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Il 67% degli europei è soddisfatto della propria vita in generale. Gli italiani si sentono i più infelici del Vecchio Continente
“Europa allo Specchio” mostra i risultati di uno studio effettuato dai partner di GlobalNR, network di istituti di ricerca presente in 21 paesi nel mondo, di cui Interactive Market Research è il partner Italiano.
Lo studio è stato condotto su un campione di 1.000 individui rappresentativi della popolazione nazionale in ciascuno dei paesi coinvolti, attraverso la metodologia CAWI. Interactive Market Research si è occupata della raccolta dei dati in Italia, ed Astarea si è occupata della lettura e dell’interpretazione dei dati raccolti dagli altri partner di GlobalNR nei principali paesi Europei: Italia, UK, Francia, Germania, Spagna e Svezia (in foto Federica Cesaro, Ricercatrice a Interactive Market Researc e Laura Cantoni, Partner Astarea).
La ricerca è stata presentata il 30 Maggio, a Milano. All’incontro hanno partecipato come discussant: Francesco Vena, CEO Gruppo Lucano; Luca Prina, Direttore Marketing e Comunicazione CheBanca!, Rosa Maria Cassata, Direttore Creativo Nuncas.
Vediamo le principali evidenze emerse dalla ricerca.
Gli europei sono soddisfatti della a propria vita in generale?
La media ci dice: il 67% lo sono. Ma come si sa, le medie dicono poco. E infatti i Paesi ci segnalano profonde differenze. I più soddisfatti sono gli Svedesi (80%), seguiti, a una notevole distanza, dagli Spagnoli. I meno soddisfatti: gli Italiani. Si dichiarano molto/abbastanza soddisfatti il 58% di loro.
Tendenzialmente (cioè rispetto a 5 anni fa) la propria condizione di vita nel complesso sembra stabile al 45%, migliore al 26% (e anche in questo caso gli Svedesi paiono passarsela meglio degli altri), peggiore al 29% (Spagnoli e Italiani più pessimisti degli altri).
Andiamo nel dettaglio. Quando si parla di felicità, i champion sono gli Spagnoli e gli Svedesi (ma un po’ di meno degli Spagnoli). Gli Italiani si collocano all’ultimo posto. Quando si parla della propria salute, si ritengono soddisfatti (molto o abbastanza) mediamente il 62%, senza particolari differenze: solo i Tedeschi, si sentono sensibilmente meno sani degli altri.
Il problema è il dato tendenziale: infatti se si pensa a 5 anni fa, ben la metà degli Italiani dichiarano un peggioramento del loro stato di salute, rispetto al 35-40% dei Tedeschi, degli Spagnoli, degli Inglesi, e solo il 26% degli Svedesi.
Commenta Francesco Vena, CEO Gruppo Lucano: “Possiamo interpretare la felicità degli Svedesi anche in questo modo: nei Paesi Scandinavi c’è un forte desiderio di equilibrio (in svedese “lagom”, una parola che fa corrispondere la felicità ad un certo senso di pacatezza), e per loro situazioni che ad altri non darebbero grandi soddisfazioni sono invece per loro piacevoli e positive da condividere. Accanto a tutto questo, orari di lavoro più “umani” rispetto agli altri paesi europei consentono loro di realizzarsi in tanti ambiti. Ma il vero motivo della loro felicità è lo star bene di salute anche grazie a politiche come quella sull’alcool che consentono loro di godere della vita e, nello specifico, di divertirsi bevendo responsabilmente”.
Il futuro
La maggioranza degli europei non si sentono affatto sicuri per il futuro delle nuove generazioni: il 72%, mediamente, temono per il loro benessere. I più preoccupati? In schieramento, i paesi mediterranei (Spagna, Francia, Italia) rispetto a quelli nordici (Svezia, Germania, UK). Infatti solo il 19%, in generale, prevedono per le giovani generazioni una vita migliore rispetto a quella vissuta dalla propria. In questo caso gli Inglesi appaiono nettamente meno negativi degli altri, i quali si appiattiscono tutti su un forte pessimismo.
Come valutano la condizione complessiva del loro Paese?
Valutazione positiva: 30% degli Europei, circa un terzo, quindi.
Ma con differenze abissali, e nettamente segmentanti. Valutazione ai minimi tra Italiani e Spagnoli: neanche 1/6 della popolazione vede rosa. Solo lievemente più positivi, i Francesi. Da loro si distinguono gli Inglesi che comunque si assestano sulla media, mentre sulla positività scattano i Tedeschi (44%) e in particolare gli Svedesi, più della metà con valutazioni positive.
Da che cosa dipende questa percezione? Quali aspetti del Paese lo valorizzano e quali lo svalorizzano agli occhi dei cittadini, considerando il livello dell’istruzione, l’economia, l’ambiente? Prendiamo gli Svedesi, i più contenti del loro Paese. Tutti e tre i fattori nel loro caso superano la media, soprattutto economia e ambiente. Un Paese, quindi, in cui le cose sembrano procedere sinergicamente per il meglio.
I Tedeschi, secondi per soddisfazione: qui la situazione è diversa, perché il fattore veramente premiante è l’economia, valorizzata il doppio della media europea (56%). Livello dell’istruzione e ambiente, invece, sono valorizzati molto meno: intorno alla media europea del 24%.
UK, la terza in classifica: molto valorizzato il livello di istruzione, nettamente meno economia e ambiente.
Ed ecco gli Europei meno soddisfatti. Tutti sotto media in tutti i fattori: Italiani, Francesi e Spagnoli. I Francesi valorizzano lievemente più degli Italiani e degli Spagnoli l’istruzione e l’ambiente, ma ci vuole poco, perché questi due ultimi si collocano su valutazioni veramente minimali. Infatti non si arriva (in piena coerenza con il vissuto complessivo) ad una valorizzazione, per tutti e tre gli aspetti, che supera 1/6 della popolazione. Visione disillusa e iper-pessimistica, quindi.
La percezione di tendenza è perfettamente allineata a queste valutazioni sull’attualità: gli Italiani (soprattutto), ma anche gli Spagnoli prevedono a un anno un peggioramento su tutti i fronti; secondo gli Inglesi e i Francesi peggiorerà l’economia, e molto meno il livello di istruzione e l’ambiente, mentre per Tedeschi e Svedesi il gap tra ora e tra 12 mesi è complessivamente inferiore che per gli altri: anzi, secondo gli Svedesi, con un leggero miglioramento riguardo la condizione dell’ambiente.
Come vedono gli Europei la situazione sociale dei loro Paesi?
Diffusa l’opinione che le differenze economiche costituiscano un problema rilevante: 73% di media. Ma anche qui con differenze: gli Italiani (79%: al primo posto), analogamente a Spagnoli e Tedeschi (77%) appaiono più sensibili al problema, mentre i Francesi e soprattutto gli Svedesi, molto meno.
Coerentemente, mediamente il 12% degli Europei riconoscono nel proprio paese un livello di povertà accettabile, con gli Svedesi al solito un più positivi degli altri e gli Spagnoli più critici, insieme comunque ai Francesi, ai Tedeschi e agli Italiani.
Ancora più buia la visione tendenziale sul futuro, di qui a un anno: in tutti i Paesi il gap tra peggioramento e miglioramento del livello di povertà gioca potentemente a favore del primo, con Italia, Germania e Francia in testa nella classifica del peggioramento.
Medesimo livello di disagio rispetto alla situazione dei migranti: circa il 13% della popolazione la ritiene attualmente accettabile. Questo atteggiamento accomuna tutti i Paesi, con una valutazione solo leggermente migliore in Germania. Cartina di tornasole: anche in questo caso il saldo tra percezione di peggioramento e miglioramento per il futuro è nettamente orientato al peggioramento, con in testa – evidentemente - l’Italia (saldo negativo: -47%).
Di qui, il passaggio alle misure precauzionali: il 73% si dichiarano favorevoli a restrizioni sulla immigrazione illegale nei loro Paesi, soprattutto Germania e Italia.
Le tecnologie
Il Paese più tecnologico dal punto di vista culturale è la Germania: infatti i tedeschi meno degli altri temono l’intrusione negativa delle nuove tecnologie nella vita di tutti i giorni. I meno tecnologici: gli Spagnoli. Noi Italiani ci collochiamo sui valori medi in buona compagnia di UK, Svezia, e Francia.
Qualche dato sul possesso delle nuove tecnologie, o comunque di quanto gli intervistati dichiarano di possedere: TV via cavo o satellitare, soprattutto i Tedeschi e gli Svedesi; sottoscrizione di abbonamenti streaming tipo Netflix, Amazon Prime, etc.. soprattutto UK, seguita da Svezia e Germania.
Passando dalla tecnologia digitale all’automazione, le percezioni cambiano. Infatti i Paesi meno tecnologizzati sono anche quelli più probabilisti rispetto alla sostituzione dei robot all’uomo in funzioni sia private che pubbliche, familiari o professionali.
Infatti gli Spagnoli, gli Italiani, e in parte i Francesi, più di Tedeschi e Svedesi prevedono che da oggi a 10 anni i robot puliranno la casa, serviranno al ristorante, guideranno l’automobile (anche se in questo contesto il servizio al ristorante robotizzato sembra meno probabile rispetto alla pulizia della casa – già in parte presente grazie ad esempio alla robotizzazione nell’aspirazione e rispetto all’ automazione automobilistica, di cui già si legge ampiamente e si vedono prototipi).
Analoga tendenza per quanto riguarda la sostituzione dell’essere umano con un robot nel caso di un receptionist d’azienda, di un collega di lavoro, addirittura del proprio capo ufficio. Da notare, comunque, che in tutti i Paesi la gerarchia della probabilità segue la medesima logica, procedendo da una maggiore probabilità per le funzioni meno qualificate (come la receptionist) a una minore probabilità per quelle più qualificate (il capo ufficio).
Questo, per quanto riguarda le previsioni. Ma quali sono i desiderata rispetto alla robotizzazione?
Le opinioni sul tema si appiattiscono notevolmente, ferma restando la medesima gerarchia di accettabilità nei diversi Paesi: ci si sentirebbe più a proprio agio con un robot pulitore della casa (dal 45% al 65% del gradimento a seconda dei Paesi), rispetto a un robot che serve al ristorante (dal 19 al 46% a seconda dei Paesi), piuttosto che a un robot che guida l’automobile (dal 21 al 31% a seconda dei Paesi).
Medesime tendenze rispetto al comfort thinking all’idea della robotica in ufficio: in generale più accettabile un robot alla reception, meno un robot come collega e meno ancora come capo. Il robot alla reception appare più accettabile in Italia, Francia e UK, un po’ meno in Spagna e meno ancora in Germania e Svezia; un robot come collega appare sempre più auspicabile in Italia, un po’ meno in UK e ancora meno negli altri Paesi, per arrivare al minimo della Svezia; anche avere un robot come capo piace soprattutto agli Italiani, e molto meno a tutti gli altri, per arrivare al minimo auspicabile in Germania, Svezia, e Spagna.
Crescita economica e sostenibilità
Concludiamo con una alternativa apparentemente mal posta, perché oramai sappiamo che la Sostenibilità (di cui l’attenzione all’ambiente è importante anche se non l’unico fattore) è pienamente coerente, anzi generatrice di valore per l’impresa e per la crescita economica. L’abbiamo detto nei nostri workshop molti anni fa ed ora la maggior parte delle istituzioni e organizzazioni che si occupano di questi temi convergono sull’idea di questa sinergia che è di cruciale importanza per lo sviluppo sociale economico, per la salvaguardia delle risorse e per il loro migliore utilizzo.
Abbiamo voluto quindi porre questa domanda solo in modo provocatorio, per sondare il sentiment delle popolazioni in merito al valore dell’ambiente nel modo più facile e discriminante possibile.
La risposta è chiara: si privilegia l’ambiente, in tutti i Paesi, e lo si privilegia di più, non è un caso, proprio nei due paesi, Germania e Svezia, dove le pratiche di Sostenibilità sono più avanzate, da tempo.
E invece l’Italia, che pure sta facendo molti progressi in questo senso soprattutto per quanto riguarda le pratiche delle imprese innovative, resta un po’ al palo, con un’ opinione pubblica più nettamente “spaccata” sull’alternativa.
A questo proposito Rosa Maria Cassata, Direttore Creativo di Nuncas, ci ha detto riguardo la loro filosofia aziendale: “Noi siamo un’azienda semplice e trasparente: siamo arrivati a produrre prodotti per la pulizia della casa a piccoli passi, a piccoli passi, a partire dal 1920 quando il nonno importava solette e e ha inventato in seguito il balsamo per le scarpe bianche. I nostri sono prodotti di eccellenza, che guardano più all’applauso che al guadagno, specialissimi, sviluppati con il passa parole, e siamo attentissimi alla salute dei clienti. Grande successo l’ultima nata: una linea completamente vegetale ed ecologica, in effetti molto diversa da quanto viene venduto nel nostro settore”.
Focus sull’italia: i 5 social cluster
“Le Millennials radicali”
Sono soprattutto giovani donne, single e senza figli, con lavori impiegatizi.
Non sono molto soddisfatte della loro vita in generale, ma comunque più di 5 anni fa, ed invece lo sono molto rispetto alla salute probabilmente anche grazie alla loro intensa attività fisica e all’ alimentazione controllata, tendenzialmente veg.
Native digitali e iper-connesse, non appaiono però particolarmente favorevole all’automazione/robotizzazione, vissuta probabilmente come uno snaturamento del capitale umano.
Sono socialmente molto sensibili: problematizzano decisamente le diseguaglianze economiche e quelle tra le etnie, guardano con estremo favore ai diritti civili, si dichiarano pacifiste e convinte del ruolo fondamentale che deve assumere la cooperazione mondiale, ONU in testa, per risolvere i problemi geo-politici.
Ipercritiche rispetto alla condizione dell’Italia, riguardo la situazione sia economica sia sociale sia ambientale, appaiono anche pessimiste sulle tendenze per il prossimo futuro. Naturalmente, la protezione dell’ambiente è un’indiscutibile priorità.
“Gli Indifferenti fiduciosi”
Sono persone dai sonni tranquilli, fondamentalmente distaccati e poco sensibili ai problemi del mondo.
Donne e uomini di mezza età, anche pensionati, con un reddito alto-medio alto, vedono la loro vita trascorrere senza particolari insoddisfazioni, proiettando la loro condizione di relativo benessere anche sulle generazioni future.
Il loro ottimismo, o assenza di pessimismo, si declina oltre che nella vita privata anche a livello pubblico: con una percezione tendente al positivo della situazione italiana per cui prevedono anche un miglioramento su tutti i fronti.
Non sono ostili alle nuove tecnologie anche se frequentano poco quelle nuove e digitali, fruendo all’opposto soprattutto dei canali tradizionali, dal telefono fisso alla TV via cavo.
“I Periferici incerti”
Sono un po’ ai margini della società: sia uomini sia donne senza figli, con un basso livello di istruzione, non lavorano e quindi hanno un basso reddito.
Ovviamente sono molto insoddisfatti della loro vita, che vedono nettamente peggiorata negli ultimi tempi, e con poca capacità reattiva (ad esempio non fanno nulla per la loro salute, non usano le nuove tecnologie, o a livello molto basico).
La loro visione del mondo è molto negativa: una società gravata da forti differenze sociali, un futuro critico per i giovani, la pressione migratoria per cui si chiedono controlli più severi.
Ciononostante, non vedono una netta tendenza al peggioramento della situazione economica sociale e ambientale italiana: si dimostrano infatti meno pessimisti di altri, forse ipotizzando l’improcrastinabilità di un miglioramento, data la forte criticità del momento attuale.
“Gli Smart e felici”
Sono felicemente sposati, con ampie famiglie, e ben consolidati: buon lavoro, reddito, istruzione.
Giovani adulti dai 35-44 anni, stanno trascorrendo un’era della vita molto positiva, con i loro successi (anche se giocoforza devono tenere un po’ a bada lo stress e tenersi in forma con la dieta), e le loro rassicuranti certezze sui ruoli tradizionali, con qualche timida apertura alle nuove forme di relazioni.
Quasi nativi digitali (o comunque lo sono diventati in fretta), amano la tecnologia in tutte le sue forme, robotizzazione compresa, e la loro fiducia nel progresso si traduce in un atteggiamento positivo su tutto: sullo stato di salute attuale dell’Italia, dall’istruzione alla economia all’ambiente, ma anche sul suo futuro e in particolare su quello delle giovani generazioni che ritengono avvantaggiate rispetto a quelle precedenti.
Molto “uomini economici”, sono anche tra i più attenti a come si muove il mondo su questo fronte, ad esempio alla economia cinese con le sue possibili ripercussioni su quelle occidentali. E ovviamente, per loro è proprio l’economia prioritaria su tutto, in primo luogo rispetto all’ambiente
“Il popolo del NO”
Non sono infelici, ma vedono tutti completamente nero, in primo luogo la loro vita che ritengono nettamente peggiorata negli ultimi anni.
Il loro sguardo è decisamente al passato, con un forte attaccamento ai ruoli tradizionali tra donne e uomini e il rifiuto totale della diversità (matrimoni gay in primo luogo), sono anche tra quelli che invocano più severi controlli sull’immigrazione. E ovviamente, molto poco tecnologici e alquanto a disagio all’idea della automazione e robotizzazione delle funzioni.
Il loro pessimismo è a 360°: sulle condizioni attuali dell’Italia – dal sistema educativo all’economia, all’ambiente, per non parlare del sistema sanitario nazionale che vedono molto peggiorato negli ultimi anni, anche a fronte di una forte focalizzazione, a tratti un po’ fobica, sulla salute.
Donne e uomini, sposati, hanno un livello di istruzione medio e redditi medio-bassi.