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Adam Smith (Group M): l'advertising nell'era della deflazione

Fare previsioni quando, come oggi, si naviga a vista è un vero e proprio azzardo: Adam Smith, direttore di GroupM Futures, sposta lo sguardo più in là e propone un'analisi più ampia sullo scenario dei media e degli investimenti, osservando la caduta dei prezzi della pubblicità destinati a non risalire anche al termine della crisi.
Le previsioni di GroupM si riferiscono abitualmente a periodi abbastanza brevi, 18 mesi al massimo. Quest'anno, però, la visibilità è molto più scarsa, tanto che Adam Smith, direttore del reparto Futures di GroupM e responsabile di tutte le ricerche previsionali del Gruppo WPP, ammette che i numeri annunciati lo scorso giugno erano in realtà frutto di azzardo, più che di solide basi scientifiche. “Il fondo della crisi dovrebbe essere stato toccato - dice infatti - ma ci vorrà ancora almeno un anno per risalire: il 2010 sarà sostanzialmente un anno analogo al 2009, con una chiusura negative di circa l'1,5%. Gli unici paesi che continueranno a crescere sono quelli emergenti, Cina in testa, ma anche loro a un ritmo rallentato: +9% rispetto alla doppia cifra cui erano abituati. A livello globale, una vera ripresa non arriverà prima del 2011, con un anno di ritardo sull'economia reale”.

INVESTIMENTI MONDIALI IN ADVERTISING (2008/2010)
(Investimenti sui media, milioni di dollari a prezzi correnti)
  2008 % 2009 % 2010 %
Nord America 167.492 -2,0 160.441 -4,2 150.578 -6,1
America Latina 18.769 11,3 20.064 6,9 22.203 10,7
Europa Occidentale 106.739 -1,4 94.548 -11,1 91.433 -3,5
Europa 'emergente' 17.904 11,2 14.977 -16,3 15.377 2,7
Asia-Pacifico (tutta) 116.866 6,3 113.579 -2,8 117.174 3,2
Asia del Nord 46.359 18,6 47.025 1,4 50.933 8,3
Asia (altri paesi) 8.827 9,9 9.210 4,3 10.196 10,7
Medio Oriente e Africa 13.033 20,7 12.833 -1,5 13.802 7,5
TOTALE 440.803 1,8 416.443 -5,5 410.566 -1,4
Fonte: GroupM “This Year Next Year”, giugno 2009
 
"The Age of Deflation"
Al di là delle percentuali e delle stime, però, Smith analizza lo scenario da un punto di vista macro: “Ciò che prevediamo - prosegue infatti -, è un calo della share dell'advertising tradizionale rispetto al PIL mondiale, per diverse ragioni. Internet ha ovviamente la sua parte di responsabilità, ma altrettanto importanti sono due fenomeni concomitanti: l'enorme crescita delle audience e gli effetti delle nuove tecnologie (per esempio il mobile) su come queste audience utilizzano il proprio tempo, aumentando a dismisura il fenomeno del multitasking”.
Per gli investitori, prosegue Smith, l'aspetto positivo in tutto ciò è che i consumatori non sono disposti a pagare indiscriminatamente il consumo di nuovi media e contenuti, e la pubblicità ha quindi la possibilità di inserirsi in questo spazio. “Il rifiuto nei confronti dell'advertising, pronosticato per esempio all'arrivo dei personal video recorder, è un fenomeno ancora marginale”.

Secondo Smith, per la comunicazione si sta aprendo 'l'era della deflazione': “Il prezzo della pubblicità è diminuito e continuerà a diminuire. Potrei sbagliarmi, ma sono convinto che anche al termine della recessione non si tornerà più ai livelli del passato. Guardiamo quel che è successo durante le recessioni precedenti: molti media sono morti e quelli rimasti si sono consolidati; solo le testate e i canali con la reach più estesa sono riusciti a difendere i propri prezzi, mentre i più piccoli hanno dovuto arrendersi; le marche hanno continuato a ragionare in termini di 'share of voice' e non avevano valide alternative”.
“Questa volta - aggiunge Smith - le cose mi sembrano diverse: in Gran Bretagna, ma a quanto mi risulta neanche in Italia, ci sono stati media di rilievo che hanno chiuso o stanno per chiudere... Più semplicemente, si sono drasticamente abbattuti i loro margini di profitto, margini il cui valore è stato 'trasferito' ai clienti”.

La prima conseguenza della discesa dei prezzi sarà uno spostamento dal brand advertising al response advertising, il che implicherà un sempre maggior sviluppo di tutta l'area dei servizi di marketing rispetto a quella dei media tradizionali, oltre che . “Mi aspetto che in futuro a prendere le redini del digital sia il direct marketing, proprio perché la logica del response e del 'customer data' è già nella sua natura”.
Non a caso, come ha più volte ribadito ilsuo chairman, Martin Sorrell, il Gruppo WPP ha fissato per i prossimi anni obiettivi precisi da questo punto di vista: una sempre maggiore attenzione ai mercati emergenti, “Che molto presto - dice Smith - potrebbero rappresentare un terzo o addirittura il 40% del totale degli investimenti”; sempre più digitale, che presto conterà per il 30% del fatturato WPP; e sempre più servizi di marketing, “che si sovrappongono parzialmente al digital - conclude il ricercatore - ma che arriveranno a valere quasi i due terzi delle nostre revenue”.
A farne le spese, scontato dirlo, sarà proprio l'advertising tradizionale.

Rampolla: Italia allineata ai paesi avanzati

A margine dell'intervento di Adam Smith, il chief interaction officer di GroupM per l'Italia, Federico Rampolla, ha puntualizzato le stime di chiusura per il prossimo anno del nostro paese: “Per quanto riguarda le aspettative di fine 2009, in questo momento il mercato registra un moderato ottimismo per l'andamento degli investimenti nell' ultimo trimestre. Il 2010 potrebbe finire fra lo 0 e il 2% negativo, con la stampa sempre in forte sofferenza (anche se in misura attenuata rispetto a quest'anno), radio e televisione piatte (ma continuerà la crescita delle emittenti satellitari e digitali), out of home in discesa e il solo web in crescita, con un tasso più basso che in passato ma comunque a doppia cifra, fra il 10 e il 15%”.