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Media

Consulenti non convenzionali

Investire in know-how, sopratutto in tempi di crisi. È il messaggio di Gianfranco Piccolo, amministratore delegato UM Italia, convinto che oggi le centrali media debbano essere prima di tutto consulenti di strategia per i clienti. Pubblichiamo l’intervista uscita su NC di gennaio-febbraio.

Acquisizione del budget Cadey e inizio della collaborazione con Gardaland: il 2009 non poteva iniziare meglio per UM Italia, la centrale media di McCann Worldgroup. Un segno positivo, dunque, in un contesto storico in cui però si grida alla crisi. Del reale impatto che questa sta avendo sul mondo della comunicazione e di come UM Italia affronta le evoluzioni in atto, parla in questa intervista l'amministratore delegato Gianfranco Piccolo (foto a sx), alla guida della centrale dall'aprile 2007.

Partiamo dal contesto attuale. Come UM Italia sta affrontando la crisi in atto?

Viviamo oggi un momento di grande incertezza, nel quale risulta difficile fare previsioni. Ne consegue un atteggiamento dominante di attesa, che porta a prendere decisioni solo a brevissimo termine. E non fa che aumentare la sensazione di crisi generalizzata in tutti i campi, compreso quello della comunicazione.

Per quanto riguarda il comparto media, penso che l'unica ricetta sia continuare a investire in know-how. È proprio in questo periodo di crisi che i clienti hanno bisogno di consulenza e strumenti che li aiutino, se non a uscire da questa impasse, quanto meno a gestirla. UM da sempre si pone l'obiettivo di essere un consulente a tutto tondo, non solo a valle, per pianificare i budget, ma anche a monte per aiutare l'azienda a elaborare un piano di comunicazione il più efficace possibile, andando a esplorare anche il territorio del non convenzionale.

Questo approccio è ancora più evidente oggi nell'impegno che mettiamo nell'elaborare ricerche sulle tendenze di consumo in diversi ambiti. Nell'ottica di fornire uno strumento utile ai nostri clienti abbiamo cominciato con una ricerca dedicata al mondo casa e presentata nell'autunno del 2008, ma poi per il prossimo futuro stiamo progettando nuove importanti indagini. Siamo convinti che le agenzie media abbiano oggi una mission: fare in modo di non essere più viste solo come strutture in grado di gestire dei piani di business, pianificare e organizzare il traffico, ma diventare uno dei partner principali - se non il principale - dei clienti, in grado di 'dipingere' strategie.

Quali sono a suo avviso gli elementi che caratterizzano questo momento difficile? In che modo stanno impattando sul mondo dei media?

A mio avviso in questa crisi, certo reale e concreta, ha però un ruolo di primo piano un fattore psicologico, un percepito di incertezza che continua ad aumentare la sensazione di difficoltà. Il risultato è che tutti i settori, compresi quelli che non stanno soffrendo in modo particolare, hanno letteralmente 'congelato' i propri investimenti. Questo è un elemento nuovo, peculiare di questa crisi, che la differenzia dalle precedenti.

Soprattutto, vi era la certezza che le cose non andavano bene e che si doveva agire in un determinato modo. Questa volta invece regna una profonda incertezza, che contagia tutti. E inevitabilmente l'impatto sul mondo dei media è molto forte, essendo impossibile lavorare con un minimo di programmazione.

D'altro canto, è innegabile che il mondo della comunicazione fosse già un po' 'sofferente' prima di questa crisi, e che vi fossero già molti meccanismi ormai poco funzionanti su diversi fronti: valori, posizionamenti, ruoli, business plan, ecc. La crisi da questo punto di vista sarà decisiva, perché nulla sarà come prima. Saremo obbligati a rivedere approcci e linguaggi, perché non sarà più possibile trattare il consumatore nel modo in cui è stato fatto fino a oggi.

A tal proposito, concordo con l'affermazione di Giampaolo Fabris "il marketing è morto", in quanto la presunzione di fondo di conoscere i desideri del consumatore è og-gi quanto mai inattuale. Meglio parlare di 'societing', invece, come suggerisce il sociologo nel suo recente libro 'Societing. Il marketing nella società postomoderna', spostando cioè l'enfasi dal mercato alla società. Così come va ricostruito il modello di misurazione di efficacia, oggi quasi esclusivamente legato alla awareness. In un momento in cui non esiste più l'idea di massificazione, sarà invece importante per le aziende stabilire con il consumatore una relazione one to one, cercando la sua attenzione con progetti basati su una logica media neutral.

Quale è, dal suo osservatorio, l'atteggiamento dominante fra le aziende? Continuare a investire sui mezzi conosciuti o sperimentare vie alternative, magari anche perché meno dispendiose?

Una premessa sul panorama attuale dei mezzi è doverosa. La stampa e le affissioni stanno vivendo un momento nero, perché non percepiti né come mezzi tradizionali che danno sicurezza, né come canali innovativi da utilizzare. La televisione dal canto suo continua, seppure con qualche perdita, ad avere un ruolo di forte garanzia.

Mentre una via di mezzo è rappresentata dalla radio, a metà fra il puro mezzo classico ma, grazie alle operazioni speciali, capace di essere anche 'innovativo'. Il digitale è senza dubbio il media che cresce di più, anche se nel confronto con gli altri Paesi europei gli investimenti restano ancora bassi. Le operazioni sviluppate sul territorio e sul punto vendita saranno invece a mio avviso le protagoniste del panorama della comunicazione da qui ai prossimi mesi.

Mentre gli eventi, laddove vengono utilizzati in alternativa a campagne più classiche o digitali, temo che possano uscirne male. La reazione delle aziende è duplice: da un lato infatti vi sono quelle che accentuano il proprio conservatorismo, dall'altro altre che preferiscono percorrere strade alternative. Ma questo duplice comportamento è evidente spesso in uno stesso piano di comunicazione, in cui convivono, per esempio, televisione e digitale.

Questo può favorire l'affermarsi di mezzi e strumenti 'unconventional'?

Senza dubbio. C'è oggi una forte spinta verso la ricerca di modalità più sorprendenti, che abbiano sul consumatore un impatto forte in virtù delle idee che stanno alla base. Ciò è dovuto in parte alla necessità di razionalizzare meglio i budget. Allo stesso tempo, però, quello della ricerca di formule nuove è un trend presente anche nei mezzi classici. La stampa, per esempio, sempre più spesso ospita operazioni di impatto maggiore rispetto alla classica tabellare. È insomma un momento in cui insieme alla necessità di sperimentare bisogna anche produrre progetti concreti legati il più possibile alla call to action, capaci di dare risposte immediate.

Per il futuro, sono convinto che il panorama dei mezzi sarà molto diverso da quello che ha regnato fino a oggi. Non sono però un assertore tout court della 'morte' della televisione, che rimane invece a mio avviso un mezzo di coinvolgimento molto efficace. Piuttosto, morirà un vecchio tipo di televisione, e lascerà il posto a forme più innovative e tecnologicamente avanzate (mobile tv e web tv), che garantiranno un engagement ancora maggiore.

Come si è attrezzata Universal McCann per fare fronte ai cambiamenti?

UM anche a livello internazionale si pro- pone non solo come agenzia media, ma in senso più ampio come partner capace di dare una consulenza più vicina ai bisogni del cliente. Ed è proprio questa visione ad avermi convinto a prendere le redini dell'agenzia in Italia, nell'aprile del 2007. In questo biennio abbiamo lavorato intensamente in questa direzione, cercando di costruire un'agenzia capace di mettere nelle proprie file persone con expertise diverse.

La prova concreta di questo approccio è la nascita, nell'autunno del 2008, del gruppo di lavoro Unconventional Media, una struttura composta oggi da sei persone, guidata da Fabio Simonelli, che mette in pratica la filosofia 'non convenzionale' di UM. Pur essendo un'unità interna di business, Unconventional Media si pone l'obiettivo di elaborare progetti non convenzionali anche per clienti che si appoggiano ad altri centri media, nell'ottica della pura consulenza.

Inoltre, nelle nostre intenzioni questa unit si avvarrà, a seconda dei progetti, del lavoro di intelligenze esterne al gruppo e provenienti da ogni parte del mondo. In questa strategia rientra anche il recente cambio di pay-off, che oggi recita 'Curious minds for suprising results': un motto incentrato sull'azione delle persone che lavorano in Um per dare risultati non prevedibili, più attuale e concreto del precedente 'Next thing now'.

Uno sguardo all'anno che si è appena concluso. Quali i risultati di UM del 2008? Quali i fatti più importanti per il centro media?

Abbiamo chiuso il 2008 con una crescita a doppia cifra, superiore anche agli obiettivi iniziali. È stato un anno importante su vari fronti: acquisizioni di clienti, maturazione del posizionamento, con la creazione nell'autunno di Unconventional Media, e crescita della reputation sul mercato. Per quanto riguarda i new business, si sono affidati a noi Edison, Upim, Vodafone per l'unconventional, Faber, Fondazione Umberto Veronesi, American Airlines, Efinancial Careers, Inail .

Come affronterete il 2009? Quali obiettivi vi ponete nel medio e lungo termine?

Il nuovo anno si è aperto con l'acquisizione dei budget Cadey e Gardaland . Entrambi sono clienti dal profilo ideale per un'agenzia come la nostra: realtà italiane, con grandi ambizioni da leader, con le quali è possibile mettere in campo tutte le leve della comunicazione, comprese quelle non convenzionali.

L'obiettivo principale che ci poniamo per quest'anno è consolidare in maniera decisiva il posizionamento di consulenti di strategia di comunicazione. Per fare ciò, continueremo a investire in ricerche e presentazioni 'non convenzionali' a clienti attuali e potenziali, nella convinzione che sia possibile cambiare la percezione del nostro mestiere.

Ilaria Myr