Congresso - convegno
Bea Italia Festival 2024. Creating networks: contaminazione ed emozioni memorabili come leve degli eventi
Quando un evento diventa memorabile? Quando la contaminazione diventa input creativo? E, soprattutto, cosa contaminerà le professioni di settore nel futuro prossimo? Ai microfoni del Festival Italiano degli Eventi e della Live Comunication, si parla di emozioni generate dagli eventi con Antonino Caridi, Global experiential Manager Campari Group e Presidente di Giuria 2024, Marco Maccarini, Conduttore BEA Awards Ceremony, Patrick Tuttofuoco, artista di arte contemporanea e Alberto Zanet, Direttore Creativo NOLOOP, moderati da Giorgia Tosato, Chief Creative Officer This Is Ideal.
Un evento diventa memorabile quando riesce a suscitare emozioni uniche e intense. Queste sensazioni prendono vita grazie al lavoro svolto dai vari professionisti del settore che, unendo le differenti competenze, creano manifestazioni e reazioni straordinarie e irripetibili. Perché la contaminazione e lo scambio reciproco sono così fondamentali nel mondo degli eventi? In che modo il networking rende ogni manifestazione unica?
La moderatrice Giorgia Tosato apre le danze con una suggestione. “Vi invito a partire da una condizione che, nella mindfulness, è definita ‘mente del principiante’. Immaginate una tela bianca, pronta ad accogliere una situazione come se la vedessimo e la vivessimo per la prima volta. Cosa succede se in questa tela entrano idee diverse? Avviene la contaminazione e nasce qualcosa di nuovo, inaspettato. Pensate a quando Andy Warhol incontra Basquiat. Diversissimi, ma insieme diventano esplosivi. E’ come se da due teste che si incontrano nascesse una ‘terza mente’, con stimoli creativi nuovi e che danno origine a emozioni”.
E proprio il fatto di creare emozioni autentiche è il mandato di ciascuno dei relatori. Il giro di microfoni inizia con Caridi (Campari): “Lavoriamo per costruire emozioni e ricordi positivi che restino nel tempo. In questo processo, ha un ruolo fondamentale il rapporto che costruiamo con l’agenzia – NOLOOP per noi – con cui, per fare bene, bisogna entrare quasi in simbiosi di pensiero. E, anche se ci si scontra, l’obiettivo è unico: costruire. In questi anni abbiamo creato partendo da tante contaminazioni, siamo fortunati: nella sua lunga storia di quasi 160 anni, Campari ha sempre vissuto di contaminazioni. Pensate, ad esempio, alle prime stampe con Depero, o al primo spot di Campari che fu girato da un certo Federico Fellini. Per noi la contaminazione è un plus valoriale che arricchisce e completa in nostri progetti. E’ parte del nostro heritage, anche perché Campari ha prodotti molto versatili che ci consentono di creare progetti molto rotondi. Per citarne alcuni, le sponsorship del cinema con Cannes e Venezia, ma anche dell’arte con Art Basel dove abbiamo creato il concept The Art of Mixology”.
Si definisce come un “tramite” di emozioni Marco Maccarini, da tanti anni conduttore del BEA Awards e storico vj di Mtv, conduttore televisivo e radiofonico. “Ho la fortuna di aver iniziato questo lavoro quando ero molto giovane, per cui per me avviene tutto in modo molto naturale. Sento la consapevolezza di essere un mezzo, un tramite tra il pubblico e ciò che avviene sul palco, un catalizzatore di emozioni. A 20 anni parlavo davanti a 100 mila persone: se dicevo di alzare le mani, tutti alzavano le mani. Una cosa potentissima. A MTV era tutto da costruire, eravamo un gruppo di persone con una grande passione in comune che, 24 ore su 24, pensavano a come creare emozioni generando qualcosa di nuovo, di mai visto. Volevamo sfondare le pareti. Oggi lavoro negli eventi da oltre 25 anni e cosa mi aiuta a tenere ‘alta’ la vibrazione? Prendo ispirazione dall’esterno, da quello che accade. L’incidente di percorso, l’imprevisto… per me sono il massimo perché diventano subito motivo di trasformazione. A ogni spunto, ci aggancio una potenziale “cazzata” da dire. E il lavoro interiore è lasciare che la porticina si apra solo al momento giusto. Nonostante ami l’improvvisazione, anche per me, che sono manager di me stesso, il confronto e il lavoro con l’agenzia sono fondamentali. E’ li che si genera quel processo creativo integrato che rende un evento memorabile”.
A proposito di empatia. Per Alberto Zanet di NOLOOP L’empatia rappresenta il punto zero. “A volte non nasce subito. Servono la volontà di ascoltarsi e di arrivare alla fase creativa. Come diceva David Lynch, se vuoi prendere un pesce piccolo, puoi restare nell’acqua bassa. Se invece vuoi prendere un pesce grosso, devi spingerti nel mare profondo, quello freddo, dove ci sono i pesci che non conosce nessuno. E’ lì che catturi le idee. Ma prima deve crearsi una sorta di vibrazione tra le parti. E nascono modi nuovi di raccontare le storie. Credo sia importante, soprattutto oggi, ricordarci chi siamo. Al di là dell’evoluzione tecnologica che diventa sempre più ‘contaminante’: basti pensare all’ambito del tech design in cui gli ospiti diventano coautori delle installazioni con le loro componenti umane come il battito cardiaco o il respiro. Ecco, io vedo la contaminazione come creatività in grado di mixare vari elementi, ma senza mai dimenticarci da dove veniamo”.
Come si inserisce l’arte in questo discorso di contaminazione? Come lavorare per contesti ‘branded’ e ‘unbranded’ senza perdere la propria autenticità? “Quando si parla di vera arte non si può non essere autentici, quindi non faccio differenza tra lavori branded e unbranded. Ad esempio, ho realizzato un bellissimo progetto con lo studio di architettura Pininfarina dove abbiamo creato un ambiente immersivo in cui loro potessero trasmettere le tematiche a loro care e io le mie. E questo ha generato un volano di crescita per entrambi”, spiega l’artista Patrick Tuttofuoco. “Spesso il mio settore ha un linguaggio chiuso ed elitario, mentre a me piace portare l’arte fuori dai confini tradizionali e renderla comprensibile a tutti, creando contenuti che sappiano trovare un linguaggio per comunicare. Credo sia una responsabilità dell’artista, quando si rivolge a un pubblico ampio, il fatto di rendere la propria arte comprensibile. Parto sempre dal presupposto di riflettere sul modo in cui le persone possono entrare in contatto con la mia arte, senza, per questo, semplificare il messaggio”.
Quindi, la contaminazione aiuta a catalizzare le emozioni in modo nuovo, creativo, trasformativo. Ma cosa contaminerà il futuro delle professioni degli eventi? “A mio parere, la tecnologia sarà sempre più impattante e dovremo saperla usare in modo corretto perché ci possa affiancare senza essere onnipresente. Avremo poi competenze sempre più trasversali, saremo più aperti a nuove contaminazioni. Con chi mi piacerebbe collaborare? Con un ricercatore chimico che studi nuove idee per i nostri prodotti”, spiega Caridi. Anche Zanet, dal lato agenzia, si aspetta che la tecnologia influenzerà enormemente il lavoro negli eventi. “Sono curioso sulla tecnologia, ma non ne sono ghiotto. Vediamo che succederà, ma credo che la componente umana resterà determinante. Con chi collaborerei per contaminazione? Siccome amo molto il concetto di ripetizione, collaborerei con un artista che sappia stressare questa idea e non mollarla finché non ti restituisce qualcosa indietro”.
E l’arte ha il compito di restituire emozione e autenticità, sempre. “Aprirsi alla tecnologia sarà inevitabile - spiega Patrick Tuttofuoco – e credo che quello che serve adesso è essere in grado di aumentare la nostra consapevolezza, saperci espandere per poi tornare indietro. Io vorrei riuscire, con la mia arte, a ricatalizzare le coscienze per riportale al momento presente per riconciliarle con l’esistere. Con chi collaborerei? Con un ricercatore di fisica quantistica che sa addentrarsi nell’elemento più minuscolo del pianeta, mantenendo spirito e coscienz al di fuori di qualsiasi territorio di credenza”.
A conclusione, la professione a oggi più ‘umana’ di tutte. “Come conduttore, immagino e spero che la mia professione mantenga anche in futuro una dimensione umana. Quella del maestro di cerimonia è una vera e propria liturgia che non credo sarà sostituita dal virtuale. E va bene così”.
Serena Roberti