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Voices from storytelling by The Story Group. La comunicazione finanziaria e il digitale: riflessioni per una web content strategy di successo

In che modo le aziende quotate possono coinvolgere e soddisfare le aspettative crescenti degli stakeholder attraverso i canali digitali? La risposta nella rubrica su ADVexpress a cura di The Story Group, company di cui fanno parte Lifonti&Company, Cabiria BrandUniverse, Social Content Factory.

In che modo le aziende quotate possono coinvolgere e soddisfare le aspettative crescenti degli stakeholder attraverso i canali digitali? Ecco le riflessioni contenute nella nuova puntata della rubrica su ADVexpress a cura di The Story Group, company di cui fanno parte Lifonti&Company, Cabiria BrandUniverse, Social Content Factory.

Nella società dell’informazione sembra paradossale che non sia ancora pienamente consolidata tra le più importanti aziende quotate italiane una modalità strutturata di coinvolgere i propri stakeholder attraverso i canali digitali.

Secondo l’ultima ricerca Webranking 2015, elaborata su 70 aziende italiane quotate, le imprese italiane sembrano tutt’ora per la maggior parte sprovviste di una completa declinazione digitale dell’investment story, per quel che riguarda nello specifico la strategia futura dell’azienda e i suoi obiettivi di sostenibilità.


“Le aziende italiane - si legge nel report - sono particolarmente puntuali nel mettere a disposizione informazioni e dati passati, mentre si mostrano meno capaci nel comunicare una visione futura per attirare capitali anche dall’estero”.

Alcuni siti web e social media - piattaforme costruite sull’istantaneità della diffusione di informazioni e sull’interazione paritaria tra utenti e aziende - si configurano al momento più come un repository di informazioni passate rielaborate a partire da fonti offline e prevalentemente testuali, che non come piattaforme caratterizzate da una content strategy originale in grado di generare valore agli occhi degli investitori.

Se sembra giunta al termine l’era in cui la maggior parte dei siti web corporate non era ancora dotata di una versione mobile responsive, i contenuti non sembrano nella maggior parte dei casi pensati per una fruizione da mobile. Si evidenzia infatti la mancanza di una ‘videostrategy’ riconoscibile, di testi strutturati e di foto e immagini pianificate per la visualizzazione verticale da smartphone.

Entrando in dettaglio, i progetti più avanzati di branded journalism se da un lato incontrano l’approvazione della community di professionisti della comunicazione e dell’informazione, mancano tutt’ora di una strategia di distribuzione mirata: SEO e investimenti in social media ads nonchè di quella componente d’interazione che è alla base del funzionamento del web, 2.0 o 3.0 che sia.
Se la componente d’interazione è minoritaria nei siti web e webmagazine corporate, la presenza sui social media è sì sempre più diffusa, ma viene interpretata in ottica prevalentemente difensiva e top-down.

Twitter, ad esempio, è tutt’ora visto come strumento ulteriore di diffusione di comunicati stampa e quale canale di risposta istantanea a crisi di rilevanza nazionale, mentre sembra minoritaria la sperimentazione di strumenti - anche a pagamento, come gli sponsored trend - per raccontare in maniera efficace la propria strategia di sostenibilità sfruttando l’occasione di eventi o ricorrenze particolari.

In conclusione, la comunicazione finanziaria sui canali digitali si sta avvicinando rapidamente al momento in cui la relativa originalità delle piattaforme avrà esaurito il suo aspetto di novità: essere presenti su Twitter e Facebook, o avere un webmagazine, nell’ultima parte degli anni Dieci del 2000 non sarà più un elemento di innovazione di per sé, tale da nascondere scarsità di contenuti e di interazioni.

A far la differenza, sul medio-lungo periodo, sarà la capacità di aggiungere alla diffusione di dati sulle iniziative e le performance aziendali passate lo sviluppo di contenuti in linea con la strategia futura di espansione dell’azienda e con la sua vision più seducente agli occhi degli investitori.

Il coinvolgimento di influencer attivi nei settori tecnologicamente e culturalmente più avanzati, l’elaborazione di contenuti e storie originali per il web e nei format propri del web, la capacità di una diffusione mirata dei contenuti, la trasparenza e l’accessibilità delle informazioni e la disponibilità delle figure cardine del management aziendale a “metterci la faccia” saranno i pilastri su cui basare la propria web content strategy.

Tutto questo, fermo restando una rigorosa misurazione delle conversazioni e una capacità di rispondere in maniera coordinata e tempestiva alle sollecitazioni provenienti dall’esterno: sul web, come nella vita reale, bisogna essere sempre almeno in due per confermare la validità di un messaggio.