Poltrone
La pubblicità come non-scienza secondo Dario Diaz
"Questo libro è come un addio senza
rimpianti verso un mestiere, che se si fa senza passione è solo un faticoso
lavoro, ma che se si fa con amore si viene da esso largamente corrisposti, e può
diventare un fantastico compagno di viaggio che ci porta in giro qua e là, a
frequentare una vita, tutto sommato, non proprio malaccio".
Descrive così la
professione di pubblicitario Dario Diaz, nome noto di questo
mestiere, nel suo recente libro 'Mi dia un'idea di 18 cm. Ovvero la
pubblicità come non-scienza' (Ex-Cogita Editore). Un compendio di
riflessioni, molto spesso ironiche, altre volte più malinconiche, di una persona
che ha scelto la strada della pubblicità quarant'anni fa e che, solo nel 2005,
ha deciso di togliersi la veste del creativo, per dedicarsi a questo mondo più
dall'esterno.
Copywriter dal 1969, Diaz diventa nel tempo direttore creativo
di importanti agenzie di pubblicità (Publicis, Bbdo, J. Walter Thompson, Diaz
& Ferlazzo e New Red + Diaz & Ferlazzo), nonché padre di numerose
campagne molto note, ('Ciribiri Kodak', Yomo, Philadelphia Kraft). Nel 2005
lascia il mondo delle agenzie, pur conservando collaborazioni esterne, e
comincia a insegnare comunicazione in università, master e istituti
specializzati.
Nel suo volume, Diaz prende in esame - con uno sguardo
di chi conosce le cose di cui parla e si permette di farci affettuosa
ironia - tutte le facce del
poliedrico mondo della pubblicità, a cominciare dalle sue figure professionali,
a ognuna delle quali dedica un capitolo: il copy ("uno scrittore di pubblicità,
un poeta al sldo dei soldi, spesso capace di lavorare gratuitamente per nobili
cause"), il planner, ("l'ermafordita per eccellenza, un po' copy e un po'
account, iperrazionale, ma con la necessità di pensare anche in termini
creativi"), l'art ( "una lacerante e stoica metanmorfosi da bruco a farfalla
relega l'art director a posti non propriamente di prima fascia a livelli
mondiali"), l'account ("appartiene a una speciale razza di pubblictari ed è di
provenienzxa rara, ma non s può non volergli bene").
Ma non mancano gli altri protagonisti del settore (le case di produzione), fino ad arrivare al cliente, quello che lui chiama "Sua Santità". Alcune parti, poi, trattano della vita in agenzia, con riferimenti espliciti ai gloriosi anni '80, e dei meccanismi di lavoro, e una è dedicata al Festival di Cannes: "un'esperienza impagabile, in un luogo che lo è altrettanto, dove l'essenziale è non perdere neanche uno dei più di cinquemila film iscritti da decine e decine di paesi di tutto il mondo, produttori di pubblicità. Un po' pesante come lavoro, ma è redditizio".
Una lettera aperta Diaz la scrive per Emanuele Pirella, autore della prefazione di questo libro, "capitano" per molti dei pubblicitari negli anni '70, "maestro capace di trasmettere ad altri qualità di comportamento e conoscenza professionale". Mentre una commovente pagina la dedica a Enzo Baldoni, di cui dice: "Non ci siamo frequentati molti, ma ci conoscevamo dal 1981. (...) La morte di Enzo mi ha molto addolorato, così scrivo di questo piccolo ricordo per testimoniare che Enzo c'era e per non lasciare alle mie spalle una persona alla quale volevo bene, anche se forse nemmeno lo sapevo".
I.M

