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13° Forum WPP | Ambrosetti. De Molli: “L’Italia è in ritardo, ma le opportunità di sviluppo non mancano, perché la sostenibilità sociale non è solo una questione etica, ma un’opportunità strategica per il rilancio del Paese”

Illustrando i risultati del 13° Report ciclo di lavoro dell’Advisory Board WPP | Ambrosetti, Valerio De Molli (nella foto), Managing Partner & CEO The European House – Ambrosetti e TEHA Group, ha fornito un quadro preciso delle criticità socioeconomiche del nostro Paese e insieme delle opportunità strategiche legate a politiche di sostenibilità sociale e a una comunicazione capace di generare il necessario cambiamento culturale.

Dall’analisi condotta dal Board WPP | The European House – Ambrosetti emerge che l’Italia presenta gravi criticità socioeconomiche: è 32ª per disuguaglianza dei redditi e unico paese OCSE con salari reali in calo dal 1991. L'8,3% delle famiglie vive in povertà assoluta, aumentate di 750.000 nuclei nell’ultimo decennio. I giovani affrontano difficoltà crescenti e le donne registrano il tasso di occupazione più basso in Europa (51,1%) e un gap salariale del 43%. Servono politiche inclusive e investimenti per un cambiamento culturale e un futuro migliore per le nuove generazioni.

Il quadro globale della sostenibilità
La sostenibilità sociale e ambientale resta una sfida cruciale a livello globale. Secondo gli ultimi dati sui 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite, sottoscritti da 193 paesi e articolati in 140 KPI, solo il 17% di questi parametri è in linea con gli obiettivi prefissati per il 2030. Al contrario, il 18% ha registrato un peggioramento – una percentuale che sale al 19% per l’Italia – mentre il 65% mostra miglioramenti marginali, ancora distanti dai target.
L’Europa si distingue per il suo impegno geopolitico nella sostenibilità sociale, investendo più di un trilione di euro, principalmente attraverso il programma Next Generation EU. Tuttavia, il cambiamento è guidato anche dalle pressioni degli investitori: istituzioni che gestiscono 18,4 trilioni di dollari di asset richiedono oggi che le politiche di sostenibilità siano al centro delle strategie aziendali, insieme a una solida analisi settoriale e alla qualità del management.

L’Italia: un ritratto in chiaroscuro
L’Italia, pur essendo il paese con il maggior patrimonio culturale UNESCO al mondo, si trova in difficoltà in molteplici ambiti legati alla sostenibilità sociale. Un’analisi condotta su oltre 100.000 dati rivela significativi divari e carenze, suddivise in tre macroaree: capitale umano, qualità della vita e dei servizi, e inclusione e coesione.

Capitale umano: l’allarme sull’istruzione

Il 10,5% degli studenti italiani abbandona gli studi prima di completare la scuola superiore, rendendo l’Italia il quinto peggior paese in Europa in questo indicatore. Ancor più grave, il 12,9% degli studenti è analfabeta funzionale, incapace di comprendere testi o applicare quanto appreso. Inoltre, solo il 29,2% dei giovani consegue una laurea, con un numero esiguo (110.000) di laureati in discipline STEM (acronimo che sta per Science, Technology, Engineering e Mathematics), fondamentali per la crescita tecnologica e scientifica.

La ‘fuga dei cervelli’ rappresenta un costo enorme per il Paese: 260.000 laureati hanno lasciato l’Italia negli ultimi 10 anni, generando una perdita stimata in 4,2 miliardi di euro annui, pari a 42 miliardi nell’ultimo decennio.

Qualità della vita: un’Italia divisa
Le diseguaglianze territoriali emergono con forza: al Sud, il 40% delle famiglie ha difficoltà ad accedere ai trasporti pubblici e il 60% al pronto soccorso. Inoltre, l’aspettativa di vita in buona salute varia drammaticamente: si passa da 53,1 anni in Calabria a 69,3 anni a Bolzano, un divario di 16,2 anni, il più alto al mondo.
Nonostante il primato culturale italiano – con 3.951 musei e due tra i dieci più visitati al mondo la spesa pubblica per i servizi culturali rimane insufficiente, con un impatto negativo sulla sostenibilità culturale. Anche la criminalità giovanile registra un preoccupante aumento, raggiungendo livelli record.

Inclusione e coesione: la disparità economica
L’Italia è uno dei paesi europei con la maggiore diseguaglianza economica: i 12 milioni di cittadini più ricchi possiedono un reddito 5,6 volte superiore ai 12 milioni più poveri. La partecipazione femminile al lavoro, invece, rappresenta un’enorme opportunità di crescita: colmare questo divario potrebbe generare un incremento del PIL pari al 10%, equivalente a
203 miliardi di euro.

Sul fronte della povertà assoluta, 5,7 milioni di italiani vivono al di sotto della soglia minima, con i giovani sotto i 17 anni particolarmente colpiti. Parallelamente, il tasso di natalità ha toccato il minimo storico dal 1981, segnalando una grave crisi demografica.


Le imprese come motore di cambiamento
In questo scenario, le imprese giocano un ruolo fondamentale. Mentre il 25% delle grandi aziende investe in progetti filantropici, solo il 5% delle piccole imprese fa lo stesso. Tuttavia, le aziende che investono in sostenibilità sociale mostrano una probabilità di fallimento 4,6 volte inferiore rispetto a quelle che trascurano questo aspetto.
Inoltre, le iniziative a impatto sociale contribuiscono a rafforzare il senso di appartenenza dei dipendenti e attraggono investimenti stranieri: un aumento degli investimenti sociali potrebbe generare 26 miliardi di euro in più all’anno.

La sostenibilità sociale non è solo una questione etica – ha concluso De Molli –, ma un’opportunità strategica per il rilancio economico e sociale del Paese. Citando Henry Ford, secondo il quale ‘Venire insieme è un inizio, restare insieme è progresso, lavorare insieme è successo’, l’Italia ha le risorse e il potenziale per migliorare, ma è necessario l’impegno congiunto di istituzioni, imprese e cittadini”.