.

Stiamo vivendo “un momento fantastico di sperimentazione - afferma Stefania Siani, executive creative director Dlv Bbdo e oro come ‘Creativo dell’Anno’, insieme a Federico Pepe, agli NC Awards 2016 -: operazioni come ‘#DonaIlTuoProfilo’ con Actionaid e ‘#NuveniaRispondeAlCiclo’ ci hanno, per esempio, consentito nel primo caso di massimizzare l’utilizzo delle persone come medium di messaggi sociali, e nel secondo di sperimentare un innovativo modello di ‘instant creativity one-to-one’, diventata una del best cases di Twitter Italia”.

D’altra parte, ragiona Lorenzo Marini, presidente Lorenzo Marini Group, “la frammentazione del target porta con sé la necessità di segmentare i messaggi. Tanti sono i target quanti sono i mezzi. Ma tanti dovranno essere anche i messaggi. Noi da anni creiamo dei messaggi differenti per Rai o Mediaset, anche solo con piccole varianti di editing o musicali, ma si tratta di accorgimenti per creare ganci emotivi e semantici con il target. Hollywood l’ha imparato prima di noi, prima della pubblicità, creando per i suoi film diversi trailers, che vengono pianificati in coerenza col tipo di pubblico cui si rivolgono. Ecco che lo stesso film può risultare romantico, d’azione, di fantasy o spy. Fantastico, direi”. Senza però mai dimenticare, come ricorda Oliver Palmer, executive creative director Serviceplan, “che le tecnologie servono a diminuire gli ostacoli per realizzare una buona idea e per divulgarla con migliori risultati. Meno dobbiamo pensare alle tecnologie e più vuol dire che stanno svolgendo un buon lavoro”. 

Mario Garaffa 

 

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Inchiesta Creatività:

Articolo 1: ‘Il coraggio di sperimentare

Articolo 2: ‘La battaglia dell’attenzione si vince con la rilevanza

Articolo 3: ‘Strategia e dati per indirizzare il flusso creativo

Articolo 4: ‘Festival di Cannes, il moltiplicatore della reputazione