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Chiuso il Festival of Media di Valencia

Si è chiusa ieri la seconda edizione del Festival of Media andata in scena a Valencia dove, fra l'altro, si è discusso dei diversi ritmi della ripresa a livello globale e del valore del servizio che i centri media non riescono più a dimostrare ai clienti. A MPG Mexico il riconoscimento di Centro Media dell'anno, a MediaCom quello per il miglior Network.
Con il galà di chiusura e l'assegnazione degli Awards, si è chiusa martedì sera a Valencia la 4° edizione del Festival of Media. Un'ediziona ridotta in termini di partecipazione numerica a causa del blocco dei voli internazionali dei giorni scorsi, ma non per questo meno ricca di spunti interessanti (nella foto a destra, il fondatore di C Squared e promotore del Festival, Charlie Crowe, con la t-shirt regalata a tutti i partecipanti personalizzata con il significativo motto "I got there!" - io c'ero...).
Fra gli interventi di ieri spiccano in particolare quelli di Huw Griffiths, global director research and analytics di UM, che ha illustrato le differenze fra come i paesi sviluppati e quelli emergenti stanno emergendo dalla crisi, e di Kester Fielding, global media procurement director di Diageo, che ha messo apertamente in discussione il valore del servizio dei centri media.

Griffiths (nella foto a sinistra), utilizzando i dati della ricerca 'Econocurious', ha messo in evidenza il diverso set di valori e atteggiamenti che sta emergendo fra i consumatori nei diversi paesi al termine di un biennio di recessione: così, se nei cosiddetti paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) il sentiment diffuso è di ottimismo, di positività e di controllo della situazione (in effetti la recessione ha solo sfiorato quelle nazioni), all'estremo opposto ci sono il pessimismo e le preoccupazioni dei cittadini americani.
Le uniche eccezioni in questo split fra paesi emergenti e paesi sviluppati sono Russia e Australia: la prima è apparentemente molto più allineata al mondo occidentale rispetto a quanto si potesse immaginare, mentre la seconda ha sfruttato l'alone del boom asiatico soffrendo meno degli altri paesi avanzati.
Altro forte contrasto è quello che vede il 41% degli statunitensi e il 40% degli inglesi manifestare il timore di “non avere soldi a sufficienza per i propri bisogni primari”, mentre ben l'80% dei russi pensa di averne a sufficienza per permettersi anche qualche lusso - e questo, secondo Griffiths, a causa del forte indebitamento che caratterizza questi ultimi. In Cina e in India, peraltro, il livello di benessere è molto alto, cosa che rende difficile il raggruppamento con altri paesi emergenti.

Per quanto riguarda le marche, secondo l'indagine Econocurious i consumatori indiani sono quelli che più degli altri acquistano prodotti per esprimere ciò che sono, mentre in Russia e in Cina gli acquisti sono guidati maggiormente dall'impatto che questi avranno sullo status delle persone.
Americani e australiani sono più orientati verso decisioni d'acquisto fondate sul valore del prodotto, mentre tedeschi e brasiliani considerano per prima cosa la praticità. I cittadini anglosassoni - inglesi, americani e australiani - sono quelli che mostrano più evidenti i segni del 'post-consumerismo', non ritenendo i propri acquisti elementi caratterizzanti della propria personalità.

La colpa dei centri media? Non spiegano il proprio valore

Secondo Kester Fielding, che si è espresso in modo estremamente schietto, la situazione in cui si trovano oggi le agenzie media è imputabile esclusivamente a loro stessi: “Non sono in grado di spiegare ai clienti il valore del proprio servizio e il contributo che possono dare al business - ha detto -. Quelle di pubblicità e di design, da questo punto di vista, sono più avanti, si vendono meglio e sanno convincere le aziende del fatto che lavorano nel loro esclusivo interesse”.

Un problema di mancanza di fiducia che le centrali riusciranno a recuperare solamente ridefinendo la propria 'value proposition'. Come? “Reinventandosi e recuperando un peso più strategico nel processo della comunicazione di marca, posto che oggi è stato preso direttamente dai media, che negli ultimi anni hanno innovato molto più delle centrali”.
Secondo il manager di Diageo, “Il costo riflette il valore: se un cliente è disposto a pagare, quel servizio ha valore. La consulenza professionale e l'esperienza non sono commodity, ma parte del servizio che i centri media offrono sì. Anche se non avrò mai alcuna remora nel cercare di ottenere un servizio al prezzo più basso possibile - ha aggiunto -, ciò non vuol dire che cercherò a tutti i costi il più economico”.

Alla domanda se ritenesse corretto che ai primi segni di recessione tutte le aziende si siano riversate sulle gare per rinegoziare gli accordi economici, Fielding ha risposto che “Nel 2001 e 2002, non ho mai sentito nessuno lamentarsi per le alte commissioni che continuavamo a pagare... Credo inoltre che lo spostamento verso metodi di remunerazione diversi dalla commissione sia stato salutare, perché nessuna agenzia era interessata ad aiutarci a risparmiare quando il loro guadagno era direttamente proporzionale al nostro investimento!”.
Tornando alle gare, poi, ha ricordato come “In ogni caso quando si decide di lavorare con qualcuno bisogna ricordarsi che lo si farà per almeno due anni, e che ragionare esclusivamente sul breve periodo, a lungo termine causa solo problemi”.

Insieme alle bacchettate è arrivato però anche un segnale di incoraggiamento: “In Diageo consideriamo la comunicazione in modo olistico, non per compartimenti. Oggi ci sono moltissime strade che si possono percorrere per comunicare, e dove ci sono molte possibilità la complessità aumenta. Per questo i centri media - che hanno un rapporto più diretto con i mezzi, i creatori e i produttori di contenuti - possono aiutarci a trovare le strade migliori, soprattutto nelle aree più nuove come il 'branded content'”.

Festival of Media Awards: i vincitori

La due giorni di lavori si è chiusa quindi con la cerimonia di premiazione dei Festival of Media Awards, giunti alla seconda edizione, che hanno visto MPG Mexico trionfare come centro media dell'anno e Mediacom come miglior network globale. Al Financial Times il riconoscimento di Media of the Year, mentre Mars si è aggiudicata quello di Advertiser of the Year grazie alle campagne per i suoi brand Pedigree, Mars e Snickers. A Jack Klues, managing partner di Vivaki, il titolo di Media Professional of the Year.
Fra le campagne premiate - di seguito l'elenco completo -, purtroppo non figurano lavori italiani.

Best Communications/Entertainment Platform
Winner: Reese’s Perfect Xbox Live, Reeses, OMD US, Hershey's; OMD/Ignition Factory; Microsoft

Best Communications Strategy
Winner: Dance, T Mobile, MediaCom UK, Saatchi & Saatchi; Freud Communications

The Consumer Benefit Award
Winner: Pedigree Dog Adoption, Pedigree, Starcom Australia, Starcom MediaVest Group, Whybin; TBWA

The Award for Media Bravery
Winner: Tele2 Everyone Loves A Bargain, Tele2, Starcom Norway

Best Event/Activation
Winner: Green Britain Day, EDF Energy, Havas Media, MPG UK, Euro RSCG; Cake/Havas Sports & Entertainment; ais; Lexis

Best Use of Content
Winner: Strauchanie: Sponsoring A Legend, Mars, Starcom Australia, Channel Ten Australia

Best Consumer Driven Campaign
Winner: Huevos, Nike, Havas Media, MPG Mexico, Media Contacts

Best Use of Digital Landscape
Winner: Intel Swarm, Intel, OMD Singapore

Best Use of Mobile
Winner: Mobile Make-Up Mate, Rimmel, OMD UK, Coty;MIG

Best Targeted Campaign
Winner: GSK Teams With Drag Queen To Fight HIV, GlaxoSmithKline, MediaCom USA, Logo

The Creative Use of Media Award
Winner: The World’s Largest Signpost, Nokia, Farfar/Isobar, Mission PR1000 heads

Media Innovation of the Year
Winner: Consumer Connect, Yahoo!, Groupe Aeroplan (Nectar)

The Effectiveness Award
Winner: Urbania, Snickers, Havas Media, MPG Mexico, Havas Entertainment; MC Media; BBDO


Tommaso Ridolfi