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Social media: aziende in ascolto

Al convegno promosso oggi da Blogosfere hanno preso parte Giuseppe Verrini (Adobe Systems), Paolo Barberis (Dada), Massimiliano Magrini (Google Italia), Pietro Scott Jovane (Microsoft Online Services Group), Luca Bordin (Nielsen Online), Michel Voitoux (Sixapart), Giancarlo Vergori, (Virgilio), Massimo Martini (Yahoo! Italia).

Se i social media sono una realtà nella vita di numerosi utenti, molto resta da fare per capire come le aziende possano trarre vantaggio dalle nuove modalità con cui i consumatori socializzano e scambiano informazioni fra loro. È quanto è emerso dal convegno "I Social Media in Italia, nuovi modelli di business per le aziende", promosso oggi, 18 ottobre 2007, presso lo Smau, da Blogosfere, network italiano di blog professionali. Prestigioso il panel dei relatori, che ha visto riuniti Giuseppe Verrini, Managing Director Adobe Systems Southern EMEA, Paolo Barberis, Chairman & Founder Dada, Massimiliano Magrini, Country Manager Google Italia, Pietro Scott Jovane, Country Manager Microsoft Online Services Group, Luca Bordin, Managing Director Nielsen Online, Michel Voitoux, EMEA Professional Products Sales Manager Sixapart, Giancarlo Vergori, Responsabile del Portale Virgilio, Massimo Martini, General Manager Yahoo! Italia.

"Nel mondo delle aziende vi è qualcuno che parla di social media?". Questa la provocazione di Giancarlo Vergori, che ha aggiunto: "Si dà per scontato che si tratti di una realtà ormai accettata e condivisa, ma dal confronto con i clienti ci si trova davanti a un deserto. Eppure i trend indicano una crescita, e bisognerebbe far capire alle aziende che in Internet si può andare al di là del display advertising". Anche per il francese Michel Voitoux "in Italia la blogosfera dei privati è a uno stadio avanzato, il problema risiede nelle aziende, forse per una attitudine dei paesi latini a pensare che l'informazione sia potere e che come tale non vada condivisa". Voitoux ha poi citato alcuni esempi di aziende che nel mondo hanno utilizzato i blog con successo, come General Motors negli Usa, che tramite i blog di ingegneri e dipendenti ha consentito ai consumatori di seguire le fasi di sviluppo dei modelli di auto e di interagire ed esprimere opinioni, il National Health Service in Inghilterra, che ha indagato il grado di soddisfazione dei pazienti, e Leclerc in Francia, che ha aperto un blog per gestire direttamente un caso di crisi.

Anche quando non vengono utilizzati direttamente dalle aziende per la loro comunicazione, i blog non vanno comunque da queste trascurati per la loro capacità di contribuire a formare l'opinione di quanti leggono e partecipano. "Le ricerche – ha sottolineato infatti Pietro Scott Jovane - mostrano che un commento comparso in un blog relativamente a un prodotto o a un servizio ha un'efficacia quattro volte superiore a un messaggio pubblicitario incentrato sullo stesso prodotto o servizio". Gli ha fatto eco Luca Bordin: "Dalle indagini emerge che il word of mouth è un fattore di primaria importanza per determinare l'acquisto di un bene: il 90% circa degli intervistati dice di credervi molto o abbastanza, mentre si ferma al 50% la percentuale di quanti credono negli spot pubblicitari". Anche per Bordin, però, "Sembra che presso le aziende non vi sia molta consapevolezza di tutto il fermento che pervade la rete, e che è ben fotografato dai numeri". Negli ultimi 12 mesi gli utenti web sono cresciuti ancora del 10%, raggiungendo i 22 milioni. I siti in chiave web 2.0 hanno una penetrazione di circa il 61%, e totalizzano 13,5 milioni di utenti: solo da gennaio a giugno sono cresciuti di 2 milioni di unità. In media gli utenti web 2.0 spendono online il 40% del tempo in più rispetto agli altri.

Potenzialmente, qualunque utente, creando e distribuendo contenuti, può fare un lavoro da editore, e questo può aprire nuovi scenari: "Dato che il controllo del'informazione è un punto cruciale per la nostra società – ha commentato Massimiliano Magrini - si dovranno capire quali saranno le conseguenze di questi cambiamenti". Riferendosi alle aziende, poi, Magrini ha detto:"Nessuna ha ancora capito come sfruttare questi fenomeni a proprio vantaggio per trarre profitto. Siamo in una fase in cui i trend sono ancora difficili da decifrare. L'Italia sconta un ritardo culturale, se si lancia una nuova piattaforma web, il tasso di adesione nel nostro paese è più basso che nel resto d'Europa". Di "scetticismo" ha parlato Paolo Barberis : non a caso, "nel panorama Internet il web 2.0 non ha portato all'affermarsi di nuovi soggetti, i leader restano gli stessi e assorbono le realtà più interessanti. Per le aziende, poi, non è ancora chiaro quale possa essere il modello di business". Non resta allora che seguire attentamente il fenomeno:  "Se finora utenti e consumatori hanno vissuto il rapporto con i media ponendosi in ascolto –è l'opinione di Massimo Martini -, oggi parlano. E spetta alle aziende imparare ad ascoltare. Anche Yahoo si è profondamente rinnovato perché sono stati gli utenti a chiederlo".

Claudia Albertoni