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Sorrell (S4 Capital): “Il futuro è digitale e programmatico, e per crescere occorre essere più veloci, più bravi e più efficienti. Siamo l’anticristo delle ‘vecchie’ holding”
Nuova perché puramente digitale a differenza delle altre ‘major’ – IPG, Omnicom, WPP,
Publicis e Havas –, che sono e restano ancorate a un modello ormai passato di moda, in cui i profitti continuano a essere generati in massima parte dalle attività legate alla creatività e ai media tradizionali. Un mercato che si sta lentamente riducendo per dimensioni, anche se il suo peso rimane massiccio, in cui i margini si assottigliano sempre più e che, di conseguenza, non ha possibilità di tornare a crescere.
In alcune delle sue più recenti apparizioni in pubblico, nel corso della New York Advertising
Week, Sorrell ha puntualmente ribadito il suo pensiero in proposito: “Anche i marketer – ha
osservato – stanno facendo fatica ad adattarsi allo scenario attuale, perché la tecnologia ha
messo nelle mani dei consumatori un enorme potere. Uno scenario che oggi è completamente diverso da quello che vedeva lo spot da 30” al centro di una strategia. La ‘big idea’ continua a rivestire un ruolo fondamentale, ma ormai tutto il resto non può o non deve necessariamente ruotare attorno ad essa”.
L’attuale modello di business delle holding è insostenibile nell’attuale cultura ‘always-on, 24/7’, perché non possono competere con i modelli meno costosi e più efficienti nati grazie al digitale.
“Il mio personale consiglio agli operatori di borsa e agli investitori in questo settore – ha
ironizzato Sir Martin – è di vendere al più presto i titoli di chi si aggiudicherà la gara per il
media globale indetta da Disney: una gara in cui le garanzie sui prezzi che è necessario
promettere per vincere il pitch sono semplicemente fuori mercato, difficilissime se non
impossibili da mantenere e a un costo altissimo per le agenzie”.
Sorrell legge nel futuro delle holding un passaggio obbligato verso il consolidamento: “È
quanto stanno facendo tutte, chi più chi meno velocemente, con maggiore o minore successo, attraverso le fusioni interne fra diverse sigle – che però sono sempre un rischio e non si sa mai quante probabilità di successo abbiano”.
Al di là della pur comprensibile ‘insofferenza’ di Sorrell verso le holding, e in particolare verso WPP, da cui è stato allontanato nel 2018 , le motivazioni che l’Executive Chairman di S4 Capital dà delle sue parole sono sicuramente solide ancorché poco ortodosse – d’altra parte è sua consuetudine coniare spesso nuovi termini come ‘frenemies’: “S4 Capital non è una holding… anzi è il loro Anticristo!”.
Essere un player puramente digitale permette a MediaMonks e Mighty Hive (le due società
dedicate rispettivamente ai contenuti e al programmatic di S4 Capital), da un lato di non avere alcuna fobia nei confronti dei grandi colossi come Google o Facebook, e dall’altro di non avere alcuna difficoltà nel lavorare con le aziende al loro interno, anche quando hanno portato ‘in- house’ le attività di digital planning e digital buying. E ha citato l’esempio concreto di Netflix, per il cui team interno S4 crea almeno una nuova campagna ogni settimana, arrivando nel caso di ‘Narcos’ a produrre più di 1,5 milioni di creatività differenti destinate ai social, ciascuna della durata di 1,7 secondi perché come ha scoperto Facebook, quella è il tempo medio che un utente dedica a ciascun singolo post sul suo feed…
Nel corso di un dibattito dedicato specificatamente al ‘Futuro della Tv’ e a come i dati,
l’automazione e la personalizzazione dei messaggi siano la chiave per ingaggiare il
consumatore moderno, Sorrell ha ripreso e approfondito il tema: “Abbiamo potuto realizzare
quell’incredibile numero di soggetti ‘personalizzandoli’ grazie ai dati di prima parte a
disposizione di Netflix – tutti raccolti attraverso un processo di opt-in – ed è qui che sta la
‘magia’ del digital. Il 30 secondi Tv, per quanto perfetto possa essere, è ormai stato
soppiantato dall’esperienza e dalla rilevanza”.
Tommaso Ridolfi