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Storia e tv. Sfida con la rete a colpi di cronaca, intrattenimento e approfondimento
Nell'era di Internet e dei social network, dove ognuno di noi può trasformarsi in un cronista e documentare con immagini e video un evento nell'attimo esatto in cui sta avvenendo, che ruolo ha la tv nel racconto della storia?
Si è parlato anche di questo in occasione del convegno 'La storia pubblica – Memoria, fonti audiovisive e digitali', tenutosi oggi, 27 marzo, alle Gallerie d'Italia di Milano, durante il quale è andata in scena la tavola rotonda 'La politica editoriale dei network' che ha visto protagonisti Andrea Salerno, Direttore La7 e La7d, Simone D’Amelio Bonelli, Content and Creative Director A+E Networks Italia, Gian Paolo Tagliavia, Chief Digital Officer e Chief Executive Officer Rai Pubblicità, Laura Carafoli, chief content officer Discovery Southern Europe, Giuseppe De Bellis, Direttore SkyTg24 e Marco Paolini, Direttore Generale Palinsesto e Distribuzione Mediaset.
A moderare Aldo Grasso, Direttore Scientifico Ce.R.T.A. – Centro di Ricerca sulla Televisione e l’Audiovisivo.
"Il primo competitor di web e social media sono i canali televisivi all news - ha affermato De Bellis, Direttore di SkyTg24 - . La rete non solo corre più velocemente, ma, essendo uno spazio potenzialmente senza confini, non obbliga alla selezione. E' indicativo il fatto che per dare il resoconto dei fatti la tv oggi spesso si appropri dei contenuti postati sui social dagli utenti, che si trasformano in attenti citizen journalist. In questo contesto, per un canale televisivo è doveroso chiedersi se valga la pena accettare il ruolo di medium di secondo livello o se convenga invece puntare sull'approfondimento. Uno stimolo in ogni caso positivo, poichè spinge le reti televisive a una trattazione meno superficiale".
"Per accorgersi di quanto i social si siano imposti nel racconto degli eventi basti pensare alla strage del Bataclàn del 2015: le prime immagini sono state postate proprio sui social media e poi riprese dai canali televisivi - ha aggiunto Salerno, Direttore La7 e La7d - . Credo che il cambiamento principale avvenuto in questi ultimi anni sia stato però la perdita del concetto di sequenza. Un concetto che invece è importante difendere, perché il susseguirsi temporale dei fatti e le loro connessioni sono fondamentali per comprenderli correttamente. Questo è senza dubbio un aspetto di cui tenere conto quando si tratta la storia in tv".
Parlando di storia, non si può non citare Rai, che vanta un archivio ricchissimo di materiale audiovisivo nel quale sono racchiusi tutti i fatti storici più salienti. "Se fino a qualche anno fa il materiale delle Teche Rai veniva messo a disposizione solo degli addetti ai lavori, con la nascita di RaiPlay abbiamo cercato di offrire anche al grande pubblico la possibilità di accedere a molti contenuti storici (compresi quelli del canale Rai Storia, ndr.), nel rispetto dell'obbligo del contratto di servizio pubblico di valorizzare il patrimonio audiovisivo nazionale", ha spiegato Tagliavia, Chief Digital Officer e Chief Executive Officer Rai Pubblicità.
I network che non possono contare su così tanto materiale d'archivio puntano sull'intrattenimento. E' il caso ad esempio di A+E Networks Italia, di cui fa parte History Channel. "La nostra offerta ha il suo fulcro nelle forme di ibridazione del racconto storico - ha dichiarato D’Amelio Bonelli, Content and Creative Director A+E Networks Italia - . Le fonti storiche vengono filtrate e mixate in modo da ottenere una storia di intrattenimento. Questo format funziona bene e ci consente di trasformare gli archivi storici in qualcosa di innovativo. Inoltre proponiamo i 'drama storici', basati su fatti veri e caratterizzati da una trattazione particolare. Credo che queste siano modalità efficaci per risvegliare l'attenzione del pubblico al racconto storico".
Anche Discovery punta sull'originalità, come ha sottolineato Laura Carafoli, chief content officer Discovery Southern Europe. "Nel 2015, quando ci siamo affacciati alla tv generalista con il canale NOVE, abbiamo iniziato anche noi a parlare di storia - ha affermato la manager - . Con 'Il NOVE racconta' abbiamo creato un contenitore che ci consentisse di raccontare storie differenziandoci per un approccio registico e autorale originale. Una scelta che viene apprezzata, come nel caso del racconto che abbiamo realizzato per I Grandi Papi, che ha riscosso successo anche in altri Paesi. Il palinsesto viene poi ulteriormente arricchito dai documentari internazionali che acquistiamo".
Secondo Marco Paolini, Direttore Generale Palinsesto e Distribuzione Mediaset, date le differenze tra i diversi network, oggi non si può più parlare di 'televisione' ma bisogna piuttosto parlare di 'televisioni', ognuna con il proprio obiettivo, con il proprio pubblico e con un ruolo diverso per quanto attiene alla creazione di memoria.
"Se da un lato la tv generalista ha nella cronaca la propria linfa e recupera la storia attraverso la fiction; i canali specializzati, come ad esempio Focus, consentono di proporre prodotti diversi, tagliati su misura della propria audience", ha spiegato Paolini.
D'altra parte, l'approfondimento storico è utile a capire il presente, in un momento in cui, come ha sottolineato Salerno, "la differenza tra storia e storie è sempre più sottile".
Ma nell'era della disintermediazione, il ruolo del giornalista ha ancora senso? Per De Bellis assolutamente sì. "E' proprio la mediazione a permettere alla tv di differenziarsi dalla rete nel racconto dei fatti - ha dichiarato il Direttore di SkyTg24 - . Il taglio dato alla notizia, all'avvenimento, al fatto, che in un certo senso avvicina la figura del cronista a quello dello storico, è la cifra distintiva che il giornalismo contiuerà ad avere".
Serena Piazzi