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Festival Of Media /7. Centri Media: i conti non tornano

Remunerazione e rapporti con i clienti, relazioni con editori e concessionarie, social media, integrazione: questi i temi affrontati ieri a Valencia da Mainardo De Nardis (OMD), Nick Brien (Mediabrands), Jack Klues (Vivaki/Publicis Media Groupe) e Dominic Proctor (Mindshare).

(Valencia. Dal nostro inviato, Tommaso Ridolfi). Come nelle precedenti edizioni, uno dei momenti più attesi del Festival del Media è quello del confronto fra i manager delle principali agenzie media. Al panel di quest'anno hanno partecipato Mainardo De Nardis (ceo OMD Global), Dominic Proctor (ceo Mindshare Worldwide), Nick Brien (president e ceo Mediabrands) e Jack Klues (managing partner Vivaki e chairman Publicis Media Groupe ).

A sollecitarli le domande di Jonah Bloom (foto a destra), direttore di Advertising Age, che ha strappato il primo e unico applauso della giornata interpretando la parte del concessionario di un mezzo contattato da un centro media, per una trattativa complicata dalla struttura stessa della centrale: si parte con la richiesta di acquistare spazi su più piattaforme ma si arriva a chiedere una campagna integrata, chi compra la tv non ha idea di chi sia responsabile del reparto digital e delle sue esigenze...

"Ciò è spesso dovuto a mancanza di comunicazione – ha replicato Nick Brien (a destra, nella foto in basso)– e sia noi che i mezzi dovremmo cercare di venirci incontro da questo punto di vista. Per riuscirci, da parte nostra, l'unica soluzione è trovare i migliori talenti, i migliori processi e le migliori tecnologie che ci supportino nella relazione con loro".

Jack Klues (a sinistra nella foto accanto) ha ammesso che nella sua organizzazione capita spesso che due differenti gruppi di lavoro si occupino dello stesso problema: "La recessione, da questo punto di vista – ha commentato – ci ha dato un'ulteriore spinta per cercare di ridurre i costi, gli sprechi e le inefficienze, concentrandoci sulle cose effettivamente importanti per i nostri clienti, per i media e per noi stessi".

Partnership, partnership e collaborazione...

Ancora una volta, tema ricorrente del Festival, è emersa la domanda – ai mezzi e alle loro concessionarie – di partnership e collaborazione: "La nascita dei centri media – ha ricordato Mainardo De Nardis – ha consentito loro un enorme risparmio di tempo e di denaro che prima era necessario per contattare direttamente tutte le aziende clienti. Il nostro desiderio è che in cambio di questo risparmio ci offrano maggior collaborazione e un approccio sempre più strategico".

"Le regole del gioco sono cambiate e cambieranno ancora – hanno aggiunto Brien e Dominic Proctor (sulla sinistra, nella foto a fianco, insieme a De Nardis) – perché il nostro e il loro lavoro non è più quello di acquistare e vendere spazi, ma relazioni: per questo dovrebbero aprirci le porte a tutte le loro piattaforme".
"Anche noi – ha ammesso quindi De Nardis - dovremmo cercare di brieffarli meglio di quanto in realtà non facciamo".

Valore, margini e remunerazione

Quali sono stati e quali saranno gli effetti della recessione in tema di nuovi modelli di remunerazione? "Abbiamo un'opportunità – ha risposto Brien alla domanda di Bloom –, ed è quella di sezionare il nostro stesso lavoro e attribuire a ciascuna parte di esso la misura del suo contributo al successo di una campagna: a quel punto la cosa più sensata sarà farci remunerare sulla base di quel successo".

Ma che cosa va misurato esattamente: il ricordo di una pagina, di un banner e di uno spot o le vendite?
"Abbiamo di fronte due strade – ha detto Klues –:adeguarci, ma il processo sarà estremamente lungo, o cambiare radicalmente le metriche. Una risposta definitiva ancora non l'abbiamo".

Il vero problema, è intervenuto De Nardis, è che "Non c'è una regola e che la situazione cambia da cliente a cliente: di sicuro la remunerazione che riceviamo rispetto al valore che generiamo è assolutamente inadeguata".

Avete pensato, ha chiesto Bloom, a mettervi insieme con le altre grandi centrali media globali per cercare di risolvere il problema e costruire questo fantomatico nuovo modello?
"La risposta sincera è no, non lo abbiamo fatto, ma dovremmo pensarci seriamente - hanno replicato Brien e De Nardis -. Anche se forse occuparsi di questo fa parte del ruolo delle associazioni del settore".

L'imbuto delle promozioni e il tunnel delle gare

Uno degli effetti della recessione è stato quello di spingere sempre più i clienti nell'imbuto delle promozioni e del trade marketing. Ma come ha spiegato Brien, "È assolutamente legittimo e forse anche salutare per loro: l'equity delle loro marche è solida dopo anni di investimenti, e possono permettersi di tirare i remi in barca per un anno concentrandosi sulla vicinanza al consumatore direttamente sul punto vendita. In realtà, per loro si tratta solo di cambiare il mix, non di tagliare i budget".

Altro problema indotto dalla recessione è quello delle gare, che come ha affermato Proctor "Sono spesso puramente finanziarie anche se 'mascherate' da brief con richieste di contorno in realtà assolutamente inutili. Vorrei dire ai clienti che sappiamo di essere in recessione e ci sta tranquillamente una gara destinata a premiare il foglio Excel con l'importo più basso possibile nella casella in basso a destra... Non chiedeteci eventi, digital, o altre cose che a noi costano tempo e soldi inutilmente!".

Il dilemma dei social media

L'ultimo argomento messo sul tavolo da Bloom è stato quello dei social network e dei media, o 'non media', ad essi collegati. Come e quanto potranno servire ai brand soprattutto in questo momento di crisi?

"Il primo passo che dovrà essere fatto – secondo De Nardis - è risolvere lo sbilanciamento fra il numero di persone che li adoperano e le revenue che riescono a generare, ovvero gli investimenti che sono capaci di attrarre. Il guaio, oggi, è che non possiamo permetterci di utilizzarli, ma non possiamo neanche permetterci di ignorarli. Anche in questo caso, infatti, c'è un problema di remunerazione, che ci costringe a reinventare la ruota per ogni cliente e che riguarda i social media ma anche tutte le altre cose che facciamo, dallo sport marketing al branded content e così via ".

"Il cambiamento innescato dai social media – ha detto Brien – è nella loro forza straordinaria di creare advocacy piuttosto che awareness. La pressione, secondo me, in questo momento è tutta sui clienti: che possono sì, come ho detto, rallentare sul branding, ma non possono permettersi di tagliare gli investimenti tout court".