Scenari

Intersections 2025. Kantar: l'IA da semplice strumento a collega nei processi decisionali. La sfida? Integrarla con le capacità umane, porre la strategia del brand alla guida della piattaforma tecnologica ed evitare il rischio di consumatori stereotipati

Sono alcune delle principali evidenze dell'indagine 'AI the future of marketing' presentata all'evento di IAB, ADCI, UPA e UNA da Federico Capeci (nella foto), Ceo Italy e Spain Kantar, che ha coinvolto 119 esperti di marketing, creatività, tecnologia ed etica, con l’obiettivo di delineare non solo i ”casi d’uso” dell’AI, ma anche le premesse culturali e le condizioni di validità che ne rendano efficace, desiderabile e sostenibile l’adozione.

A Intersections 2025 Kantar ha presentato AI the future of marketing, l’indagine multidisciplinare condotta dalla company a settembre 2025 all’interno del progetto Intersections Lab2030, basata su quattro sessioni Kantar Live – piattaforma AI empowered di ricerca qualitativa - con 119 esperti di marketing, creatività, tecnologia ed etica, con l’obiettivo di delineare non solo i ”casi d’uso” dell’AI, ma anche le premesse culturali e le condizioni di validità che ne rendano efficace, desiderabile e sostenibile l’adozione.

Federico Capeci (nella foto), Ceo Italy e Spain della company, sul palco del Mico a Milano ha sottolineato in apertura del suo speech che i marketer hanno grande consapevolezza del momento cruciale che stanno vivendo, dandosi un voto di 9 su 10, ma scarsa   capacità di 're-direzione' e di affrontare il cambiamento necessario che si profila all’orizzonte, con un voto medio inferiore al +5”.

"Sappiamo  dove stiamo andando e i benefici che il mondo tech promette, ma gli step e gli stop non sono ancora chiari e la nostra emotività gioca un ruolo troppo grande tra entusiasti ed impauriti".  La ricerca di Kantar ha l'obiettivo di fare chiarezza fornendo  prospettive sui cambiamenti in atto nel marketing a seguito della trasformazione digitale spinta dall’AI.

Le cinque aree di valore aggiunto promesso dalla trasformazione digitale nel marketing sono:
Reattività agile: azionabilità real-time, risposta al mercato e alle sue dinamiche.
Efficienza operativa: personalizzazione su larga scala e capacità di iper-segmentare gli utenti.
Efficacia data-driven: granularità delle comprensioni del consumatore e solidità delle valutazioni.
Abilità predittiva: capacità di anticipare scenari e tendenze di mercato, ed agire di conseguenza.
Influenza sulla domanda: capacità di prendere decisioni in modo proattivo, orientato a gestire e indurre cambiamento.

In questo quadro che delinea i benefici attesi dalla trasformazione digitale, molte aziende ed agenzie risultano oggi ancora all’inizio del proprio percorso di trasformazione, fa notare l'indagine di Kantar,  posizionandosi nel momento più critico della loro curva di apprendimento: spesso si registra un sentimento ambivalente tra entusiasmo, incertezza e paura, anche presso gli esperti.

In questo contesto, la qualità dell’esperienza d’uso e l’integrazione fluida tra intelligenza artificiale e umana diventano fattori critici di successo riconosciuti da tutti i partecipanti, elementi abilitanti per generare un migliore marketing per le persone. L’AI, infatti, può essere vissuta come opportunità per eseguire una volta per tutte il vero marketing, che sappia ascoltare il consumatore ed agire di conseguenza, in modo reattivo, veloce ed iterativo. Ma servono dei presupposti strategici per arrivare a questo obiettivo. 

Il primo è l’AI non considerare l'intelligenza artificiale come strumento, ma come una entità propria, un collega paritetico o subordinato da inserire nel processo decisionale e operativo.

Questo implica una ridefinizione dei ruoli: nel prossimo futuro occorrerà non più pensare l'AI come mero esecutore (agent = servant) , ma partner strategico capace di eseguire
e amplificare le intenzioni umane.
Questo passaggio richiederà una governance esplicita e una cultura organizzativa che sappia valorizzare l’interazione tra competenze tecniche, creative ed etiche. Uomo e macchina dovranno quindi evolvere,
e in maniera specifica rispetto al business e al brand. Questa evoluzione sarà il risultato delle scelte concrete che ciascuna azienda o agenzia riterrà di mettere in atto, prendendo decisioni in merito a quali attività far eseguire a uomo o macchina e in che modo. Saranno proprio le scelte di questo tipo ad avere un impatto tangibile sull’efficacia delle go to market di marketing: l’unicità delle manifestazioni del brand dipenderà dal saper modulare le competenze e gli attori, umani o sintetici, dal saperli formare dirigere, scegliere e far interagire.

 

La qualità dei dati la nuova frontiera della competitività

L’AI permetterà di aumentare la scalabilità delle azioni e la copertura sul target, ma potrà avere successo vero solo se potrà garantire accuratezza e veridicità degli output. I dati su cui l’AI restituisce risposte o prende decisioni non possono che esser corretti, non parziali e raccolti on purpose. La capacità di armonizzare e integrare dati provenienti da fonti diverse diventa
la dotazione chiave per le aziende che desiderino intraprendere la trasformazione, poiché dal patrimonio informativo di base dipende l’efficacia dell’AI. La cointelligenza tra uomo e AI determinerà il successo di un brand nell’interpretare e azionare
i desideri del consumatore.

 

La personalizzazione sarà progettata per preservare la diversità e la creatività

La capacità di, finalmente, essere massimamente attinenti ai bisogni del consumatore nel momento in cui questi
si manifestano, fino a raggiungere la segmentazione individuale su grande scala, è la promessa dell’AI che tutti stanno
attendendo. Sistemi che comprendono, in real time e su ogni contesto, ciò che il consumatore vuole o vorrà, è il futuro oggi
atteso dagli intervistati. Ma attenzione a evitare il rischio che i messaggi tra diversi brand si assomiglino, creando nel  target un senso di “già visto". La personalizzazione va progettata con vincoli di diversità, nei dati e nei modelli, e con spazi  di esplorazione e va inserita  in un progetto di brand e all’interno di un framework culturale che difenda la differenza
come risorsa.

Le nuove competenze saranno ibride: tecnologia, sensemaking,  challenger, con presidi umani nei momenti chiave

Le sessioni hanno delineato un profilo professionale in evoluzione, dove competenze tecnico-computazionali convivono con capacità interpretative di sense making, immaginazione strategica, abilità nel porre le domande giuste e senso di responsabilità
deliberativa. Questa combinazione di competenze conduce alla figura del CMO come “marketing engineer”, che non si limita a far funzionare i modelli, ma ne governa le metriche di idoneità culturale e reputazionale.
La competenza ibrida tra marketing e ingegneria è per molti opinion leader anche ciò che consentirà al marketing di dialogare con discipline diverse e con funzioni spesso considerate “non creative” (IT, legale, compliance), così che la promessa di marca possa esser coerente lungo tutto il sistema e in modo che il marketing stesso possa e sappia lavorare con informazioni e logiche oggi spesso lontane dalla funzione. Il vero vantaggio risiederà nella capacità di usare i modelli in modo critico e strategico:
lo sviluppo professionale dei marketers non può tralasciare componenti tecniche e
tecnologiche, ma nello stesso tempo non può dimenticare i fundamentals. Il knowhow necessario sarà quello che permetterà ai professionisti della creatività e del marketing di conoscere le aree di eccellenza dei modelli come quelle di manchevolezza, in modo che la persona possa interagire con l’AI sapendo sempre “cosa chiedere”, “come interpretare” gli output e dove inserirsi per proporre alternative.

In questo contesto di ricerca di nuove competenze e asset strategici, la trasformazione digitale muterà anche il rapporto tra cliente e agenzie, ovvero la produzione e lo scambio di valore tra le parti. La richiesta ai partner
cambierà: si cercheranno sempre meno “braccia” che eseguono, e sempre più alleati capaci di trasferire competenze, di coprogettare svolte strategiche e di alimentare sperimentazioni che allargano l’immaginario delle marche ottenibile dall’AI. Si affermeranno due tipologie di profili: da un lato l’enabler, che renderà concreto e scalabile l’uso dell’AI in azienda studiando e fornendo processi, strumenti e supporti per la trasformazione interna del marketing dei brand; dall’altro il partner strategico, che affiancherà il brand nelle scelte di posizionamento, nella costruzione dei linguaggi e dei sistemi di significato, che aiuterà a leggere il contesto, comprendere ciò che manca, a stimolare l’ingresso in ambiti nuovi, definendo priorità e condividendo modi per governare l’ecosistema nel mediolungo periodo.

Dall'analisi di Kantar sono emersi 5 futuri distopici che attengono al cambiamento che l’AI genererà sul consumatore e anche sul
marketer. Il punto di arrivo della trasformazione è visto come positivo dalla grande maggioranza degli opinion leader, ma emergono alcune ipotesi di “interruzioni di percorso” o di vere e proprie derive negative che potrebbero nascere dai cambiamenti sociali, e anche dei marketer, nel prossimo futuro AI driven.

1. Il consumatore diventerà autonomo, totalmente esperto e non si affiderà più ai brand

2. L’intelligenza artificiale creerà bolle di realtà iper-personalizzate. Le società e i consumi saranno in mano agli algoritmi dell’AI e il brand vivrà esso stesso in tali bolle, senza poter rompere la corazza tecnologica manipolatoria, con impatto negativo in termini di crescita del proprio business, acquisizione di nuovi clienti e innovazione.

3. Nasceranno nicchie “technology-free”: gruppi di consumatori sceglieranno di restare isolati e non tracciati, rendendo il nuovo marketing inefficace, in quanto divenuto incapace di agire in logica analogica e offline.

4. L’intelligenza artificiale non permetterà più di imparare davvero. Si smetterà di formare professionisti, si smetterà di investire sui giovani e in pochi anni si perderanno le competenze di marketing strategico e le conoscenze delle tecniche di discipline come creatività, ricerche di mercato, media planning, UX, shopper marketing e brand management, poiché tutto sarà automatizzato e l’unico knowhow di marketing sarà posseduto dall’AI.

5. La pressione del real-time farà perdere integrità al brand e marketing

In conclusione, la ricerca ha potuto indagare i presupposti strategici affinché i benefici attesi dalla rivoluzione tecnologica digitale si possano ottenere.

Occorre che i brand abbiano una propria TECHNOLOGY STRATEGY, passando da una visione passiva che considera l’AI come uno strumento, ad una visione evoluta in cui il brand management si attiva in ambiente AI; DATA STRATEGY , ove la qualità e la tipologia del dato si integri con la quantità; CONSUMER STRATEGY, ovvero decidere quale personalizzazione risulti massimamente efficace per i propri obiettivi e la propria visione di brand; PEOPLE STRATEGY, nella definizione degli skill, dei talenti e delle loro relazioni all’interno dell’ecosistema di partnership; BRAND STRATEGY, affinché a guidare il processo sia sempre la visione in merito all’essenza e al ruolo che il brand intende intraprendere per il consumatore, nell’oggi e nel futuro che immagina per esso.